Repubblica degli stagisti: «L’articolo 18 è un mantra del sindacato per bloccare tutto»

Intervista sul mercato del lavoro a Eleonora Voltolina, fondatrice del blog repubblicadeglistagisti.it: «I sindacati smettano di lottare per l'articolo 18, un dettaglio, o la cig, che riguarda i contratti a tempo indeterminato. Pensi alle centinaia di migliaia di persone senza tutele».

Cinque anni fa, dopo una laurea con lode e una gavetta di ben cinque stage (che sembrava destinata a prorogarsi all’infinito), un’aspirante giornalista quasi trentenne decise di ribellarsi. La sua situazione era quella di migliaia di altri coetanei, se non più “anziani”, che si trascinavano da uno stage (spesso nemmeno retribuito) all’altro (al massimo con rimborso spese): perciò l’ex “stagista” Eleonora Voltolina decise di fare di necessità virtù. È nato così un blog, repubblicadeglistagisti.it, il primo in Italia a mettere insieme storie e numeri della generazione Co.co.pro. Non solo il blog ha riscosso un successo tale da trasformarsi in una testata giornalistica che dà regolare lavoro a Voltolina (che la dirige) e ad altre sei persone. Repubblicadeglistagisti, infatti, grazie alle numerose segnalazioni ricevute, ha creato il riconoscimento degli stage di qualità, raccoglie le offerte di lavoro da aziende interessate a non abusare dei contratti precari e offre tutela sui diritti dei lavoratori a tempo, mettendo in comunicazione il gigantesco universo dei precari e le aziende dalle prassi positive. Per questo, lo scorso novembre, Voltolina è stata ascoltata dalla Commissione lavoro della Camera dei deputati dove, dati alla mano, ha illustrato il fenomeno del precariato. A tempi.it commenta la riforma Fornero e il niet di Susanna Camusso sull’articolo 18.

Anzitutto lei ha firmato insieme ad alcuni parlamentari (Pietro Ichino, Emma Bonino, etc.) una denuncia presentata lo scorso settembre alla Commissione europea, in cui si parla dell’«apartheid» esistente nel mercato del lavoro. Ci dà dei dati?
Il punto centrale del nostro mercato l’ho potuto osservare proprio grazie a repubblicadeglistagisti, costretto ad occuparsi non solo di stage. La condizione che oggi osserviamo per i lavoratori 20-30enni è il susseguirsi di varie tipologie di lavoro frastagliatissime, intervallate anche da periodi di disoccupazione. Una situazione indefinita in cui si passa da uno stage a un contratto a progetto, a uno a tempo determinato o di somministrazione. E ritorno indietro, allo stage: perché la cosa grave è che è possibile anche “il passo del gambero”. Abbiamo parlato di “apartheid” perché ci troviamo davanti ad un mercato duale del lavoro. Ci sono anziani assunti dagli anni ’70 fino all’inizio dei ’90, con contratti molto tutelanti, che sono entrati nel mercato del lavoro con quella che allora era la forma quasi unica di contratto, il tempo indeterminato. Le altre forme contrattuali introdotte dalle successive riforme del lavoro, sono state ingiuste perché fatte da vecchi, con una forma di egoismo generazionale, per cui tutto il peso di queste riforme è stato scaricato sui nuovi entranti, sui giovani. Ecco il frastagliamento del diritto del lavoro, con 46 tipologie contrattuali ciascuna con propri diritti, tendenzialmente pochi e di varia natura, e con diverse tipologie previdenziali. Ma quanti sanno poi quali siano questi diritti? Moltissimi collaboratori a progetto, ad esempio, non sanno che per contratto non dovrebbero avere orari di lavoro, o che non dovrebbero chiedere un permesso per rimanere fuori dall’ufficio un giorno. Invece vengono trattati dai datori come dipendenti a tutti gli effetti: invece sono lavoratori autonomi. Si smarriscono i diritti e si apre la porta agli abusi, perché costano di meno.

