Perché mi sento figlio della santa di Canossa e di don Giussani

Pubblichiamo la rubrica di Aldo Trento contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Caro padre Aldo, il 10 maggio ho incontrato un sacerdote che mi ha ricordato che quel giorno era la festa di santa Maddalena di Canossa, fondatrice delle figlie e dei figli della carità. Parlando di questa grande donna e dei suoi “figli”, mi ha anche detto di conoscerti e che ha vissuto con te dall’età di 11 anni e fino ai 42, quando tu, per una grave crisi, avevi chiesto di uscire dalla congregazione dei “figli della carità canossiani”. Perché questa tua scelta?
Lettera firmata

Grazie di offrirmi l’opportunità per raccontare una parte essenziale della mia storia, senza la quale non esisterebbe l’attuale. La vita come la vocazione si sviluppa secondo passi infinitesimali e, dentro questo cammino, uno va scoprendo il disegno che Dio ha per lui. Per questo non mi sono mai sentito un figlio prodigo, ma un figlio della carità “canossiano” anche se oggi giuridicamente faccio parte della Fraternità sacerdotale dei missionari di san Carlo Borromeo. E lo affermo con tutto il cuore: sì, sono un figlio di Giussani, ma pure di santa Maddalena di Canossa.

Per questo sono commosso, perché queste opere che Dio ha fatto («che grandi opere di Dio esistono laggiù», ha detto papa Francesco ad un amico) usando questo poveraccio, rispondono al carisma della Canossa: «La gloria di Dio e il servizio degli ultimi». È proprio strano il modo con cui Dio compie in me ciò che mi affascinò a 11 anni, rivelatosi in modo dirompente nella mia vita grazie alla domanda inaspettata di un canossiano durante la confessione. Da quel momento “il pensiero dominante” dei miei giorni divenne questo appassionato amore a Gesù. Ricordo ancora il giorno in cui andai via di casa. Molti anni dopo mia madre mi raccontò della sua sofferenza per averla lasciata sola e di quella di papà. Al loro dolore rispondeva la mia gioia di essere un piccolo canossiano. Il seminario estivo era a Cima Loreto. Per 6 anni passai le vacanze in quell’angolo di paradiso. Eravamo 70 seminaristi. Fu in quegli anni che imparai il carisma dei canossiani. Ma anche i miei genitori lo vivevano e dopo tanto dolore, anche loro furono felici della mia scelta.

Per diventare sacerdote il cammino è stato duro e lungo, ma ero felice. Tutto procedeva bene quando, d’improvviso, scoppiò il ’68. Fu una rivoluzione, una ribellione che entrò anche nei seminari. L’amore ai poveri come frutto dell’amore a Gesù si trasformò in ideologia. Quando il 20 giugno del 1971 mi ordinarono sacerdote mi sentivo realizzato. I superiori mi inviarono a Conselve, in provincia di Padova, e lì venni a contatto con Potere Operaio. Piano piano l’ideologia mi mangiava il cervello e le mie prediche si trasformarono in comizi. Fui mandato a celebrare Messa nel ricovero per anziani, però, invece di mettere la testa a posto le cose peggiorarono. Venni spostato come assistente in un istituto che albergava i figli di carcerati della provincia di Salerno e a insegnare al liceo scientifico di Battipaglia.

Quei quattro ragazzi
Fu lì che incontrai quattro ragazzi di Comunione e liberazione. Rimasi affascinato dalla loro amicizia, dal loro amore a Cristo. Dopo due anni tornai vicino alla mia famiglia, ma ormai era accaduto un incontro destinato a cambiare radicalmente la mia vita e il mio modo di vivere la realtà. Rimasi 15 anni a Feltre (BL), lavorando con i ragazzi e proponendo il fatto che aveva toccato la mia vita, ridandole gusto e speranza.

Fu allora che cominciò un forte esaurimento che mi aveva tolto la voglia di vivere e mi aveva fatto precipitare in una solitudine spaventosa. Chi poteva aiutarmi? Solo don Giussani e così mi consegnai totalmente a lui. Fu l’inizio della seconda parte della mia vita, la più dura ma anche la più feconda.

Attraverso una modalità che solo Dio poteva pensare, l’incontro con Giussani ha salvato la mia vita e ha permesso che il carisma che mi aveva affascinato diventasse carne nella mia vita, facendomi povero con in poveri e ora ammalato con gli ammalati. Figlio della santa di Canossa e del servo di Dio don Luigi Giussani. Con questa coscienza sarò felice, quando Dio vorrà portarmi in Paradiso, da dove vedrò la lunga strada della mia vita, piena di tornanti come quella che dal mio paese conduce al Passo Rolle e da lì alla Baita Segantini.
paldo.trento@gmail.com

Exit mobile version