Signor presidente del Pakistan, con Asia Bibi non condannate una colpa, ma il nome di “cristiani”

Appello di Ferdinando Camon a Zardari: «Se la donna avesse commesso qualche colpa, sarebbe giusto processarla, ma se si limita a dichiararsi cristiana e ad affermare la propria fede, non è giusto né imprigionarla né condannarla»

Oggi il quotidiano Avvenire – che da tempo ha lanciato una campagna per la liberazione di Asia Bibi, la cristiana incarcerata dal 2009 in Pakistan e condannata a morte per false accuse di “blasfemia” – pubblica l’appello al presidente della Repubblica islamica di Ferdinando Camon, scrittore italiano tradotto in 22 paesi del mondo. Lo riproponiamo qui sotto.
Anche
Tempi promuove la causa della liberazione di Asia Bibi, diffondendo l’invito di Antonio Socci a esporre l’immagine della donna cristiana perseguitata nei municipi d’Italia e mettendo a disposizione di tutti i lettori un taz&bao con alcune delle straordinarie parole che la donna ha scritto in una lettera pubblicata sempre da Avvenire (le potete leggere qui: «Se mi condannate perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificarmi»).

Signor Presidente Asif Ali Zardari,
la condanna che la Giustizia del suo Paese infligge ad Asia Bibi, incarcerata solo perché è cristiana, ha una lunga storia. È una condanna a cui ricorrevano anche i Romani quando il Cristianesimo cominciava a diffondersi. Allora gli scrittori più illuminati, cristiani o non cristiani, rimproveravano all’imperatore di non punire una colpta, poiché non c’era colpa nei cristiani, ma di punire un nome, il nome di “cristiani”.

La stessa cosa sta succedendo ad Asia Bibi: se Asia Bibi avesse commesso qualche colpa, sarebbe giusto processarla, ma se si limita a dichiararsi cristiana e ad affermare la propria fede, non è giusto né imprigionarla né condannarla.
Lei è presidente di uno Stato che aspira al progresso, è una giusta aspirazione e noi tutti, italiani ed europei, speriamo che la storia la realizzi. Ma, signor Presidente, non esistono tante forme di progresso: esiste solo il progresso che va di pari passo con la civiltà e il riconoscimento dei diritti umani e civili, e, tra questi, quello di Asia Bibi di praticare la sua fede.

Un Pakistan che riconosca questo diritto e doni la libertà ad Asia Bibi, diventerà un Pakistan migliore. Un gesto del genere darebbe grandezza e dignità al suo Paese e al suo governo. Signor Presidente, noi l’aspettiamo.

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