Australia contro Djokovic, la tutela della salute non c’entra più niente

Il caso del tennista serbo, ora in un hotel per rifugiati dopo il no del governo al suo visto, è diventato un caso politico in cui nessuno è esente da colpe. Quando lo sport finisce nelle mani della burocrazia, l’esito è la farsa (vero Serie A?)

Novak Djokovic, tennista serbo numero uno al mondo, non potrà partecipare agli Australian Open (foto Ansa)

Nella vicenda Novak Djokovic, sempre più grottesca man mano che passano le ore, nessuno è esente da colpe. Né il tennista serbo numero uno al mondo che, appigliandosi ai cavilli regolamentari, ha provato a giocare gli Open d’Australia nonostante l’obbligo di vaccino per i partecipanti; né l’organizzazione del torneo che gli ha fatto ottenere in extremis un’esenzione medica poi non ritenuta valida dal governo australiano, né tantomeno il governo di Scott Morrison, che sta trattando il più grande tennista del mondo come un terrorista, prima interrogandolo per oltre sei ore in aeroporto e poi rinchiudendolo nell’albergo dei rifugiati (sia detto per inciso, i soloni che, specialmente a sinistra, esultano per la fermezza dell’esecutivo australiano nei confronti di un tennista, lo sanno come l’Australia è solita trattare migranti e rifugiati?).

Le parole di Nadal e l’esenzione di Nole

Djokovic non è in Australia per fare vacanza, non andrà in giro a tossire nei bar, starà (sarebbe stato) in una bolla ipercontrollata e tamponata a fare uno sport non di gruppo (in questo senso ha ragione Giuliano Ferrara sul Foglio: lui è lui, per quello che è andato a fare a Melbourne può permettersi cose che al cittadino comune non sono permesse). Probabilmente la posizione più ragionevole è quella di Rafa Nadal, il quale ha detto a Djokovic di vaccinarsi e non rompere le scatole, vista la situazione mondiale incasinata dal Covid. Nole però non l’ha fatto, e sembra non avere nessuna intenzione di farlo, ha provato a muoversi nelle pieghe del regolamento sfruttando notorietà e il proprio peso mediatico, ma non ha considerato le conseguenze politiche della vicenda.

Come ha scritto Oliver Brown sul Telegraph, il suo post che annunciava la partenza per Melbourne e l’esenzione ottenuta dai medici australiani ha scatenato invidia e rabbia in una popolazione che ha pagato in questi due anni le scelte iperisolazionistiche e di lockdown estremi volute dal governo. Il governo da parte sua non poteva permettersi il danno d’immagine di un “privilegiato” che ottiene quello che un normale cittadino non può ottenere, e prima ha minacciato di rispedire Nole a casa se non avesse presentato valide ragioni mediche per l’esenzione ottenuta e poi è passato ai fatti.

Una volta trasformata la vicenda in una questione di principio (da parte di tutti) non si poteva più puntare a un compromesso. L’organizzazione degli Open aveva dato il suo sì per ragioni economiche e di immagine (avere Djokovic in tabellone è tutta un’altra storia), i funzionari australiani dell’immigrazione avevano approvato il visto nel momento in cui era iniziato il viaggio di Nole da Dubai, ma a quel punto il premier Scott Morrison ha cambiato idea, forse spaventato dalle reazioni dell’opinione pubblica australiana e mondiale.

La protervia di Djokovic e la rabbia della Serbia

Il presidente serbo, Aleksandar Vučić, ha protestato con Canberra e messo in moto la macchina diplomatica per “liberare” Djokovic, i cui avvocati hanno subito fatto ricorso e ottenuto la ridiscussione del caso lunedì mattina. Nel frattempo, Nole è bloccato nell’hotel dei richiedenti asilo, alcuni dei quali sono lì da due anni, e non sa neppure se potrà allenarsi. In nome della coerenza e della difesa delle regole, le tv australiane stanno discutendo seriamente del pericolo che Djokovic potrebbe rappresentare per i raccattapalle del torneo. Non è più una questione sanitaria (non lo è probabilmente mai stata: pensare che Nole, tamponato quotidianamente, potesse infettare raccattapalle e altri tennisti perché non vaccinato è ridicolo) ma politica.

La protervia di Djokovic si è scontrata con una gestione disastrosa da parte delle autorità australiane. Comunque vada a finire, questa storia sarà una pessima pubblicità per tutti, dal tennista serbo all’Australia passando per i no vax e la campagna vaccinale. Lo stiamo vedendo in queste ore con mezza Serie A di calcio bloccata dalle Asl che non lasciano partire squadre con giocatori contagiati (ma vaccinati) e arrivano a discutere dell’opportunità di farli giocare con la mascherina. Quando lo sport finisce nelle mani della burocrazia, l’esito è irrimediabilmente la farsa.

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