Camisasca: «L’esperienza dei politici provenienti da Cl è preziosa. Anche in Lombardia»

In un'intervista al Corriere della Sera, monsignor Camisasca racconta l'arrivo nella diocesi di Reggio Emilia, la presunta crisi di Cl e la solitudine dei sacerdoti

«Il compito della Chiesa è annunciare Cristo, come ha detto il cardinal Bagnasco. Credo che la Chiesa debba indicare una prospettiva ideale e di lavoro chiara e sostenere le persone che condividono le sue preoccupazioni fondamentali». Rispondendo alle domande sulla politica di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera di oggi monsignor Massimo Camisasca parla da pastore (si è da poco insediato nella diocesi di Reggio Emilia come vescovo) e anche da discepolo di don Giussani, definendo il fondatore di Cl «un genio della fede» che «ha rimesso al centro il fattore personale del cristianesimo in un momento – gli anni Cinquanta – in cui sembrava prevalere l’aspetto organizzativo e associativo».

LA CHIESA E IL SOSTEGNO A MONTI. Al giornalista che domanda se la Chiesa darà una mano a Monti, Camisasca, che ha fondato e diretto, fino alla nomina a vescovo, la Fraternità sacerdotale dei missionari San Carlo Borromeo, risponde ribadendo che la Chiesa sostiene chi condivide le sue «preoccupazioni fondamentali. Non per la difesa di un potere interno, ma per ragioni che riguardano il bene dell’uomo e della società».

NESSUNA CRISI IN CL. Da figlio spirituale di don Giussani monsignor Camisasca legge la situazione attraversata dal movimento fondato dal sacerdote brianzolo e non lo vede in crisi: «In Cl vi è una significativa realtà di persone dedite all’educazione alla fede, alle scuole, all’accoglienza, alla carità. Questo è un segno di vitalità. Non dobbiamo dimenticare che sempre il passaggio oltre la morte di un fondatore è un passaggio difficile. Occorre riscoprire tutto il carisma di un fondatore; non semplicemente ripeterlo, ma ritrovarlo». Secondo Camisasca «il movimento deve riscoprire continuamente come dire queste due grandi verità, incarnazione e comunione, in un tempo che è cambiato rispetto agli anni 50».

LA PREZIOSA ESPERIENZA LOMBARDA. E sulla presunta deriva affaristica del movimento: «Dal ‘75 in poi persone di Cl si sono molto impegnate in politica. Era anche un invito indiretto dei vescovi di fronte a una crisi democristiana che sembrava avanzare. Che qualcuno abbia sbagliato è possibile. Non butterei assolutamente via un’esperienza preziosa quale è stata fatta da molti politici provenienti da Cl in tante parti d’Italia in Parlamento e in particolare in Lombardia». «Tra dieci o vent’anni – aggiunge –, guardando all’esperienza della Regione, si potranno trarre considerazioni più positive di quanto oggi si possa vedere».
Su Berlusconi, che ha conosciuto quando era cappellano del Milan dice: «È stato un periodo bellissimo. Oggi sinceramente il ritorno in campo di Berlusconi mi ha sorpreso».

L’ACCOGLIENZA NELLA TERRA ROSSA. Il prelato non nasconde l’iniziale scoramento per aver dovuto lasciare la fraternità sacerdotale a cui ha dedicato la vita e racconta l’accoglienza calorosa in quella che a ragione Cazzullo definisce la “diocesi più rossa d’Italia”. Qui, dice Camisasca, «ho trovato persone che amano vedere in poco tempo i problemi e prendere decisioni, che non si lamentano delle difficoltà ma vogliono andare avanti. Penso che questa passione per il lavoro e questa accoglienza dell’altro siano frutti buoni delle due tradizioni, cattolica e socialista-comunista. Due grandi appartenenze. Montanelli le definiva le due chiese: mi sembra una definizione azzeccata».

L’INCONTRO CON PRODI. Camisasca ricorda le figure, letterarie, ecclesiastiche e politiche che hanno incrociato la sanguigna terra emiliana: Peppone e don Camillo e poi Dossetti, Ruini, Romano Prodi. «Ho incontrato Prodi la notte di Natale, sono stato contento di vederlo qui nella nostra Cattedrale con la moglie. La sua persona è espressione dell’anima sociale che c’è dentro il cristianesimo. Credo che essere cattolici adulti voglia dire essere cattolici convinti, non in contrapposizione all’autorità della Chiesa, ma avendo interiorizzato quello che l’autorità dice».

LA SOLITUDINE DEI SACERDOTI. Il neovescovo di Reggio Emilia affronta le domande sul celibato dei preti e lo scandalo della pedofilia come una prospettiva prima di tutto educativa. «Se celibato volesse dire tagliare i ponti con gli altri, uomini e donne, sarebbe certo una scelta negativa. Ma celibato non significa quello. Non è vita affettiva ridotta», afferma. Ancora: fare tutto quanto è necessario per affrontare il caso dei preti pedofili significa lavorare per educare, nei nostri seminari, «a una vera maturità sessuale, e per discernere nel cammino verso la vocazione persone che abbiano un’autentica maturità umana».

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