Oms alla guerra del sale. «Ma niente paura, nessuno vi ordinerà di mangiare insipido»

L'Organizzazione mondiale della sanità vuole ridurre il consumo di un terzo in dieci anni. Intervista a Pasquale Strazzullo (Università di Napoli)

Dopo la crociata contro lo zucchero, l’Organizzazione Mondiale della Sanità muove le truppe verso i consumatori incalliti di sale. Ridurre l’assunzione di sale di un terzo nei prossimi dieci anni è infatti uno dei nuovi obiettivi dell’Oms, che allo scopo ha lanciato un appello a tutti i paesi. Oleg Chestnov, esperto di malattie non trasmissibili, spiega così la nuova guerra: «Se riuscissimo a centrare il traguardo di una riduzione dei consumi pari al 30 per cento entro il 2025, milioni di vite potrebbero essere salvate da attacchi di cuore, ictus e altre malattie correlate». Per capire meglio cosa fare e quanto sia serio l’allarme, tempi.it ha chiesto un parere al professor Pasquale Strazzullo, dell’università Federico II di Napoli, coordinatore da parecchi anni di un gruppo di lavoro sulla riduzione del consumo di sale in collaborazione con il ministero della Salute.

Professor Strazzullo, c’è una grande confusione sulla percentuale giornaliera consigliata di sale. Può chiarirci quale effettivamente sia la più giusta?
Proprio nei prossimi mesi verranno pubblicati i nuovi risultati di studi fatti su questi valori, la cosiddetta Rda, Recommended Daily Allowance. In attesa di conoscerli, possiamo attenerci a quanto consiglia l’Oms, cioè di non superare i 5 grammi di sale al giorno. Questo valore vale per gli adulti, per gli anziani, ma anche per le donne in gravidanza o in fase di allattamento. Per i bambini invece il discorso è diverso, perché il peso è inferiore: per loro la Rda è di circa 3,5 grammi al giorno.

Ma la confusione del consumatore continua. Quanti sono 5 grammi di sale?
Per semplificare spesso si dice che “5 grammi di sale corrispondono a un cucchiaino”. Potrebbe essere giusto in linea di massima, ma non applicato alla vita quotidiana. I due terzi del sale che assumiamo quotidianamente sono occulti, contenuti già negli alimenti e nei prodotti che ingeriamo. Perfino negli alimenti dolci è contenuta una percentuale di sale, eppure non ne siamo consapevoli. Io infatti consiglio ai miei pazienti ipertesi di non portare mai la saliera in tavola, di lasciarla in dispensa.

Addirittura?
Da qualche parte bisogna pur cominciare, ed è molto più facile di quanto sembra. Per esempio, basterebbe limitare il consumo domestico, inteso come sale aggiunto nell’acqua di cottura. I più scrupolosi potranno poi eventualmente valutare anche le tabelle degli ingredienti dei prodotti, una lista chiara che è su ogni etichetta. Si potrà notare come tra barattoli di legumi di marche diverse, così come tra pacchi di biscotti diversi, vi siano importanti differenze nel contenuto di sodio.

Sale e sodio. Qual è la differenza?
Se partiamo dalla razione giornaliera consigliata dall’Oms, quella dei 5 grammi, si può fare una semplice percentuale. A 5 grammi di sale corrispondono 2 grammi di sodio (che è invece una percentuale da calcolare su un peso di 100 grammi di prodotto). Se su una etichetta è riportato il contenuto in sodio, basta moltiplicare per 2,5 e si avrà il contenuto di sale corrispondente. Il problema è non farsi ingannare da alcune etichette, spesso sembra quasi che sodio e sale si equivalgano ma non è così.

È vero che la cucina italiana è più ricca di sale rispetto a cucine di altri paesi?
Se prendiamo casi limite, come i capperi, le acciughe o il baccalà, allora sì, ma si tratta di alimenti che vengono conservati proprio sotto sale. Se accuratamente sciacquati, non hanno niente di più nocivo rispetto ad altri alimenti. Se pensiamo invece ai formaggi e ai salumi, nella cosiddetta piramide alimentare troviamo entrambi gli alimenti nelle posizioni più alte, quelle da “consumarsi una o due volte alla settimana”. Non saranno quelle due volte alla settimana di buoni prodotti italiani a fare danni sul corpo umano, ma certo non si dovrebbe eccedere nei restanti giorni.

Spesso però l’alimentazione mediterranea è stata colpevolizzata, anche dai mass media americani, per via della pasta o dell’olio.
Questo perché noi italiani abbiamo sempre questa brutta abitudine di colpevolizzarci o di piangerci addosso. Altro che abbandonare la dieta mediterranea, dovremmo invece capire come tornare indietro rispetto all'”americanizzazione” delle nostre dispense. Tra snack e merendine abbiamo perso di vista ciò che di buono c’è sulle nostre tavole.

Cosa consiglia ai suoi pazienti?
Che regolare l’uso di sale è molto più semplice di quanto si creda. Non chiedo loro, da un giorno all’altro, di mangiare cibi completamente insipidi, ma di far diminuire gradualmente la dose di sale giornaliera, del 15-20 per cento. Mi creda, è molto più difficile smettere di fumare. Il palato si adatta facilmente.

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