Quanti sono gli stagisti oggi? E i precari?
Non esistono dati ufficiali sugli stagisti, ma abbiamo lavorato per fare delle stime: questo è un altro problema, perché finora lo Stato non sembrava interessato a fare davvero luce su questo problema. Nell’ultima indagine dell’Istituto Isfol emerge che il 65 per cento degli occupati italiani ha un contratto a tempo indeterminato, ma è significativa anche l’incidenza delle occupazioni atipiche sui giovani tra i 18 e i 29 anni: solo il 54 per cento di loro infatti ha un lavoro a tempo indeterminato e il resto oscilla tra autonomi (10 per cento), contratti di apprendistato (8 per cento) e atipici (25 per cento). Inoltre la metà dei dipendenti a termine ha una continuità lavorativa dai 7 ai 12 mesi: e tra il 2008 e il 2010 solo il 37 per cento degli atipici è passato ad un’occupazione standard. Perciò sono contenta che la Fornero, tra le misure introdotte, dia l’obiettivo di un costo maggiore del lavoro precario. Non si possono eliminare i contratti a progetto, esistono dei lavori che lo richiedono, ma dev’essere ben chiaro che non se ne deve abusare.

Dato il suo punto di osservazione privilegiato, come giudica le proposte messe in campo dal governo?
Molte delle proposte del ministro Fornero le portiamo avanti anche noi da anni. L’apprendistato è un tipo di contratto fantastico, di cui chiedevamo il rilancio fin dal 2009, nella nostra carta dei diritti dello stagista. Anche l’ex ministro Maurizio Sacconi ha lavorato su questo fronte. Vorrei ricordare però che bisogna agire sul numero. Da una ricerca condotta da Isfol risulta infatti che l’apprendistato è in continuo calo: oggi ci sono 542 mila contratti di questo tipo. L’unico modo per incentivarli è depotenziare allora il suo “concorrente diretto sleale”, lo stage, che è ancora troppo conveniente per un’azienda rispetto all’apprendistato. Un’ottima soluzione è anche il contratto unico, cioè il contratto a tempo indeterminato a tutele progressive. Un contratto che “costa”, perché implica una riforma sostanziale del sistema di collocamento e dei sussidi di disoccupazione. Ma questi costi, nell’ottica del ministro, saranno abbassati perché a carico delle imprese, che pagherebbero questo dazio in cambio di maggiore flessibilità in uscita. Questa “flessibilità buona” è richiesta e ben vista dalle aziende, lo hanno dimostrato tanti nostri studi. Vedo bene anche il salario minimo per gli atipici, che non hanno agganci con il contratto nazionale di categoria, e spesso oggi vivono con retribuzioni da 700 euro. E mi piace anche la riforma degli ammortizzatori sociali, con l’ipotesi di un sussidio di disoccupazione esteso davvero a tutti. Il reddito minimo (l’altra ipotesi di incentivo per chi perde il lavoro, ndr.) ci convince meno: abbiamo calcolato che servirebbero dai 6 ai 10 miliardi di euro. Comunque credo che la Fornero su questo abbia in mente una misura molto specifica, ben più condivisibile del reddito minimo urbi et orbi, riservata ad alcune categorie (giovani alla ricerca del primo lavoro) e per durata e quantità minima.

Ma la battaglia dei sindacati, Cgil in testa oggi verte su articolo 18 e cassa integrazione, che vanno tutelate. Cosa ne pensa?
Il sindacato non è mai stato in grado per anni di prendere provvedimenti per i giovani, si sono svegliati solo l’anno scorso. Io non penso che il sindacato sia la causa del mercato duale, ma è sicuramente vero che il sindacato si attacca a questioni minoritarie, tipo l’articolo 18, che riguarda un numero esiguo di lavoratori. Eppure è un dettaglio su cui combatte da oltre 10 anni. È come un mantra per il sindacato, che viene utilizzato per porre le proprie condizioni, Mentre a mio modesto parere i sindacati dovrebbero mettere come priorità assoluta le condizioni di centinaia di migliaia di persone che oggi non hanno alcuna tutela da contratto. La priorità numero uno deve essere garantire diritti e occupazione giovanile. Allo stesso modo, della cassa integrazione dico che non è la priorità, perché oggi ne usufruisce una piccola minoranza di lavoratori: chi ha contratti a tempo indeterminato, e ha lavorato in un’azienda con più di 15 dipendenti ma viene lasciato a casa. Ormai da anni in Italia si usa la cig come ammortizzatore sociale per persone vicine alla pensione, su aziende che non hanno alcun piano industriale di ripresa. È stato un uso snaturato della funzione della cig e prima o poi si sarebbe dovuto intervenire come sta facendo ora il ministro Fornero.

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