Senza Silvio né pentole né coperchi

Il motore immobile del centrodestra è tornato a far gravitare attorno a sé la politica italiana. Mosse e contromosse del Cavaliere, che sa che l’unica possibilità per tutti gli altri è venire a patti con lui (il diavolo, probabilmente)

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Per giorni sembrava tutto volgere al 2018, alla scadenza naturale della legislatura. Febbraio o maggio, poco importava alla stragrande maggioranza dei 950 parlamentari. Lunga vita all’esecutivo di Paolo Gentiloni. Solo Matteo Renzi, neo segretario in pectore del Pd, scalpitava e pungolava i suoi cercando di convincere i più che sarebbe stato opportuno tornare alle urne prima della legge di stabilità e, soprattutto, prima delle regionali di Sicilia, dove i cinquestelle avrebbero le carte in regola per spazzare via partitocrazia e “accurduni” di palazzo. Un sospiro di sollievo stava per accompagnare così gli ultimi mesi di Camera e Senato. Un mantra continuava a rimbombare da un corridoio all’altro di palazzo Madama e Montecitorio: «La decisione dello scioglimento delle Camere spetta al Capo dello Stato. E Mattarella appare restio alla conclusione anticipata. Il Colle è silente ma sulla questione non ne vuol sapere. Si metterà di traverso».

Settimane a parlottare, a evocare scenari di ogni tipo, a fare e disfare patti nazarenici, a restare appesi all’incidente parlamentare. Poi d’un tratto tutto muta perché il diavolo, alias Silvio Berlusconi, in un’intervista al Messaggero, rompe il ghiaccio e fa la sua proposta: «Patto sul sistema tedesco e si può votare in autunno». Ops. Dalle stanze di Arcore il Cavaliere spiazza tutto e tutti, perfino Matteo Renzi. «Ma dice sul serio?», avrebbe confidato a Luca Lotti. Berlusconi accelera il processo che porta alle elezioni anticipate, desidera però sedersi al tavolo con il Pd di Renzi. Scrivere le regole del gioco assieme ai dem, è uno degli obiettivi di Berlusconi. È convinto il Cavaliere che «si potrà tornare al dialogo con il Pd». Un’affermazione che nasconde quello che nei palazzi e non solo ormai in tanti sostengono: «Berlusconi fa così perché sa benissimo che ormai non ha alcuna chance di vittoria e si prepara a un governo di larghe intese con il Pd». Nel corso delle ore l’accordo si allarga anche al M5s di Beppe Grillo al punto da far dire a Luigi Zanda, presidente dei senatori del Pd e uomo forte del Nazareno, che «l’accordo non investe solo Forza Italia, non si tratta di un patto con Berlusconi, avremo contatti incrociati fra tutte le forze politiche». Parole che dissimulano la parola inciucio e un nuovo Nazareno tra il Pd e gli azzurri.

Negli ultimi vent’anni di patti tra il centrosinistra e il mondo berlusconiano ce ne sono stati diversi. Tutti passati dalla scrivania di Palazzo Grazioli. Non è d’accordo Zanda: «Ma no, se parliamo di legge elettorale è corretto ricordare che il Porcellum è stato scritto e voluto da Berlusconi, mentre l’Italicum è stato votato solo dal Pd perché Berlusconi si sfilò all’ultimo minuto». Di certo c’è, insiste il presidente del gruppo dem a Palazzo Madama, che «la ricerca di un accordo sulla legge elettorale è una cosa sacrosanta».

Recuperare centralità
Il primo nella storia a sedersi al tavolo con Berlusconi è stato Massimo D’Alema. Nella casa di Gianni Letta, il Cavaliere e l’allora segretario del Pds si guardarono negli occhi e strinsero l’accordo su una commissione bicamerale che avrebbe dovuto riformare l’architettura istituzionale. All’epoca fra i collaboratori del segretario del Pds c’era anche Claudio Velardi. Il quale dice a Tempi: «Fu un’intuizione dell’allora riformista D’Alema, che in una fase storica completamente diversa – all’epoca una sinistra ideologica e faziosa si mise di traverso – ci disse: se si vuole un patto di sistema per riformare finalmente la Costituzione si devono sedere attorno allo stesso tavolo la forza centrale del centrosinistra, il Pds, e la forza centrale del centrodestra, Forza Italia. Il patto della crostata fu sottoscritto vergando queste parole».

