I semi dell’amore scoperti da Takashi Paolo Nagai

Il racconto autobiografico, dall’infanzia fino allo scoppio della bomba atomica di Nagasaki, del medico cattolico giapponese. «C'è qualcosa che non muore mai»

Nel nostro periodo storico inquietato dall’ombra del nichilismo nucleare, minacciato o sottinteso, è interessante guardare a chi ha vissuto in prima persona la catastrofe del super delitto contro l’umanità.
Takashi Paolo Nagai è un sant’Agostino la cui vita parla all’uomo d’oggi. Nei suoi libri mette a nudo il suo cuore e la sua traiettoria esistenziale. Le sue moderne confessioni sono diverse da quelle di Rousseau: nessun autocompiacimento, solo il dramma dell’uomo di fronte ai morsi della storia. Scavo interiore ed esigenza di verità di un testimone dell’estremo implicano il lettore e lo coinvolgono in un cammino interiore da ripercorrere.

Nagai vive la sua adolescenza in un Giappone che sente gli influssi profondi della cultura scientifica occidentale. Paul Glynn in Pace su Nagasaki. Il medico che guariva i cuori (Paoline, Milano 2015) sottolinea, a tal proposito, il propagarsi dell’ateismo nelle scuole superiori giapponesi: «I professori lo ritenevano essenziale all’entusiasmante filosofia scientifica che proveniva dall’Occidente».

Una vita nuova

Darwin, l’agnosticismo di Huxley e le concezioni di Marx influenzano le menti dei giovani. Una sovrastruttura ideologica che porta il giovane Takashi a sentire fin nell’intimo l’angoscia di Natsume Soseki, autore di Kokoro (Cuore fedele).

L’eroe del libro medita il suicidio, trasmettendo al giovane Takashi la sua incertezza esistenziale, vicina al crollo nel buio. Le domande sul senso della vita inquietano il giovane e sovvertono l’ordinaria tranquillità. Ma la morte della madre apre in lui, finalmente, una strada: la vita non può essere ridotta alla sola corporeità. C’è qualcosa, infatti, che oltrepassa il limite. Si tratta dello spirito immortale, presente e vivo anche negli amati autori della tradizione giapponese. Lo studio di Pascal, prima e l’incontro, poi, con la comunità dei credenti di Urakami imprimono in Takashi il cambiamento definitivo. Una vita nuova entra nella sua vita e soffia uno spirito diverso, portando speranza e sensatezza. Ha il volto dell’adorata moglie e dei tanti semplici che vivono il cristianesimo con una strana gioia diversa dal mondo. Nagai attraversa, perciò, tutto, in un periodo storico drammatico, con una quantità di vita che erompe all’esterno.

Il suo segreto, per Padre Lepori, curatore dell’autobiografia e autore dell’introduzione, è che «in tutto, Nagai scopre, in mezzo al fango, semi dell’amore più grande, quello che dà la vita per i propri amici (cfr. Gv 15, 13), quello che dando la vita trasforma i nemici in amici» (Takashi Paolo Nagai, Ciò che non muore mai. Il cammino di un uomo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2023, p. 9).

Perché la guerra?

Vicino alle montagne del Taihang, nella zona cinese invasa dalle truppe del Sol Levante, fa esperienza della cattolicità, sentendo un coro di cuori cantare alla Vergine Maria in una chiesa. «Fu in quel momento che Ryūkichi (pseudonimo usato nel testo da Takashi) intuì in modo lampante che i popoli del mondo possono essere uniti» (Takashi Paolo Nagai, Ciò che non muore mai. Il cammino di un uomo, cit., p. 233). Sente, poi, durante gli aspri combattimenti, un desiderio di vita totale «Non voglio morire in questo modo senza senso. Se devo morire voglio farlo in modo più umile e carico di significato» (Ciò che non muore mai, p. 252). Animato dalla fede, impedisce a un soldato giapponese di uccidere un cinese ferito e fuori combattimento (Ciò che non muore mai, p. 240).

La sua opera di medico, inoltre, è tutta tesa a incarnare lo spirito universale della Croce Rossa. Nella sala di primo soccorso cura i feriti di entrambi gli eserciti, senza distinzione e con la stessa carità. Non è in gioco la mera esecuzione di un giusto principio: la sua cura è inquietata da una domanda radicale «Perché mai lo Stato maggiore e il governo hanno deciso a tavolino di fare questa guerra e di mandare a combattere al fronte questi giovani che non provano alcun odio l’uno per l’altro? E perché mai i mercanti, che hanno voluto questa guerra, se ne stanno al sicuro a casa loro mentre questi giovani che sono all’oscuro di tutto, sono qui a uccidersi a vicenda?» (Ciò che non muore mai, p. 259).

La bomba su Nagasaki

Di fronte alla menzogna imperante, svelata dalla domanda, allora, non basta più fare qualcosa, è necessario dare tutto. Takashi è colpito in profondità non solo dai martiri cristiani del Giappone, ma anche dai martiri della scienza. Coloro che si sono esposti con coraggio al rischio per il bene di tutti.

Chi si occupa in maniera totale della cura dei malati con la nuova tecnica dei raggi X si espone a un rischio: la vita. Il contatto con le radiazioni colpisce, così, la vita di chi cerca in tutto il nucleo del cristianesimo. Takashi si ammala gravemente di leucemia, ma non basta: la sua vita viene scossa fino in fondo dal bombardamento atomico. Il medico conosce per esperienza diretta il terrore. Non un terrore qualsiasi: il terrore mistico per il destino stesso dell’umanità. «Seguendo il filo di tutti quei pensieri, Ryūkichi fu colto dal terrore per il destino dell’umanità. “Fermate le guerre” gridò rivolto alla cenere. “Fermate le guerre per sempre! Che le cicatrici impresse dalla bomba atomica su Nagasaki siano il punto finale dei conflitti tra gli uomini”» (Ciò che non muore mai, p. 351).

In ginocchio sulle ceneri

La scelta del bombardamento atomico non guarda la sofferenza dell’innocente, non vede il grido degli anziani o il lascito di dolore: è un Polifemo cieco. La vittoria atomica è la sconfitta dell’uomo. L’annientamento dei deboli, degli inermi, dei bambini resta inammissibile. Per tale motivo, anni dopo, la filosofa Anscombe, la dragon lady di Oxford, si oppose alla laurea honoris causa a Truman, l’uomo che aveva deciso il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki.

Il messaggio di Takashi di fronte alla distruzione dell’umano ridotto in cenere è la certezza di qualcosa che resiste, che non muore. Takashi, dopo il bombardamento, tocca le ossa calde della moglie, che si sgretolano in pezzi. Anche le due figlie sono morte. Vicino alle ossa della moglie vede la catena del rosario e poi le croci spezzate delle due figlie.

Il male ha cancellato tutto, ha spazzato via ogni cosa, ma non i piccoli segni di ciò che non muore. Lo scienziato, debole per la leucemia e prostrato dal dolore, mendica la salvezza per ogni uomo «estrasse il suo rosario e si mise in ginocchio sulle ceneri a pregare (Ciò che non muore mai, p. 356)».

Di fronte a un uomo solo, in ginocchio, davanti alle ceneri di un mondo morto, viene in mente Montale: «Eppure resta che qualcosa è accaduto, forse un niente che è tutto».

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