Vaccino ai bambini. Tutti i dati che bisogna conoscere (e quelli che mancano)

L'Ema ha autorizzato il siero Pfizer per la fascia d'età 5-11 anni. La sperimentazione ne conferma l'efficacia, ma su eventuali eventi avversi mancano ancora gli studi

Una bambina riceve il vaccino Pfizer contro il Covid in Israele (foto Ansa)

L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha dato il via libera ieri al vaccino Pfizer per i bambini nella fascia d’età 5-11 anni. L’Italia non l’ha ancora autorizzato ma è praticamente certo che anche l’Aifa lo farà il 3 dicembre. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ipotizza di autorizzare le famiglie a vaccinare i figli piccoli dal 20 dicembre. In ogni caso, per il momento l’ultimo decreto del governo non prevede un’estensione del green pass ai minori di 12 anni.

Bambini e Covid: tutti i dati

Secondo l’Istituto superiore di sanità, da inizio pandemia su 3,2 milioni di bambini tra i 6 e gli 11 anni se ne sono contagiati 241.739, ne sono stati ricoverati 1.407 e 36 sono finiti in terapia intensiva. Nove i deceduti. Dunque, 6 su mille sono andati in ospedale, 1 su 10 mila è finito in terapia intensiva e 4 su 100 mila sono deceduti. I bambini rispetto agli adulti rischiano di essere ricoverati 10 volte in meno, 70 volte in meno di finire in terapia intensiva e 50 volte in meno di morire.

Il vaccino Pfizer è stato sperimentato con un dosaggio di un terzo, 10 microgrammi, rispetto a quello previsto per gli adulti, su 3.116 bambini. Sono state somministrate due dosi a tre settimane di distanza l’una dall’altra. L’efficacia riscontrata contro il contagio è del 90,7%. La platea invece è stata ritenuta troppo esigua per verificare l’efficacia nel prevenire forme gravi della malattia o ricoveri, vista anche la scarsa incidenza di questi ultimi nella fascia d’età considerata.

Il vaccino Pfizer e gli effetti collaterali

Capitolo effetti collaterali. Nove bambini su 10 hanno avuto dolore al braccio, 7 su 10 mal di testa e 2 su 10 febbre e dolori articolari. Per quanto riguarda conseguenze più gravi, secondo l’Fda americana «il numero di partecipanti è troppo piccolo per essere rilevato qualsiasi potenziale rischio di miocardite e pericardite». Ecco perché, negli Stati Uniti sono stati avviati 5 studi per verificare eventuali effetti avversi nella popolazione di bambini vaccinati. Gli studi non sono ancora stati completati.

Negli Usa dal giorno dell’autorizzazione, 8 novembre, hanno ricevuto il vaccino 2,4 milioni di bambini. Secondo il database americano Vaers, sono risultate finora 607 miocarditi/pericarditi nella fascia d’età tra i 5 e i 17 anni. Ma i dati, spiega il Corriere, sono ancora da verificare dal momento che Vaers raccoglie segnalazioni spontanee senza controlli. Bisognerà attendere dunque la fine degli studi ufficiali commissionati. In Israele, invece, la vaccinazione dei bambini è iniziata il 22 novembre. Al momento non sono risultati particolari effetti avversi del vaccino, ma è ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive.

Se è certo che si ammalano poco, gli esperti fanno notare che i bambini possono sviluppare in rari casi la sindrome infiammatoria multisistemica (Mis-c), che è pericolosa e può anche lasciare strascichi spiacevoli. In Italia da inizio pandemia si sono verificati 239 casi. Dati certi nella fascia d’età 5-11 anni sul long Covid, infine, non ce ne sono.

Esperti divisi sul vaccino ai bambini

Anche a causa dei pochi dati a disposizione, esperti e virologi non concordano ancora sull’opportunità di vaccinare i bambini. Oggi al Corriere, Giorgio Palù, a capo dell’Aifa, ha affermato di non avere dubbi: «I benefici sono diretti e indiretti», anche perché «il Covid è diventata una malattia pediatrica». Secondo il virologo, oltre a proteggere i piccoli dal Covid, la vaccinazione per i bambini ne limiterebbe anche la diffusione nella società, abbassando il rischio di infezione per gli adulti.

Francesco Vaia, direttore dello Spallanzani di Roma, l’Istituto nazionale per le malattie infettive, in una recente intervista a Libero ha affermato invece che «il punto è sempre il calcolo tra rischi e benefici. Qualsiasi farmaco può dare effetti collaterali, la strategia corretta è evitare il rischio quando, anche se basso, non è indispensabile. Se un bambino ha già di suo delle altre patologie gravi, conviene vaccinarlo, per proteggerlo da un virus che, associato ad altre malattie, può rivelarsi grave. Se invece è sano, non vedo necessità di vaccinarlo. Almeno data la situazione odierna, poi le cose possono sempre cambiare. Quanto al rischio di miocarditi, i casi sono rari e la miocardite a un bambino può venire anche a seguito di un long Covid. Si dice che i piccoli si contagiano e contagiano anche gli altri ma analizzando i dati non si può dire che al momento la loro incidenza sul propagarsi del virus sia forte».

Una posizione mediana tra i due è quella di Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia dell’Università di Padova. «Se avessi un figlio piccolo esiterei a vaccinarlo. Non vedo questa fretta. La priorità è la terza dose degli adulti. I bambini sono un falso problema», ha dichiarato a Piazzapulita. «Ho alcune riserve concettuali: i bambini sottoposti al trial sono obiettivamente pochi. Aspetterei i dati di Israele».

«In biologia bisogna sempre essere cauti»

Intervistato dal Times of Israel, il professor Cyrille Cohen, a capo del laboratorio di immunoterapia dell’Università Bar Ilan, ha spiegato che «non ci aspettiamo di vedere particolari effetti collaterali nei bambini. In biologia bisogna sempre essere cauti, ma la gente parla tanto dei possibili effetti collaterali dei vaccini quando comunque in Israele abbiamo avuto 300 casi di Mis-c in seguito a infezioni da Covid e un decesso. In ogni caso capisco l’esitazione dei genitori e il loro desiderio di avere più dati prima di vaccinare i figli. Ogni genitore dovrebbe decidere sulla base di informazioni affidabili e nel caso consultare il proprio pediatra».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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