La Turchia deporta a forza i rifugiati cristiani siriani tra i jihadisti di Idlib

Un rapporto di Amnesty International denuncia le politiche del governo di Erdogan, che costringe i rifugiati siriani a rientrare «volontariamente» nel paese in guerra

Quando la vita ad Aleppo è diventata insostenibile a causa dei bombardamenti dei jihadisti, John è fuggito in Turchia. Il suo obiettivo era raggiungere l’Europa ma mentre cercava di salire su un barcone diretto in Grecia è stato bloccato. È allora che le autorità turche l’hanno costretto a tornare in Siria, nonostante fosse ancora in guerra. «Se cerchi di consultare un avvocato, ti terremo in carcere per sei o sette mesi e ti faremo del male».

CRISTIANI DEPORTATI TRA I JIHADISTI

Dopo averlo minacciato così, l’hanno deportato in Siria e in particolare a Idlib, l’ultimo territorio ancora in mano ai jihadisti e ai ribelli sostenuti da Ankara. Deportare un cristiano a Idlib è come alloggiare una pecora nella tana del lupo e infatti John è stato subito incarcerato dagli islamisti di Tahrir al-Sham. «Non so ancora come ho fatto a uscirne vivo. È un miracolo».

Quello di John è solo uno dei tanti casi di siriani rifugiati in Turchia e deportati con la forza e le minacce dalle autorità di Ankara. Lo ha denunciato Amnesty International in un nuovo rapporto pubblicato venerdì, dal titolo “Sent to a war zone: Turkey’s illegal deportations of Syrian refugees“.

IL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL

La Turchia ospita sul suo territorio 3,6 milioni di rifugiati e nelle scorse settimane ha lanciato l’offensiva militare “Fonte di pace” nel Nord della Siria anche per creare una zona cuscinetto dove ricollocarne una parte. Nonostante il governo di Recep Tayyip Erdogan abbia ricevuto dall’Unione Europea 6 miliardi di dollari per accogliere i rifugiati, Amnesty parla della truffa dei «rimpatri volontari».

La maggior parte dei 315 mila siriani che hanno fatto ritorno nel loro paese, non avrebbero per nulla accettato «su base volontaria», come sostiene Ankara, ma sarebbero stati costretti con le minacce e la forza. Molti infatti, si legge nel rapporto, sono stati portati in Siria ammanettati come se fossero criminali in località ancora pericolose a causa del conflitto.

«L’INTESA RAGGIUNTA FA RABBRIVIDIRE»

Decine di siriani hanno testimoniato ad Amnesty gli abusi subiti, costituiti da incarcerazioni senza processo e senza motivo, pestaggi e minacce. Racconta Qasim, padre 39enne di Aleppo: «Sono state detenuto alla stazione di polizia di Konya per sei giorni. Qui gli ufficiali mi hanno detto: “Puoi scegliere, o passi un anno in prigione o te ne torni in Siria”».

Erdogan ha appena firmato con la Russia un accordo per creare una zona cuscinetto in Siria, dove ricollocare fino a due milioni di migranti «su base volontaria». Secondo Amnesty, «fa rabbrividire l’intesa raggiunta. Fino ad oggi i rimpatri non sono stati né sicuri né tanto meno volontari. La Turchia è stata lodevole a ospitare 3,6 milioni di rifugiati, ma non può utilizzare questa generosità come un’arma per violare le leggi domestiche e internazionali deportando delle persone in una zona di conflitto».

Foto Ansa

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