Milei vuole rilanciare l’Argentina, inizia l’offensiva contro di lui

Un megadecreto di necessità e urgenza già promulgato e una legge-omnibus da votare in Parlamento. Il neopresidente vuole far ripartire l'economia. Media di sinistra, sindacati, funzionari Onu e Maduro lo attaccano

Proteste a Buenos Aires contro le misure volute dal nuovo presidente Javier Milei (foto Ansa)

DNU, acronimo che sta per Decreto di Necessità ed urgenza, è la parola sulla bocca di tutti in Argentina da mercoledì scorso, quando il presidente Javier Milei lo ha presentato. Dodici le abrogazioni normative contenute nel megadecreto tra cui la legge sugli affitti (obiettivo è che il mercato immobiliare funzioni di nuovo e l’affitto non sia più un’odissea), quella dell’approvvigionamento in modo che lo stato non violi più il diritto di proprietà individuale, la legge sui prezzi dei supermercati, affinché lo stato smetta di controllarli, e quella sugli acquisti che oggi avvantaggia solo alcuni settori del settore imprenditoriale.

Eliminato l’Osservatorio Prezzi del ministero dell’Economia per evitare come nel recente passato la persecuzione alle imprese, al pari delle leggi di promozione industriale e commerciale e di quelle che impediscono la privatizzazione delle società pubbliche.

Il megadecreto Milei

Il megadecreto Milei contiene anche altre 18 misure per rilanciare l’Argentina, tra cui la trasformazione di tutte le imprese statali in società per azioni, la modernizzazione del regime del lavoro per facilitare la generazione di occupazione, la riforma del Codice doganale per far crescere il commercio internazionale, l’autorizzazione al trasferimento del pacchetto azionario totale o parziale di Aerolineas Argentinas, l’attuazione della politica di cieli aperti e la modifica del Codice civile e commerciale per rafforzare il principio della libertà contrattuale tra le parti.

Introdotta l’istituzione della prescrizione sanitaria elettronica per semplificare il servizio e ridurre al minimo i costi, cambiati il regime delle aziende farmaceutiche per promuovere la concorrenza e la legge sulle società di calcio in modo che possano diventare società per azioni, se lo desiderano. Deregolamentati infine i servizi internet via satellite ed il settore turistico, eliminando il monopolio delle agenzie, ed integrati gli strumenti digitali per le procedure di registrazione delle auto.

I sindacati peronisti vogliono fermare le misure di Milei

Bloccare queste trenta misure contenute nel DNU di Milei è la priorità dei poderosi sindacati peronisti, con in testa le sigle di CGT, la Confederazione Generale del Lavoro, CTA e della cosiddetta CTA “Autonoma”, che hanno già in mente uno sciopero generale per il prossimo 28 di dicembre. Sul piede di guerra anche i movimenti kirchneristi, comunisti e femministi, che sono disposti a fare un salto di qualità rispetto al tutto sommato “pacifico cazerolazo” dello scorso mercoledì in cui i blocchi di strade e ferrovie nel paese del tango sono stati minori rispetto a quelli temuti dal governo insediatosi il 10 dicembre.

Di certo le temute manifestazioni del 20 dicembre sono state contenute grazie al protocollo anti blocchi per garantire il diritto alla circolazione, anche se è bastato quella misura per scatenare Nicolas Maduro (per inciso, denunciato davanti alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e ideatore dell’Helicoide, oggi il più grande centro di tortura dell’America latina).

Il dittatore venezuelano ha infatti denunciato a reti unificate che Milei starebbe “massacrando” il popolo argentino seguendo la «dottrina repressiva degli Stati Uniti e di Israele». E ammonendo che se «l’estrema destra neonazista ha vinto in Argentina non rimarremo in silenzio, perché l’arrivo di un estremista di destra con un progetto assolutamente coloniale, inginocchiato all’imperialismo nordamericano, è una minaccia tremenda». Dulcis in fundo Maduro ha accusato Milei di portare avanti «il progetto ultra-neoliberale imposto negli anni Settanta con i colpi di stato di Pinochet in Cile, di Videla in Argentina e in Uruguay».

