Per i rave party serve una legge ad hoc, diceva Lamorgese

I reparti mobili della polizia nell’area esterna al capannone dove era in corso un rave party nella zona nord di Modena, 31 ottobre 2022 (Ansa)

Si fa un gran parlare del rave party bloccato a Modena perché non “autorizzato”. I raduni con tanti avventori, specialmente giovani, dovrebbero avvenire in luoghi sicuri e garantiti. Ci vogliono capienza adeguata, impianto anti incendio, porte di sicurezza, uscite di sicurezza, servizi igienici, perfino i defibrillatori… I vigili del fuoco devono dare l’assenso. Per questo bloccarli se non autorizzati è giusto per la sicurezza e l’incolumità delle persone, specialmente se abituate allo “sballo”.

Abbiamo sotto gli occhi la disgrazia di Seul con 156 giovani morti nella calca e la mancanza di sicurezza. Ricordiamo anche la notte dell’8 dicembre 2018, presso la discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, nelle Marche, dove era previsto un concerto del rapper italiano Sfera Ebbasta, poco prima dell’arrivo dell’artista alcuni individui spruzzarono nella sala dello spray al peperoncino causando panico tra la folla presente, che, anche a causa della chiusura di una delle due uscite d’emergenza, si diresse in massa verso quella posta sul retro del locale. Durante la fuga la balaustra del ponte cedette facendo precipitare numerose persone nel fossato, molte delle quali rimasero schiacciate e altre calpestate dalla folla.

Secondo gli investigatori, al momento della sciagura, nella sala erano presenti circa 1.400 persone, nonostante la capienza massima autorizzata fosse di 469 persone. Morirono 6 giovani.
Ci vuole “buon senso” come ha affermato Bonaccini, il presidente della Regione Emilia Romagna.

Gabriele Soliani, Reggio Emilia

Sì, concordo. Oltre al buon senso, serviva dare un segnale politico (e questo il governo lo ha fatto col decreto) e servirebbe un po’ di “senso educativo”, se mi passa l’espressione.

Servirebbe anche smetterla di urlare al fascismo, parlando di “decreto manganello”. Che occorresse fare qualcosa lo diceva anche Luciana Lamorgese. Riporto qui di seguito un estratto dell’intervista che l’ex ministro degli Interni rilasciò al Messaggero nel novembre 2021.

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A distanza di pochi mesi dal rave di Viterbo, la scena si è ripetuta a Torino, e prima ancora è mancata la prevenzione nella manifestazione del 9 ottobre a Roma. Quali le difficoltà?

«I rave party si sono sempre svolti. Solo nel 2018 ci sono stati almeno una cinquantina di raduni clandestini, dalla centrale di Montalto di Castro alla fabbrica ex Viberti di Nichelino. E come è stato osservato in più occasioni, le leggi in vigore non ci mettono in condizione di contrastare questi grandi rave illegali come avviene in altri Paesi d’Europa dove le norme sono più severe. Sono consapevole del senso di preoccupazione che questo fenomeno determina nell’opinione pubblica, sia per i comportamenti illegali connessi all’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, sia per i riflessi sulla possibile diffusione dei contagi».

Cosa si può fare in Italia?

«Non può certo essere ignorata la sentenza della Corte di Cassazione del 2017 incentrata sulla non punibilità degli organizzatori degli eventi non indetti nell’ambito di una attività imprenditoriale. I casi che si sono sinora verificati hanno riguardato raduni organizzati con un passaparola clandestino attraverso il web e soprattutto i social network, in particolare tramite canali privati e coperti come Telegram».

Mancano prevenzione o leggi ad hoc?

«Sono convinta che serva un intervento normativo per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto. Il ministero dell’Interno sta lavorando ad un’ipotesi di fattispecie criminosa che consenta di disporre la confisca obbligatoria dei veicoli e degli strumenti necessari per l’organizzazione dell’intrattenimento e che preveda l’obbligo del ripristino dei luoghi. Sul piano preventivo, potremmo introdurre la possibilità di ricorrere ad altri strumenti investigativi, come già avviene per diversi reati di particolare gravità. Tutto questo per allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei, nei quali, evidentemente, oggi gli organizzatori dei rave party rischiano molto di più. Su queste ipotesi ci sarà un confronto con il ministero della Giustizia».

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