Altri settanta milioni alle paritarie, «ora riportiamo tutti in classe»

Grazie a una trasversalità politica affatto scontata la legge di bilancio assicura un contributo di quasi 8mila euro annui per il sostegno di bimbi e ragazzi disabili che non frequentano le statali. Intervista a Gabriele Toccafondi (Iv) e Maurizio Lupi (Nci)

Nessun regalo di Natale, nessuna elemosina: aumentare di 70 milioni di euro il fondo per il sostegno agli alunni disabili delle scuole paritarie, richiesta contenuta in due emendamenti alla legge di Bilancio approvati a maggioranza in Commissione la sera del 19 dicembre, era dovuto e necessario. Dovuto alle famiglie di dodicimila tra ragazzi e bambini, alle scuole e a realtà paritarie che ogni giorno provvedono ad assicurare loro il diritto allo studio, all’integrazione e all’inclusione sobbarcandosi quasi integralmente il costo dell’insegnante di sostegno (circa 25-30mila euro l’anno che nelle statali è garantito dallo Stato). Dovuto ma non scontato: «È stato un lavoro a quattro mani – spiega a Tempi Gabriele Toccafondi, ex-sottosegretario all’Istruzione e attuale deputato di Italia Viva, firmatario degli emendamenti insieme a Maurizio Lupi (leader di Noi con l’Italia) -, sottolineo il lavoro di squadra in un momento in cui la trasversalità in politica è tutt’altro che scontata e che ha incontrato il voto quasi unanime della commissione Bilancio della Camera dei deputati. Settanta milioni di euro: questa la cifra destinata per il 2021 a tutte le scuole paritarie che accolgono ragazzi e bambini dagli 0 ai 18 anni con una disabilità certificata».

DA 24 A 94 MILIONI DI EURO. UNA BATTAGLIA NON È MAI ASTRATTA

Per capire l’impatto delle risorse erogate basti pensare che fino al 2015 i costi del sostegno ricadevano totalmente sulle famiglie e sulle rette. Invisibili agli occhi dello Stato che all’educazione di questi ragazzi non riconosceva niente, fu il governo Renzi, nel 2015, sottosegretario Toccafondi col sostegno di Ncd/Ap, a dare vita a un fondo per contribuire al pagamento degli insegnanti richiesti: 12 milioni, mille euro per studente o bambino. Risorse raddoppiate nel 2017, quando il fondo venne stabilizzato con 24 milioni di euro. «Con questa legge di Bilancio passiamo oggi a 94 milioni di euro, il che significa circa 7/8 mila euro per ogni studente, dall’infanzia fino alla quinta superiore, a compensazione di una parte del carico dei costi del diritto al sostegno, e che le scuole potranno abbassare le rette alle famiglie. Non solo. Ulteriori 20 milioni sono stati riservati al sostegno dei disabili nel percorso dell’infanzia, dagli 0 ai 6 anni, otto in più rispetto a quelli destinati dalla legge di bilancio 2019, quando, su input di Italia Viva, fu creato un ulteriore fondo di altri 12 milioni per questi bambini».

Non si tratta solo di “soldi”: i 94 milioni per la disabilità, i 20 milioni per la disabilità nell’infanzia, sommati a 512 milioni di euro quale contributo nazionale alle scuole (confermato e stabilizzato) e agli 800 euro a studente di detrazioni fiscali che i genitori ogni anno possono inserire nella dichiarazione dei redditi, dicono che la scuola è finalmente tornata al centro dell’azione politica. «Nella circostanza drammatica e paradossale della pandemia, tutti hanno preso coscienza che il primo pilastro su cui riscostruire un paese per rilanciarlo si chiama educazione, formazione e scuola», spiega a Tempi Maurizio Lupi. Piegati dal Covid chiunque ha capito che la didattica a distanza non sostituisce la scuola, che le infrastrutture scolastiche sono obsolete, che abbiamo bisogno di insegnanti dediti e preparati, che la scuola non è apprendimento nozionistico ma un rapporto, «e soprattutto che la battaglia per la libertà di educazione non è astratta: senza scuole paritarie lo Stato sarebbe rimasto in braghe di tela. Così, quando iniziarono a denunciare il rischio chiusura, sono stati inseriti i 300 milioni nel dl rilancio con un capito dedicato a loro: e questa è stata una prima vittoria, riconquistare il sostegno ammesso dalla legge per le paritarie».