Velardi racconta a Tempi che l’accordo con Berlusconi era figlio di un sondaggio: «Vent’anni fa noi facemmo delle ricerche sull’orientamento dell’elettorato del Pds e di Forza Italia. Da quello studio si ricavò che ci fossero molte somiglianze fra i due elettorati. Entrambe le platee puntavano a modernizzare il paese. Al di là di quello che poi successe, gli elettorati erano più vicini di quanto si potesse immaginare». Oggi lo scenario è mutato considerevolmente. «C’è un terreno più favorevole – spiega ancora Velardi – perché Renzi si è liberato della sinistra. Renzi è più libero, non risponde alla sinistra ideologica».

Nel corso degli anni c’è stata anche un’evoluzione del Cavaliere di Arcore. Il “diavolo”, sceso in campo all’indomani di Tangentopoli, «è diventato il più politico dei politici», annota Velardi. «Oggi a lui interessa ottenere consenso fino a un certo punto. Più semplicemente gli interessa recuperare centralità». Colui che per anni ha rappresentato l’incarnazione del male, oggi, con l’exploit dei cinquestelle, serve al centrosinistra di Renzi ad arginare i populismi. D’altro canto, sottolineano alcuni, «Berlusconi è in grado di togliere consensi a Grillo perché dentro il grillismo sono finiti parecchi voti di elettori del centrodestra incazzati».

Voto alla tedesca con sbarramento
La strategia del Cavaliere nasconde due elementi. Il primo viene sussurrato dalle stanze di Arcore. «Il presidente sa che dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo arriverà una sentenza non positiva. Dunque quella del voto anticipato resta la sua ultima occasione». La seconda, invece, riporta alle larghe intese, al governo di unità nazionale. Insomma, a quello che succede in Germania da diversi anni a questa parte. Cioè al fatto che, all’indomani delle urne, popolari e socialisti stipulano un patto e formano un esecutivo di destra-centro-sinistra. Il Cav ha mandato avanti lo sherpa delle sue truppe. Da giorni, infatti, Gianni Letta, consigliere e testa pensante delle cose arcoriane, è in continuo contatto con Maria Elena Boschi e Lotti. L’accordo passa da lì: via libera al sistema di voto alla tedesca, anche con gli sbarramenti al 5 per cento. D’altro canto, Berlusconi e i suoi da settimane avrebbero in mente di riunire sotto lo stesso contenitore tutti i cespugli che rispondono al Ppe. Così da portare in dote a Renzi anche un partito di centro che veleggia attorno al 5 per cento. Un tentativo che servirà al Cavaliere per avere più forza durante le trattative. «Fi – si sfoga il leader di Fi con i suoi – non prenderà meno del 20 per cento e il partito di centro a cui sto lavorando non raggranellerà meno del 5».

Ufficialmente nessuno evoca un governo di larghe intese. Bocche cucite. «Non va detto, non si può dire», confidano quadri del Pd. Nel frattempo il “diavolo” continua a corteggiare il segretario del Pd. Si incontreranno per un patto del Nazareno? «Meglio di no», confermano gli sherpa dell’una e dell’altra compagine. «Sarebbe un boomerang e farebbe gridare allo scandalo i cinquestelle», è la tesi di queste ore. Certo, dopo le urne dovranno farlo e a viso aperto. Anche perché il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, vorrà un governo stabile e più in fretta possibile. Meglio portarsi avanti allora e iniziare a vergare un accordo con il “diavolo”, l’uomo di Arcore che un giorno non molto lontano invitò Renzi a villa San Martino. Un diavolo, ma visionario.

@GiuseppeFalci

Foto Ansa

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