Un bacio e una carezza alla mia lebbrosa. Così imparo la misericordia

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Quale regalo più bello, all’inizio dell’Anno Giubilare dedicato alla Misericordia Divina, della visita improvvisa di Marcos e Cleuza alcuni giorni fa! Sono arrivati alle due del mattino e sono ripartiti a mezzanotte dello stesso giorno. Un salto, un abbraccio, un incontro con la fraternità che riunisce i responsabili della Fondazione San Rafael e poi di nuovo in Brasile. Solo chi è stato abbracciato è capace di un gesto così pieno di misericordia. Ultimamente, a causa delle mie condizioni fisiche, non sono più riuscito a incontrarmi con loro in Brasile, ma loro sono sempre stati fedeli nel venire a visitarmi, condividendo con me le mie gioie, i dolori e le fatiche.

 Con loro è un rivivere quell’abbraccio di Giussani che ha salvato la mia vita e che ha preparato un fatto ancora più grande: papa Francesco che, rompendo ogni schema, è venuto a casa mia, consacrando con la sua presenza un’opera dove la misericordia, il perdono, l’abbraccio sono la ragione stessa della sua esistenza. Tutti i giorni il mio pensiero è fisso su quel fatto, che è stato per me come per Zaccheo quando Gesù è andato a casa sua.

Avevo bisogno che Gesù mi visitasse attraverso il Suo Vicario per affermare la Verità di quest’opera, per dire al mondo che ciò che sta accadendo in questo villaggio della misericordia è opera di Dio, e che usando questo piccolo somaro che sono ha voluto rivelare ai poveri il Suo infinito amore. Ho sperimentato l’affetto che Francesco ha per quest’opera sin dall’inizio del suo pontificato, quando l’ho incontrato in Santa Marta; poi ancora l’8 gennaio di quest’anno insieme a suor Sonia, il cuore dell’opera, colei che continuerà questo carisma quando Gesù mi porterà con Lui.

Non mi stancherò mai di ricordare che il Mistero sceglie persone insignificanti per manifestare ai poveri la Sua misericordia. Abbiamo un bisogno estremo di sentirci abbracciati da Gesù, quel Gesù che vive oggi nella Chiesa, nella comunità dei battezzati, che si presenta nella vita sacramentale e negli emarginati. La Chiesa in questo tempo di Avvento ci richiama al sacramento della confessione, perché è in questo luogo che Gesù ci raggiunge con la Sua presenza piena di dolcezza. Ma se non viviamo questa modalità, è impossibile abbracciare l’altro che cammina al nostro fianco e che ha il nostro stesso bisogno! Per me è una carezza di Gesù, un sentirmi accolto, un sentirmi dire «vai in pace, perché il mio peccato come il tuo è stato perdonato». Ho vissuto una esperienza potente di questa tenerezza di Gesù quando il Papa ha incontrato i miei malati riuniti nel salone della clinica. Ha allargato le braccia, manifestando con chiarezza il suo amore a Gesù eucarestia e a Gesù sofferente. «Il povero è Gesù, ma l’ammalato è due volte Gesù, perché povero e ammalato». Questo modo di guardare ai bisognosi è sempre un rivivere ciò che Gesù faceva con gli umili, gli infermi, i peccatori.

Il vero volto della carità
Quell’«Adelante, padre» non è stato un imperativo rivolto solo a me, ma anche a quanti mi vogliono bene. Tutti abbiamo bisogno di un uomo che, facendo suo il nostro dolore, ci dica «adelante». Alcune settimane fa sono venuti a visitare l’ospedale un uomo con un carnet pieno di titoli e il regista spagnolo Juan Manuel Cotelo. Una differenza abissale fra i due, perché mentre il filosofo, il teologo guardava i pazienti dalla porta, il regista de L’ultima cima e di Terra di Maria non solo si avvicinava a ogni paziente, ma lo baciava, parlava con tutti con uno sguardo in cui vibrava il suo entusiasmo, il suo amore per Gesù. Grazie al Papa, la carità cristiana sta mostrando il suo vero volto.

Nella clinica abbiamo accolto una donna di 54 anni, madre di 9 figli, malata di cancro e lebbra. Il suo volto totalmente sfigurato all’inizio mi ha impaurito, ma alcuni secondi dopo è scoppiato in me un desiderio potente di baciarla come faceva Gesù quando i lebbrosi si avvicinavano per chiedergli aiuto. Tutti i giorni mi siedo al suo fianco tenendole la mano. È tutto ciò che desidera. Molti si preoccupano di un possibile contagio, ma è troppo bello vedere come questo piccolo gesto, un bacio, una carezza, sveglia in lei un sorriso. Anche Francesco ha baciato alcuni miei ammalati senza preoccuparsi di sapere se fossero o meno contagiosi. Tutti noi siamo ammalati e contagiosi, eppure Gesù non ha paura di noi.
paldo.trento@gmail.com

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