Mi è servita la compagnia fisica di padre Alberto per capire che la vita è bella

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Caro padre Aldo, vorrei essere lei. Vorrei poter alleggerire il dolore altrui, invece non riesco ad alleggerire neanche il mio. Sono giornate durissime per me. Vorrei non esistere, evaporare come l’acqua e non lasciare traccia del mio passaggio inutile su questa terra. Soffro di depressione da circa cinque anni. Mi aiuto con i farmaci e talvolta torno a respirare. Ho 40 anni, sono sposato con una donna che ho conosciuto quando ne avevo 19. Non abbiamo figli, il Signore non ce li ha regalati, probabilmente non li meritiamo.
Mia moglie è malata, soffre di sclerosi multipla. Ci sono periodi in cui tutto pare crollare, ogni giorno è un’avventura. I problemi economici mi assillano ogni notte, ma ci sono moltissime complicazioni che si aggiungono. Non ce la faccio più, nemmeno a pregare. Sono rimasto solo, con i miei errori, i miei fantasmi, le mie deboli convinzioni. Che senso può avere una vita così? Una vita il cui solo e unico desiderio è quello di addormentarmi, magari per sempre?
Amerigo

Caro padre Aldo, ti ringrazio per quello che scrivi sulla tua rubrica di Tempi che leggo sempre. Sono un trentenne che da due anni soffre di una insonnia. Questo provoca ansia e depressione. Le mie possibilità lavorative sono sempre meno. Ho paura a restare da solo, a causa dei pensieri terribili che occupano la mia mente; faccio fatica a parlare con amici e genitori. Sento di non avere un futuro e questo uccide la mia voglia di prendere qualsiasi iniziativa, perché ho paura di perdere tutto per strada. Ma ho una paura ancora peggiore: ho paura di perdere Dio, perché nella mia disperazione vedo sorgere tentazioni e meschinità, invidie ed egoismo. Prega per me, padre Aldo, affinché senta sempre la carezza di Dio in qualunque condizione io mi trovi.
Vittorio

Ringrazio Tempi perché mi permette di essere il portavoce di tante persone stanche di vivere, persone che comunque gridano aiuto, cercano qualcuno che si metta al loro fianco per camminare assieme. Sono tanti coloro che mi scrivono, convinti che possa fare qualcosa per loro, avendo io stesso visto l’inferno che prende le sembianze della depressione. Chi sta bene, magari con la pancia piena e la testa tranquilla, non capisce niente del dolore che vivono questi amici. Molte volte “rompono le scatole” con i loro inutili consigli. Molti conoscono don Giussani a memoria e usano le sue parole per cercare di farci star meglio. Ma ci vuole ben altro per incominciare a sperare: ci vuole quell’abbraccio che è stato per me l’inizio di un cammino. Serve quella tenerezza che ho rivissuto l’11 luglio di quest’anno, quando papa Francesco è venuto a trovarmi.

Chi sono per meritare tutto questo?
Perché lo ha fatto? Chi sono io? E che commozione quando il Papa, arrivando nel salone dove erano riuniti i miei figli sofferenti, ha spalancato le braccia per abbracciarli! Lì in quel momento ho visto Gesù quando incontrava i poveri e gli ammalati per le strade.

Amici, anche voi stavate in quell’abbraccio, voi che in questo momento vi sentite abbandonati persino da Dio. La paura di perdere Dio che tormenta la mente di Amerigo è terribile, ma Lui si è fatto carne per rispondere a questa paura. Quante volte nella mia sofferenza ho tremato per questo motivo e solo la compagnia fisica di padre Alberto mi ha salvato dal baratro della insicurezza. Vittorio, chiediamo alla Madonna che ti doni la grazia di un volto amico disponibile a dare la vita per te.

Amerigo, mi commuovi quando parli della tua famiglia. Mentre molti tra noi vivono borghesemente, voi state soffrendo. Ti giuro che se non avessi incontrato Gesù prenderei a schiaffi coloro che dicono che la vita è bella. Ciò che fa bella la vita è solo il fatto che l’uomo è relazione con il Mistero: «Io sono tu che mi fai». Se ciò non fosse vero, come potrei accompagnare tutti i giorni coloro che muoiono qui nella clinica o affrontare il dolore dei miei bambini abbandonati? Affidiamoci alla Madonna che ci tenga le mani sulla testa.
paldo.trento@gmail.com

Foto Ansa

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