Siria. Disastro economico e sociale. Intervento Usa «aggraverà ulteriormente la situazione»

Non soltanto la guerra. Dopo due anni, in Siria la povertà è diffusa e la sanità al collasso. Ormai sono 2 milioni i profughi nella regione

Firmate l’appello contro l’intervento militare

L’intervento militare statunitense contro il regime di Bashar al-Assad «aggraverà ulteriormente la situazione» della Siria, scrive oggi Avvenire. «Il deterioramento dell’economia cominciato con la rivolta contro Assad, si è acuito nel prosieguo della guerra civile per poi aggravarsi ancora in seguito all’imposizione delle sanzioni da parte dei Paesi Occidentali». E quando finirà la guerra, i siriani non potranno finanziare la ricostruzione con il petrolio, come è successo in Iraq, avverte il giornale della Cei.

ECONOMIA CROLLATA. «L’esportazione di petrolio si è azzerata», prosegue Avvenire, «prima delle sanzioni la Siria produceva 370mila barili al giorno, mentre attualmente se ne producono 20mila, che sono consumati esclusivamente sul mercato interno». «L’industria manifatturiera, concentrata principalmente  nel settore tessile e nella trasformazione di beni alimentari, produce a un terzo della sua capacità pre-bellica», e il pil turistico, che pesava per il 5 per cento sul prodotto interno, grazie ad importanti siti archeologici, «è azzerato».

PROFUGHI E POVERTÀ. «Il potere d’acquisto delle famiglie è crollato», ricorda Avvenire. «Si stima che il 19 per cento dei siriani viva sotto la soglia di povertà contro l’1 per cento nel 2010». «Si è innescata, infatti – spiega il quotidiano – una spirale inflattiva al momento inarrestabile a causa della moneta che si è svalutata di circa il 400 per cento in due anni. I prezzi alimentari si sono più che triplicati in pochi mesi». Avvenire ricorda inoltre che «il sistema sanitario è al collasso» e solamente «30 ospedali su 75 sono funzionanti, mentre la scarsità di medicinali è un dato di fatto». Nel frattempo «il numero stimato di rifugiati siriani nella regione è ormai intorno ai due milioni».

POCO PETROLIO. «Rispetto all’Iraq la Siria presenta un significativo elemento di debolezza», conclude Avvenire: alla fine della guerra, «l’Iraq, infatti, è stato in grado di attrarre investimenti stranieri nel settore petrolifero che favoriscono la crescita del Pil ed eventualmente nel lungo periodo una maggiore capacità di sviluppo». Non è purtroppo «il caso della Siria, che non può disporre di una tale abbondanza di risorse» e che, finita la guerra, dovrà faticare di più per ricostruire la propria economia.

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