L’offensiva dei media progressisti contro Milei

La nuova narrazione di Maduro è la stessa di molti media un tempo autorevoli. Un buon esempio è l’iberico El Pais, dove il protocollo anti-picchetto del governo Milei è stato descritto come un piano per reprimere le proteste (come in Cina, Russia, Cuba, Nicaragua, Venezuela e simili paesi “democratici” verrebbe da aggiungere). Il protocollo di Milei è in realtà la stessa risposta usata da tutti i paesi democratici del mondo nei confronti delle manifestazioni non autorizzate. Nel caso specifico, il piquete, ovvero bloccare le strade, è diventato un lavoro forzato nell’Argentina peronista, dal momento che le associazioni sociali che li gestiscono costringono le persone più umili ad andare alle marce, minacciando di lasciarle senza il “piano sociale” (il sussidio).

La Jornada del Messico, in un ampio reportage, aveva addirittura anticipato la «feroce repressione» del 20 dicembre scorso, collegando il nuovo protocollo anti-picchetto del governo Milei all’ultima dittatura militare argentina e al dramma del dicembre 2001, quando l’allora presidente De La Rua (ovviamente non un peronista) scappò in elicottero dal tetto della Casa Rosada. Ovvio che il kirchnerismo sogni una imminente e analoga fuga in elicottero di Milei. Più preoccupante, invece, che la narrativa di Maduro sia stata rilanciata dal relatore speciale delle Nazioni Unite, Clement Voule e da autorevoli organizzazioni per i diritti umani.

Il presidente argentino rilancia con una legge-omnibus

Nonostante denunce, scioperi generali alle porte, peronismo kirchnerista, media e funzionari Onu sul piede di guerra, Javier Milei ha raddoppiato la sua scommessa con una legge-omnibus convocando sessioni straordinarie del Parlamento a partire dal 26 dicembre (dureranno fino al 31 gennaio 2024). L’ordine del giorno nella convocazione delle sessioni straordinarie si compone di 11 punti che comprendono una serie di proposte di legge per riformare le funzioni dello Stato, istituire lo scrutinio cartaceo unico, modificare l’imposta sul reddito delle persone fisiche ed autorizzare il presidente ad assentarsi dal paese del tango nel 2024, quando lo richiedono ragioni governative.

Nella legge-omnibus sono stati inseriti anche l’approvazione di accordi con Giappone, Lussemburgo, Cina e Turchia per l’eliminazione delle doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e la prevenzione dell’evasione/elusione fiscale, un patto per la protezione reciproca degli investimenti con gli Emirati Arabi Uniti e l’esame dei trattati internazionali.

Il megadecreto di Milei è già stato impugnato

Lasciando da parte i minacciosi deliri del dittatore del Venezuela e di chi vorrà rilanciarli prendendoli per buoni, il DNU di Milei ovviamente tiene banco anche nel mondo politico, visto che il presidente argentino non ha una maggioranza in Parlamento. Non a caso, dieci minuti dopo la sua pubblicazione, giovedì scorso in Gazzetta Ufficiale, è stato impugnato di fronte alla giustizia. A farlo l’Osservatorio del Diritto alla Città e due sindacati poderosi, l’Unione Autonoma dei Lavoratori dell’Argentina (CTA) e l’Associazione dei Lavoratori Statali (ATE). Primi firmatari della denuncia l’ex deputato filochavista Claudio Lozano, il segretario generale della CTA Autonoma, Hugo “Cachorro” Godoy, e quello dell’ATE, Rodolfo Aguiar, che hanno chiesto al giudice Esteban Furnari di dichiarare l’incostituzionalità e la nullità assoluta della DNU.

Per loro Milei si è «arrogato poteri straordinari», commettendo un «abuso del diritto pubblico che viola il principio repubblicano della divisione dei poteri». Vedremo che farà Furnari, noto in Argentina per due cose: avere chiuso le scuole di Buenos Aires durante la pandemia ed essere stato nominato da Carlos Zannini. Zanini, alias el «monje negro» che passò il Natale del 2017 dietro le sbarre per avere sempre protetto in quanto suo «consigliere personale» la vicepresidente uscente, Cristina Kirchner nelle sue infinite traversie giudiziarie.

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