Moschee. «Milano scelga quale islam legittimare»

La giunta Sala vuole la sanatoria per i più discussi centri islamici, «ma non si risolve con l'urbanistica un problema culturale e politico». Intervista al consigliere Matteo Forte.

«Non si può pensare di risolvere con uno strumento di mera urbanistica un problema di natura culturale e politica: dobbiamo scegliere che tipo di islam legittimare». Matteo Forte, consigliere comunale di Milano Popolare chiarisce a tempi.it che quanto riportato dalla stampa sul cosiddetto “piano delle attrezzature religiose” della giunta Sala «non è stato presentato in Aula, non sappiamo ancora in base a quale meccanismo siano state individuate le situazioni da regolarizzare e perché almeno sei di queste riguardino i luoghi di culto islamici. Tuttavia quando leggiamo che tra queste rientrano i casi di via Maderna o di Cascina Gobba/viale Padova non possiamo non farci delle domande».

IL CASO DI VIA MADERNA. Dopo la presentazione delle linee guida del Piano di governo del territorio è il turno del suo allegato più discusso, il “piano per le attrezzature religiose”, «partito dalla richiesta della Regione a guida leghista, quando c’era ancora Maroni», attacca il sindaco Beppe Sala. «Quando hai 70 mila concittadini che, come dice la Costituzione, hanno diritto a professare la loro fede, il mio compito è di aiutarli. Il resto sono polemiche sterili». Il piano dovrebbe prevedere la messa a norma di quattro immobili già adibiti abusivamente a luoghi di preghiera musulmani, più altre aree comunali da assegnare con bando pubblico aperto a tutti i credo. Tra quelli già esistenti, figura l’immobile di via Maderna (lo stesso sul quale comparvero dei minareti durante i lavori di ristrutturazione nel 2013, lavori bloccati da Palazzo Marino che non aveva ricevuto alcuna richiesta di realizzazione di un luogo di culto laddove sorgeva un capannone ad uso artigianale), gestito dalla comunità islamica turca Milli Gorus, «che anche quest’anno è finita tra le “associazioni islamiste” da tenere d’occhio per l’annuale rapporto sulla sicurezza del ministero degli Interni tedesco», spiega Forte.

IL CAIM E IL QATAR. «Quando poi leggiamo di via Padova/Cascina Gobba, di cosa stiamo parlando? Si tratta di due comunità islamiche distinte e in conflitto tra di loro». All’interno dell’associazione Al-Waqf Al-Islami in Italia che gestiva la moschea di viale Padova e a cui si fa riferimento parlando dell’area, è nata una spaccatura finita in tribunale proprio a causa della realizzazione, da parte di alcuni membri del cda, della moschea di Cascina Gobba, oggi legata al Caim, «che ogni volta che ha presentato progetti di luoghi di preghiera a Milano ha sempre parlato di finanziamenti provenienti dal Qatar. Sappiamo benissimo che il Qatar finanzia il network della Fratellanza musulmana, che l’ha molto sostenuta durante le primavere arabe per diventare egemone nel mondo sunnita, nella sua eterna battaglia con l’Arabia Saudita. Stiamo parlando dunque di realtà che hanno una concezione della società e della partecipazione politica radicata nell’islam fondamentalista che cozza con i princìpi dello stato liberale e democratico. Ripeto, non si tratta di urbanistica o di garantire il pieno diritto di culto – a Corsico è sorto il più grande centro buddista d’Europa –, ma di scegliere quale islam vogliamo legittimare».

SELEZIONARE GLI INTERLOCUTORI. La richiesta di luoghi di preghiera da parte dei musulmani milanesi c’è, e Matteo Forte condivide, anche se parzialmente, il tema sollevato dal sindaco sulla necessità di fare piena luce sulle situazioni di irregolarità; tuttavia è singolare che durante le ultime due amministrazioni del centrosinistra le istanze del Coreis, o delle comunità marocchine, somale, senegalesi o egiziane, legate alle rappresentanze diplomatiche musulmane e copte, «non siano mai state prese in considerazione». Oltre a via Maderna e Padova/Cascina Gobba si parla di via Gonin (associazione culturale no profit Der El Hadith) e via Quaranta (Comunità Islamica Fajr); tra le aree dove realizzare i nuovi luoghi di culto si cita invece “un’area da individuare all’interno dell’ambito del parcheggio Trenno di via Novara”, la stessa presa d’assalto dai tifosi del Meazza tutti i weekend. E c’è chi annuncia battaglia brandendo la cosiddetta legge “antimoschee” regionale, «che integra sì una norma urbanistica del 2005 con una serie di vincoli per la realizzazione di nuovi edifici di culto, ma che non risolve il problema: possiamo parlare di paletti, metri quadri, parcheggi, telecamere, lingua quanto vogliamo. Ma in mancanza di una legge sulla “questione islamica” (sulla formazione degli imam esistono solo pareri del comitato dell’Islam insediato al Viminale e la cronaca continua ad offrirci esempi di islam radicalizzato nei “centri culturali” delle città italiane) la politica deve avere il coraggio di fare una scelta tra i suoi interlocutori».

Foto Ansa

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