Sono in troppi a pensare che la vittoria dei ribelli in Siria condurrà alla pace

A Mosca non si lasciano suggestionare: «Siamo preoccupati dai segnali di preparazione dell’opinione pubblica mondiale per un possibile intervento armato» in Siria

Il nostro Casadei è stato uno dei primi a scriverlo nei suoi reportage da Damasco (vedi i numeri 9 e 10 di Tempi). Adesso è Carla Dal Ponte, capo degli investigatori Onu, a certificarlo: «In Siria non ci sono buoni o cattivi». Non solo. Provocando le ire della Casa Bianca, Dal Ponte ha spiegato alla radio svizzera che «per il momento noi abbiamo solo elementi sull’uso di armi chimiche da parte dagli oppositori. Sarin. Gas nervino».

Adesso è più chiaro perché anche l’erede di Chávez ha scandalizzato le stelle del giornalismo progressista europeo (Le Monde ed El País) dichiarando che il Venezuela resta al fianco di Assad. «Dopo che l’Europa ha distrutto la Libia, chi detiene il potere militare in Libia e invia migliaia di combattenti in Siria? Al Qaeda». D’altronde perfino l’obamiano e premio Pulitzer Thomas L. Friedman ha appena stigmatizzato sul New York Times l’idea diffusa di una “primavera araba” paragonabile a quella che all’Est provocò la caduta del Muro. «Nel mondo arabo le dittature avevano annullato le forze settarie, tribali e islamiste, oltre che le aspirazioni democratiche». Ora, pensare come troppi pensano che nella guerra civile siriana la vittoria degli uni o degli altri condurrà alla pace, «that is a fantasy».

Intanto, Washington ha ottenuto dall’Onu una presa di distanza dal commissario svizzero. «La Commissione desidera chiarire di non aver trovato prove conclusive sull’uso di armi chimiche nel conflitto siriano né dall’una né dall’altra parte». Ma a Mosca non si lasciano suggestionare: «Siamo seriamente preoccupati dai segnali di preparazione dell’opinione pubblica mondiale per un possibile intervento armato nel lungo conflitto interno siriano».

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