«Sta arrivando la fine del mondo: mangiate broccoli». Il mea culpa degli ambientalisti: basta catastrofismo

Il più grande centro studi internazionale dedicato al clima e all'ambiente, The Earth Institute ammette: «Abbiamo sbagliato invocando l'Apocalisse»

«Abbiamo sbagliato». Oggi si celebra la giornata mondiale per salvare la Terra e il più grande centro studi internazionale dedicato al clima e all’ambiente, The Earth Institute della Columbia University, ha fatto un pubblico mea culpa per la gestione della comunicazione sui cambiamenti climatici.

«BASTA CATASTROFISMO». «Dove abbiamo sbagliato? La lotta al cambiamento climatico non fa progressi, l’opinione pubblica sembra confusa o stanca di questi allarmi, i governi perdono tempo. La colpa è anche nostra. Fin qui – spiega a Repubblica il direttore esecutivo dell’istituto di ricerca americano Steve Cohen – il messaggio era: sta arrivando la fine del mondo, mangiate spinaci e broccoli. Cioè, mi perdoni la battuta, da una parte c’era una profezia dell’Apocalisse; dall’altra una serie di conseguenze sgradevoli, in termini di comportamenti virtuosi da adottare».

SVILUPPARE LE RINNOVABILI. Secondo Cohen la comunicazione “alla Al Gore” per cui il mondo, a causa del surriscaldamento globale causato dall’uomo, sta per essere spazzato via da siccità, inondazioni, oceani acidi, tifoni, ghiacciai che si sciolgono e orsi polari che muoiono è errato. Bisogna piuttosto puntare «su una nuova strategia positiva» e spingere per «sviluppare le rinnovabili», un programma «al tempo stesso buono per l’ambiente, buono per le nostre tasche di consumatori, buono per la competitività delle imprese e l’occupazione».

GHIACCIAI DELL’HIMALAYA. In realtà, gridare all’Apocalisse non è solo sbagliato dal punto di vista della comunicazione ma anche da quello della realtà dei fatti. Lo stesso Ipcc (Commissione internazionale sul cambiamento climatico dell’Onu) ogni anno rimanda le stime sull’avvento dell’Apocalisse di qualche anno e solo nel 2013 ha cercato di spiegare il mistero della Terra che «non si surriscalda più». Per non parlare del dietro front sui ghiacciai dell’Himalaya, che avrebbero dovuto sciogliersi «entro il 2035».

DITELO ALL’ONU. Cohen ovviamente ha ragione a puntare sullo sviluppo delle rinnovabili. Come diceva a Tempi l’ambientalista scettico Bjorn Lomborg, «se l’energia solare o eolica fosse davvero competitiva, potremmo stare sicuri che nessuno punterebbe più sui carburanti fossili». Lo svedese proponeva di smettere di «fissarci sul taglio delle emissioni di Co2» e investire gli stessi soldi su «innovazione e tecnologia».
Gli ambientalisti del Earth Institute dovrebbero però fare questo discorso proprio ai loro colleghi dell’Onu, che nell’ultimo rapporto sul global warming appena pubblicato sono tornati a parlare di Apocalisse e dei peggiori mali a cui la Terra sta per andare incontro a causa del surriscaldamento terrestre (che però nel frattempo si è misteriosamente fermato). In particolare, hanno lanciato questo monito: «Ci restano solo 17 anni per salvare la Terra». Alla faccia del cambio di comunicazione.

@LeoneGrotti

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