L’operoso affannarsi degli ambulanti. Il mercato è un veliero

Milano, sabato 6 luglio. Non ancora le sei e mezza del mattino. In via Fauché, dalle parti della Fiera, il silenzio dell’alba è infranto dall’insediarsi del mercato rionale. Arrivano i camion carichi di frutta e verdura, con manovre lente e esperte gli autisti parcheggiano, in un odore acre di scarichi di motori diesel.

Il bar all’angolo è già aperto, già va a pieno regime la macchina del caffè, veloci le mani del barista dietro al bancone riempiono le tazzine; e un aroma aspro se ne alza, lo straordinario profumo del mattino.

Fuori, lampeggiano le luci di posizione dei camion, si aprono i portelloni, con i muletti si scaricano pile di casse di merci dall’aspetto pesantissimo. I ragazzi del mercato saltano agilmente su e giù dai camion, sollevano, spingono, aprono. Pare quasi che il lavoro non gli costi fatica. Attorno, Milano dorme ancora.

Ora è un gran daffare ad alzare le grandi tende sui banchetti, a tenderle con le corde, a fermarle con i pesi al suolo. Non basta un uomo solo per farlo, e fra ambulanti ci si aiuta vicendevolmente; con pochi ordini gridati, in rapidi gesti di un’abilità consumata i tendoni si aprono e si allargano lungo la via, ordinati. (A che somiglia questo gran lavorio di corde, di teli che si distendono, di voci che si accavallano, gridate? All’armarsi di un vascello che si prepara a salpare, ecco cosa ricorda questo operoso affannarsi).

E ora cominciano ad allineare verdura e frutta sui banchi. Pesche, albicocche, prugne: tutte le sfumature del giallo e dell’arancio e del rosso si dispongono, belle, una dopo l’altra lungo un lato della via. E ti arriva alle narici l’odore dolce del melone, e la fragranza del Mediterraneo dai vasetti del basilico. Che ben di Dio, che abbondanza in queste falangi di verdure, e come luce il viola scuro delle melanzane. E l’anguria? Così tagliata, bianca e sanguigna, sembra il cuore stesso dell’estate.

Poi arrivano gli ambulanti del pesce, e si allarga per via Fauché l’odore del mare. Poi arrivano quelli dei formaggi, e allineano fieramente sul banco grandi tome: sanno di stalla, e di alpeggio. E ancora i venditori di tende e di stoffe appendono i loro drappi sgargianti, e quelli di scarpe pazientemente dispongono sandali sul banco, una scarpa per paio. Scatole, scatole, cartoni, casse, che gran travaglio è il mercato. E tuttavia questa gente sveglia dall’alba canta, spesso, o fischietta, disponendo la merce. Sembra contenta, la gente del mercato, stamane.

E ora che quasi tutto è pronto perché alle otto le prime donne possano far la spesa, l’immagine che ti resta negli occhi è di quelle corde all’alba tese come cime, e teli come vele, e pesi di cemento calati a terra, come ancore in porto. In un grande, vivo vociare. È un veliero il mercato stamattina, pronto a salpare sull’asfalto caldo di luglio. Come una folata di vento, tra le nostre case grigie.

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