UNA TRASVERSALITÀ POLITICA AFFATTO SCONTATA

Una vittoria di tutti, non solo di qualcuno, frutto dell’instancabile lavoro di mesi dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà approvato dalla stragrande maggioranza (ad eccezione del M5s) dei deputati disposti a rinunciare a emendamenti che potevano essere coperti dalle risorse dello Stato per destinarli alla disabilità. L’obiettivo, assicurano Lupi e Toccafondi, è arrivare a una copertura pari almeno al 50 per cento dei costi sostenuti da una scuola per questi bambini e ragazzi, un segnale di effettiva parità e dignità, «in questa manovra abbiamo iniziato a rimediare a una disparità vergognosa: i ragazzi disabili che frequentano le scuole paritarie non sono ragazzi di serie b rispetto ai coetanei delle statali, tutti hanno bisogno di una classe e di insegnanti di sostegno. Lo Stato ha messo a disposizione nuove risorse per assumerli all’interno delle statali, cosa lodevole dovuta – prosegue Lupi –, non di meno lo è aiutare scuole e famiglie che da sole provvedono a garantire un sostegno dignitoso ai propri ragazzi». Ripetiamolo, dodicimila bambini in scuole di ogni ordine e grado a cui servono insegnanti che costano tra 25 e i 30 mila euro. E una battaglia per la libertà che non è per la scuola paritaria ma perché la scuola torni ad essere un pilastro essenziale del paese. Una battaglia per più scuola, non meno scuola.

RIAPRIRE SUBITO. IN PRESENZA E INAUTONOMIA

Una battaglia oggi appesa al cappio delle decisioni dei tavoli tecnici aperti nella Conferenza delle Regioni e, a livello provinciale, nelle riunioni fra autorità locali, prefetti, dirigenti scolastici, aziende di trasporto per ragionare sulla riapertura del 7 gennaio, mentre l’Istat pubblica i dati dei grandi dimenticati dalla didattica a distanza (e ancora una volta ci sono loro: i bimbi disabili, circa settantamila – stiamo parlando di un quarto degli studenti disabili italiani – impossibilitati a prendere parte alle lezioni online tra aprile e giugno). «E che da settembre si sono fatti altri cento giorni a casa, davanti a uno schermo, insieme a tutti i coetanei di medie e superiori che in Italia non sono stati riammessi in classe. Può chiamarsi scuola questa? No, l’unica vera scuola è la scuola in presenza – spiega Toccafondi -. Non sono un uomo di scuola o uno scienziato ma sono un genitore dotato di buon senso. C’è chi vive in zone senza connessione, famiglie senza mezzi, ci sono ragazzi abbandonati davanti agli schermi per 5 o 6 giorni a settimana. Questa non è educazione, è arrendersi a una soluzione che appare più facile ed è in realtà enormemente drammatica».

«Siamo stati gli ultimi ad aprire e i primi a chiudere, e ci siamo fatti lo stesso trovare impreparati sul fronte scuola. Questa la ritengo una delle più gravi pecche di questo governo durante la pandemia», chiosa Lupi. «Non ci voleva uno scienziato per realizzare che il contagio non si propaga a scuola ma col trasporto pubblico e in sei mesi – sei – un paese come l’Italia, lo dico da ex ministro dei Trasporti, era assolutamente in grado, se lo riteneva prioritario, di riorganizzare risorse e strutture per riaprire le scuole in sicurezza. E trovare insegnanti: abbiamo sprecato milioni, ma a scuola non servono solo banchi, servono persone dedite e appassionate: paghiamole di più. Dobbiamo chiedere loro sacrifici, lavorare il pomeriggio o il sabato per assicurare le lezioni in sicurezza? Paghiamole di più». Pur imboccata, la strada per la libertà educativa in Italia è ancora lunga e in salita, ma l’urgenza di tornare in classe resta. E c’è una strada anche per questa, si chiama autonomia scolastica. L’unica via che apre la scuola con intelligenza, programmazione ed efficienza, «e se non siamo ancora all’autonomia, vediamo di arrivarci».

Foto Ansa

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