La strampalata arringa di Murgia processata dalle bimbe di Murgia

Accusata di transfobia per avere usato desinenze maschili, la papessa del linguaggio inclusivo spiega di avere urtatə moltə per catechizzare tuttə. Soprattuttə chi non è «avanti» come la bolla

Michela Murgia accusata di pratiche linguistiche transfobiche e cosa ironizziamo cosa, noi qui cresciuti a pane, salame e stereotipi di genere: se la venerabile Murgia, già papessa del linguaggio inclusivo, ha mancato di rispetto a tuttə come un redattore di Tempi qualunque non dovremmo sentirci che in colpa. In fondo, ha spiegato insieme alla compare di schwa Chiara Tagliaferri, lo ha fatto solo a beneficio di noialtri incolti scappati di casa: «Restare efficaci è una scelta politica più urgente che restare perfettamente ortodosse rispetto a una bolla che è necessariamente più avanti di chi non fa militanza», capito? No? Perché siete indietro e non vivete nella bolla, cioè in provincia di Instagram, il buen ritiro degli scrittori quando non si danno all’onanismo intellettuale nella parrocchietta di Twitter.

Nonostante riguardi Murgia – la mitragliatrice delle desinenze del maschile sovraesteso da sostituire con lo schwa (il simbolo dell’alfabetico fonetico “ə”), perché siano rispettate le identità non binarie (cioè parla di studentə, tuttə, nerə, eruropeə, italianə) e alla fine nessunə ci capisce più niente (qui Flavia Fratello alle prese con un pezzo in rassegna di Murgia Radio Radicale e «un’intonazione a metà tra il calabrese e il campano che rende un po’ complicata la lettura…».) -, proviamo a spiegare la vicenda in italiano.

Transfobia, il podcast incriminato

Il 17 dicembre le scrittrici Michela Murgia e Chiara Tagliaferri tornano su Storielibere con una nuova serie del loro celebre podcast Morgana dedicata al corpo femminile. E di che parlano nella prima puntata? Ma ovviamente delle sorelle Wachowski, Lily e Lana, menti e regia della trilogia Matrix, che solo a noi biechi oscurantisti appassionati di biologia scapperebbe di chiamare “fratelli” in quanto, fino a qualche anno fa, prima di cambiare sesso e venire arruolate in un podcast sul corpo femminile, si chiamavano Andy e Larry, Andrew e Laurence. Eppure, colpo di scena, a chiamarli così, cioè raccontare la loro storia a partire da quando avevano ancora 10 anni e nessuna velleità di transitare, sono state proprio le curatrici di Morgana.

Apriti cielo! Per aver usato verso Lily e Lana anche nomi e pronomi maschili, la portatrice sana di schwa e di asterischi – nonché indubbiamente la madre di tutte le seconde mutazioni del politicamente corretto e dei suoi codici deliranti così bene individuati da Ricolfi – è stata accusata degli stessi crimini da lei imputati tutti i giorni a tutti i maschi, bianchi, etero d’Italia: misgendering e dead naming, cioè in questo caso accordare al maschile verbi e aggettivi e citare i nomi alla nascita dei transgender (vedi il caso Ellen/Elliot Page). Che per bolla, trans e bimbe di Murgia equivale più o meno ad alto tradimento da condannare con le stesse argomentazioni di Murgia.

Schwa e «moltə sentitə urtatə»

Dopo un sostanziale Murgia contro Murgia, insomma, Murgia si è accomodata infine sul pulpito: «Dead naming e misgendering – inizia la predica a mezzo stories del suo profilo Instagram – sono sono considerati pratiche linguistiche transfobiche e moltə se ne sono giustamente sentitə urtatə». Pur avendo scritto il testo della puntata con lo schwa per «evitare la riduzione al binarismo», consapevoli che qualunque scelta «sarebbe stata problematica, lei e Tagliaferri hanno tuttavia scelto «di non pronunciarla».

Perché? Ma per colpa nostra, gli extracomunitari della bolla! Persone che non solo magari dedicano a un podcast «un flusso di attenzione più precario di quello necessario a un articolo o a un libro», ma che rappresentano un pubblico «composto da ogni appartenenza socio anagrafica» che facilmente non sa nulla dei «dettagli delle nostre scelte di militanza». In pratica tutte le persone che parlano in italiano corretto, pertanto «chiedere a tuttə indistintamente lo sforzo di concentrazione necessario a recepire l’uso di un suono nuovo» è sembrato al duo all inclusive «una negazione di parlare a chiunque nel modo più efficace possibile».

Murgia tra gli extracomunitari della bolla

La predica Instagram della magnanima Murgia non poteva che terminare con la superclassista conclusione che lo schwa avrebbe risparmiato a lei e Tagliaferri il processo, ma «avrebbe rischiato di far diventare elitario un discorso che invece vogliamo arrivi a più persone possibile nel modo per loro più semplice». Murgia la missionaria, insomma.

Certamente ricordarle che era stata lei a invocare la configurazione dell’omobistransfobia e della misoginia come specifici crimini d’odio nell’ambito del ddl Zan e che ne sarebbe stata lei una delle prime vittime qualora fosse diventato legge, non farebbe che confermare il suo pregiudizio nei confronti di noi incolti inurbani a cui si deve parlare in modo semplice e diretto. Proprio come teorizzava profeticamente nel lontano 2017 una delle nostre pagine epistemologiche di riferimento: «Michela Murgia stronca un libro in diretta – titolava per arrivare a più persone possibile e nel modo per loro più semplice Lercio.it -. Poi si accorge che è il suo».

Foto Ansa

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