Più di 20 tibetani nell’ultimo mese si sono dati fuoco per protestare contro la Cina

Tre tibetani e una giovane monaca si sono dati fuoco ieri e domenica per protestare contro l’oppressione cinese, mentre una delle rarissime manifestazioni di studenti tibetani veniva repressa dall’esercito comunista. Le auto-immolazioni sono avvenute in tre diverse provincie: Gansu, Sichuan e Qinghai. Dal 2009 a oggi già 85 persone si sono date fuoco, ma il numero delle persone che sceglie questa estrema forma di protesta cresce di giorno in giorno tanto che più di 20 persone l’hanno fatto nell’ultimo mese.

TUTTI VENTENNI. La monaca tibetana Sangay Dolams è morta domenica scorsa dopo essersi data fuoco fuori dal monastero di Mindrol Thagyal Ling, nella contea di Rebgong. Kunchok Tsering, 18 anni, è morto lunedì a Achok mentre l’ex monaco Wang Gyal, 20 anni, si è dato fuoco sempre lunedì a Serthar, nel prefettura autonoma tibetana di Kardze. Le autorità l’hanno portato via immediatamente: non si sa dove sia ora, se sia morto o vivo. Sempre lunedì, infine, Gonpo Tsering, 24 anni, è morto bruciato nella prefettura di Kanlho. Il Tibet vive sotto la dominazione cinese dalla “liberazione pacifica” maoista del 1950, il governo un tempo guidato dal Dalai Lama è in esilio a Dharamsala dal 1959 dopo il massacro di circa 70 mila persona a Lhasa, capitale del Tibet.

AUTOIMMOLAZIONI ATTI DI STUPIDITÀ. Lunedì gli studenti della scuola di medicina della contea di Chabcha nella prefettura tibetana autonoma di Tsolho sono scesi in piazza per protestare contro un testo diffuso dal governo cinese della zona, che parla delle autoimmolazioni come «atti di stupidità» e della lingua tibetana come «irrilevante». Gli studenti tibetani a cui il libro è stato distribuito hanno protestato e 20 di loro, pestati dall’esercito, sono finiti all’ospedale. Quando agli studenti è stato dato in mano il libro, l’hanno bruciato e hanno gridato al rispetto della libertà di educazione, riporta Radio Free Asia.

PROTESTE IN COSTANTE AUMENTO. Negli ultimi mesi la Cina ha dispiegato forze ingenti nelle aree tibetane per evitare l’aumento delle proteste e delle autoimmolazioni. Nonostante questo sempre più tibetani si danno fuoco a causa di quello che il Dalai Lama ha chiamato «genocidio culturale». Nonostante il leader spirituale e i tibetani residenti a Dharamsala abbiano chiesto ai tibetani di smettere di darsi fuoco come forma di protesta, perché ogni vita è preziosa, la repressione cinese e le condizioni di vita sotto la dominazione comunista sono tali che i «tibetani non si fanno più intimidire dall’aumento delle misure di sicurezza e sempre più persone sono pronte a darsi fuoco per la libertà», spiega Mary Beth Markey, presidente dell’associazione Campagna internazionale per il Tibet.

@LeoneGrotti

Exit mobile version