Vincent Lambert, non è «ostinazione irragionevole» mantenerlo in vita

Potrà un giudice condannare a morte il 41enne tetraplegico quando gli stessi esperti del tribunale hanno stabilito che non è vittima di accanimento terapeutico?

Al netto di come ce le hanno servite i giornali francesi, le conclusioni della perizia degli esperti nominati dal tribunale amministrativo di Châlons-en-Champagne basterebbero per considerare l’affaire Vincent Lambert chiuso: perché mai un giudice dovrebbe decidere, nell’udienza calendarizzata per il prossimo 19 dicembre, di sospendere i trattamenti di alimentazione ed idratazione al 41enne tetraplegico quando gli stessi esperti riconoscono, per la prima volta dopo sei anni, che non c’è alcun accanimento terapeutico né ostinazione irragionevole nel mantenerlo in vita?

LA PARTIGIANERIA DEI GIORNALI FRANCESI

La notizia che trova spazio sui giornali, da Le Monde a Libèration, per i quali non è mai stata in gioco la dignità bensì la qualità della vita dell’uomo, è invece un’altra: «Gli esperti confermano lo stato vegetativo cronico irreversibile di Vincent Lambert», che non gli permette «di accedere ad alcuno stato di coscienza». In altre parole, Lambert non può migliorare, «una conclusione che potrebbe ribaltare la battaglia legale attorno a un’eventuale cessazione delle cure», scrive Le Monde, come se accertarne lo stato di grave disabilità fosse sufficiente per lasciarlo morire di fame e di sete.

Eppure nessuno, neppure i genitori Viviane e Pierre che da anni si battono per potersi prendere cura del figlio, ha mai sostenuto che Lambert potesse miracolosamente da un giorno all’altro alzarsi, camminare e andare a prendere l’aperitivo. La notizia, ripetiamolo, è semmai trovare scritto nero su bianco per la prima volta che rispondere alle primarie esigenze del paziente (alimentazione, idratazione, igiene di base etc) non si configura come «un trattamento irragionevole o un’ostinazione irragionevole». Non c’è corpo sofferente, non c’è accanimento terapeutico. Non solo: gli esperti menzionano la possibilità che Lambert venga trasferito in una struttura adeguata, come invocato da anni dai suoi genitori.

CONFERMATO IL J’ACCUSE DEI MEDICI ANTI-EUTANASIA

Di fatto la perizia conferma il j’accuse di 70 medici e professionisti specializzati nella cura di persone cerebrolese in stato vegetativo o iporelazionale, che già sul Figaro del 18 aprile scorso avevano denunciato con grande decisione «una eutanasia che non dice il proprio nome»: Lambert «non è in fin di vita» e «deve essere trasferito a un’unità specializzata». Nonostante le dure parole di condanna delle «condizioni di vita imposte al signor Vincent Lambert» («tanto incomprensibili quanto inammissibili, assomigliano a un’incarcerazione prolungata, indegna del suo stato, della sua persona, dei suoi prossimi. Esse ci appaiono contrarie ad ogni etica e deontologia mediche»), l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione era stata autorizzata a inizio giugno anche da una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. La decisione che avrebbe stabilito definitivamente la sorte di Lambert spettava tuttavia ai medici dell’ospedale Chu Sébastopol di Reims: sono stati loro, dopo aver avviato una «procedura collegiale», a rimandare il caso al ministero della Sanità francese e (di nuovo) alla magistratura.

«VOGLIAMO PRENDERCI CURA DI LUI»

Tutto questo sulla pelle di un ex infermiere, tetraplegico da quando è entrato e uscito dal coma nel 2008, in seguito a un incidente d’auto, e che vive da dieci anni in stato di coscienza minima: nonostante abbia subìto danni al cervello irreversibili, Lambert respira infatti in modo autonomo, non è attaccato a nessuna macchina e risponde agli stimoli. Nel 2013 la moglie Rachel, che da anni non vive più in Francia accanto a lui, ha fatto interrompere l’alimentazione al marito senza informare nessuno. Quando i genitori l’hanno scoperto per caso hanno ordinato ai medici di ricominciare a nutrirlo. Ne è nata una battaglia legale che continua da allora nel dileggio dei genitori chiamati «cattolici integralisti», e sono molte le cliniche che si sono dette disponibili a prendersi cura dell’uomo a Gard, Morbihan e Parigi. Persino un ospedale polacco, Hospicjum Dom Opatrznosci Bozej, ha cercato di ottenere il trasferimento di Vincent. Trasferimento più volte chiesto dai genitori e negato dai giudici.

«UN’INCONTESTABILE PULSIONE DI VITA»

Su questo c’è un passaggio singolare del rapporto degli esperti che pur negando di trovarsi innanzi a «ostinazione irragionevole», come andavano sostenendo i medici di Reims guidati dal dottor Vincent Sanchez, di Lambert oggi scrivono: «L’alterazione irreversibile della sua immagine lo indebolisce in un punto che non è accettabile per se stesso, per sua moglie e per il suo tutore». Ecco il punto: per se stesso? Come non tenere conto del fatto che Lambert, come sottolineato dai 70 medici sul Figaro, «è sopravvissuto nel 2013 a trentuno giorni senza alimentazione e con un’idratazione ridotta al minimo, mentre per la nostra unanime esperienza questo fatto è incomprensibile con una volontà di morte? Quando non vogliono più vivere, questi pazienti muoiono in pochi giorni, a volte in poche ore. Questa sopravvivenza per trentuno giorni testimonia al contrario un’incontestabile pulsione di vita che avrebbe dovuto fondare da cinque anni a questa parte una nuova presa in carico imperniata su un progetto di vita e che non si riduca a cure da balia».

IMPOSSIBILE VALUTARE LAMBERT FINCHÉ È RECLUSO

Questa valutazione non può essere convalidata se non da un’équipe pluridisciplinare, in condizioni di vita variegate, lungo un arco temporale sufficientemente lungo, di più settimane, in contatto con i membri presenti della famiglia, e questo, affermavano i medici, «è impossibile in un contesto di reclusione senza progetto di vita». Cosa accadrà allora il 19 dicembre? Verrà emesso un giudizio sul valore di una vita? Potrà un giudice condannare all’abbandono terapeutico una persona che secondo tutti gli esperti non è vittima di accanimento terapeutico?

Foto Ansa

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