Marawi. «Quando hanno decapitato un mio amico cristiano ho capito che stavo sbagliando»

Un 17enne terrorista pentito, arruolato a 11 anni da un imam, racconta come i fratelli Maute nelle Filippine sono riusciti a costruire un esercito jihadista con soldi, armi e Corano

Solo quando Abdullah Maute, gridando “Allahu Akbar”, Dio è il più grande, ha alzato al cielo la testa appena mozzata di un ragazzo cristiano, Jalil ha capito che aveva sbagliato tutto ed era arrivato il momento di andarsene da quella folle mattanza. Il giovane di 17 anni aveva cominciato a combattere da soli sei giorni con il leader del gruppo terroristico islamico Maute, affiliato all’Isis, che il 23 maggio nelle Filippine aveva assaltato la città di Marawi, nella regione di Mindanao. La guerra che ne è nata ha già causato più di 800 morti e nonostante l’intervento dell’esercito, dopo cinque mesi i jihadisti controllano ancora alcuni quartieri del centro città.

BAMBINI DI 10 ANNI. Il ragazzo decapitato non era uno qualunque, ma un vicino di casa di Jalil, un amico. Mentre Abdullah Maute levava in alto la sua testa, una folla di jihadisti intorno a lui inneggiava ad Allah e tra questi anche molti bambini, alcuni di soli 10 anni. «Cantavano tutti con lui. Io ho capito che dovevo andarmene. Non volevo avere niente a che fare con tutto questo». Jalil, che ha raccontato la sua storia all’agenzia Reuters, è solo uno delle centinaia di giovani musulmani reclutati dai seguaci dello Stato islamico nel paese asiatico.

L’IMAM RECLUTATORE. Se i terroristi del Maute sono riusciti a resistere fino ad oggi alla controffensiva dell’esercito è perché sono riusciti a reclutare centinaia di uomini nelle scuole, nelle madrasse, nelle strade e nelle moschee di Mindanao. L’operazione va avanti da anni all’insaputa delle autorità. Jalil, ad esempio, è stato invitato ad addestrarsi insieme ai terroristi sei anni fa, all’età di 11 anni, dall’imam della moschea del suo villaggio di Piagapo, a 20 chilometri di distanza da Marawi. L’imam ha convinto lui e altri 40 ragazzi garantendo un pasto gratis e 15 mila pesos al mese, cioè 294 dollari, una fortuna in un paese dove un quarto della popolazione vive con meno di un dollaro al mese.

KALASHNIKOV E CORANO. L’addestramento era eccitante e la giornata si divideva in una riedizione particolare dell’ora et labora benedettino: ogni giorno Jalil imparava a usare il kalashnikov e studiava il Corano. Dopo soli tre mesi, però, è stato cacciato dal campo perché aveva risposto male a un finto interrogatorio. Per sei anni non ha più saputo nulla dei jihadisti, fino a quando, il giorno prima dell’attacco di Marawi, i suoi ex compagni di addestramento non l’hanno richiamato. E lui li ha seguiti in guerra.

POVERI E RICCHI. Altri due ragazzi che hanno frequentato il campo hanno spiegato a Reuters che «ci insegnavano a evitare i checkpoint, ci addestravano a nasconderci, a muoverci in silenzio, a caricare un fucile, a realizzare bombe e a combattere a mani nude. Contemporaneamente l’imam insegnava loro il Corano e «a combattere gli infedeli, ci prometteva che avremmo potuto avere tutte le donne che volevamo». L’imam però non faceva presa solo sui ragazzi poveri dei villaggi, ma anche su giovani ben educati usciti da licei e università.

«CITTÀ PIENA DI CADAVERI». Quando Jalil ha sentito per la prima volta parlare Abdullah Maute è rimasto impressionato dai suoi discorsi «stimolanti e carismatici», ma dopo aver visto per sei giorni «ogni singolo angolo della città di Marawi ricoperto da cadaveri di cristiani e musulmani», ha cambiato idea rimanendo sconvolto: «Non potrò mai dimenticare ciò che è visto». Così, mentre i suoi compagni inneggiavano davanti alla testa mozzata del suo amico cristiano, Jalil è salito su una moto ed è scappato dalla città, per poi consegnarsi alla polizia.

FRATELLI MAUTE. Ora Jalil, insieme a tanti altri, si trova in un centro di rieducazione del governo filippino. La guerra a Marawi prosegue e l’esercito non è ancora in grado di dire se i leader del gruppo jihadista, i fratelli Maute, stanno ancora combattendo o sono già fuggiti. «Speriamo di catturarli. Se riusciranno a fuggire, il reclutamento sarà ancora più massiccio. Ci sono centinaia di studenti che li idolatrano ormai».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Exit mobile version