Siria. Perché i curdi vengono esclusi dai colloqui di pace

Controllano quattro distretti settentrionali della Siria al confine con la Turchia, ma Turchia e altri attori internazionali li ostracizzano

Tempi duri per il Pyd, il Partito dell’Unione democratica curdo-siriano che governa di fatto e controlla militarmente per mezzo del suo braccio armato (le Ypg) quattro distretti settentrionali della Siria al confine con la Turchia. Il governo di quest’ultima e i principali gruppi della ribellione siriana integrati ai negoziati Onu di Ginevra hanno rinnovato il rifiuto di lasciar partecipare la formazione curda al nuovo ciclo di trattative, previsto per il 20 febbraio.

Nonostante il suo ruolo niente affatto secondario nella guerra civile siriana entrata nel suo settimo anno, il controllo di due strisce di territorio non contigue lunghe quasi 400 km e profonde un centinaio, e l’alto tributo di sangue versato nella lotta contro l’Isis, il Pyd non è mai stato ammesso alle tre precedenti sessioni dei negoziati sponsorizzati dalle Nazioni Unite a Ginevra, né al summit di Astana organizzato in Kazakistan da Russia, Turchia e Iran il mese scorso. Per la Turchia il Pyd/Ypg, anche se si presenta oggi come coalizione della Forze democratiche siriane (Fds) insieme a formazioni armate di tribù arabe, altro non è che l’equivalente siriano del Pkk, il partito curdo turco impegnato in una mortale lotta armata col governo di Ankara da più di trent’anni.

OSTRACISMO INTERNAZIONALE. Nell’ostracismo verso il Pyd convergono, oltre al governo di Ankara, il Consiglio nazionale siriano (Nsc, sostenuto dalla Turchia e dalla Ue), l’Alto comitato per il negoziato (Hnc) sponsorizzato dall’Arabia Saudita che riunisce soprattutto gruppi islamisti e salafiti e il Consiglio nazionale curdo (Knc), formazione ribelle affiliata alla Coalizione nazionale siriana delle forze dell’opposizione e della rivoluzione. Questi gruppi considerano il Pyd un alleato obiettivo del regime di Damasco, con le cui forze le Ypg hanno osservato quasi sempre uno stato di non belligeranza, e un avversario della Turchia che a loro ha fornito rifugio e notevole supporto logistico per tutti questi anni. Il rapporto sempre più stretto con gli Stati Uniti a partire dalla battaglia di Kobane nell’autunno del 2014, quando gli attacchi aerei americani contro le postazioni dell’Isis permisero alle Ypg di respingere l’assedio dei jihadisti, non ha giovato alla causa curda, anzi: è stato la principale ragione del riavvicinamento della Turchia alla Russia.

IMBARAZZO USA. Oggi i vari gruppi ribelli dichiarano apertamente che se vogliono prendere parte ai negoziati, i curdi del Pyd devono chiedere una poltrona di quelle riservate al governo di Bashar El Assad. Recentemente anche gli Usa sono diventati tiepidi nei confronti degli uomini di Salih Muslim Muhammed, almeno formalmente: in occasione dell’ultima consegna di armi da parte degli Stati Uniti alle Forze democratiche siriane (Fds), coalizione di Ypg e milizie arabe, impegnate nell’offensiva contro Raqqa iniziata il 5 novembre scorso, il portavoce del Pentagono ha tenuto a precisare che gli otto blindati rinforzati messi a disposizione dalla Difesa americana sono stati consegnati alla “componente araba” delle Fds, a evidenziare l’imbarazzo americano per un atto che Ankara potrebbe facilmente qualificare come sostegno al terrorismo curdo.

CRISI ENERGETICA. Il Pyd incontra pure problemi nel governo dei territori sotto il suo controllo, ribattezzati col nome di Rojava. A causa dell’inverno rigido e della generale scarsità di risorse, molte località sono rimaste prive di gasolio e la popolazione civile sta soffrendo intensamente per il freddo. Il sistema amministrativo del Pyd, che ha centralizzato la distribuzione del gasolio e di altri generi di prima necessità, è finito sotto accusa per presunti favoritismi. Secondo fonti citate dall’agenzia di stampa curda irachena Rudaw, «Il Pyd ha deliberatamente assegnato la distribuzione del kerosene alle sue assemblee di sezione nei vari comuni, e indirizzato la gente a rivolgersi ad esse». Le sezioni hanno distribuito il gasolio ai loro sostenitori, dando loro la precedenza sulla gente comune priva di affiliazione politica. La crisi energetica è diventata talmente forte che in molte zone i camionisti hanno dovuto interrompere i trasporti.

POZZI DI PETROLIO. Il prezzo del gasolio per trazione è più che raddoppiato nelle ultime settimane raggiungendo il prezzo record di 100 lire per litro, mentre nelle città del nord-est sotto il controllo dell’esercito siriano (Qamishli e Hassaké) il prezzo non supera le 40 lire. L’amministrazione del Pyd controlla una quantità considerevole di pozzi petroliferi nella regione, ma finora ha preferito commerciarlo attraverso le tribù arabe locali per procurarsi entrate con cui pagare i miliziani e le loro famiglie.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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