Scontro Di Matteo-Bonafede. «Finiranno per arrestarsi fra loro»

Tribunali ridotti a set tv e viceversa. Giornalisti-pm e pm-giornalisti. A questo siamo arrivati nella guerra degli scorpioni in bottiglia

Caro direttore, a proposito della violentissima polemica che ha spiazzato i “duri e puri” pentastellati, epurati dal più puro pm Nino Di matteo (sempre portato da costoro in palmo di mano e inventore della saga “trattativa Stato-mafia”) che ha dichiarato nell’imbarazzo generale che la sua nomina a direttore del Dap non sarebbe stata gradita ai boss mafiosi e dunque il ministro Bonafede non lo avrebbe nominato (ora si assiste peraltro a copiose scarcerazioni di boss per emergenza Covid-19, giusto o sbagliato che sia), mi chiedo: il dott. Di Matteo indagherà il ministro Alfonso Bonafede per trattativa Stato-mafia e andrà a deporre egli stesso quale persona informata sui fatti? Tempi duri per i duri e puri. Cari saluti da un abbonato.
Giovanni Barillà

Caro Giovanni, che spettacolo deprimente. E parlare di “spettacolo” non è fuorviante, dato che il tutto è avvenuto in diretta tv. A questo siamo arrivati, ma non me ne sorprendo: è nella natura delle cose che se tu, per trent’anni, fai diventare le aule giudiziarie dei set tv e i set tv dei tribunali, a questo arrivi. Giudici che, più che inchieste, fanno ricostruzioni giornalistiche e giornalisti che, più che articoli, scrivono sentenze. Non so prendere le parti né dell’uno (Di Matteo) né dell’altro (Bonafede) perché mi paiono del tutto simili, del tutto interscambiabili, del tutto schiavi della stessa logica manettara. Come ha scritto giustamente Mattia Feltri, «siamo alle istituzioni che fanno scena di sé come pupazzetti del Carosello».

È significativo, poi, come hanno notato Luigi Amicone e Alfredo Mantovano, che del merito (situazione carceraria), non frega niente a nessuno. È tutto un teatrino perché, appunto, oggi la giustizia è in mano a questi signori che fanno inchieste non in base a fatti, ma in base a suggestioni (trattativa stato – mafia) e fanno leggi non in base al diritto, ma a slogan e risentimento (spazzacorrotti, abolizione della prescrizione, trojan).

Come insegna la Rivoluzione francese, il Terrore si è concluso con i rivoluzionari che si mandavano l’uno l’altro alla ghigliottina. Oramai siamo alla guerra degli scorpioni in bottiglia. Come diceva Frank Cimini: «Finiranno per arrestarsi fra loro».

Foto Ansa

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