Perché Macron in questi giorni è in Africa (c’entra anche la Russia)

Tra accuse di greenwashing e di troppa vicinanza ai dittatori, il presidente francese ha annunciato «la fine della Françafrique», ma il suo viaggio serve a tutelare gli interessi di Parigi e contrastare l'influenza di Mosca

Il presidente francese Emmanuel Macron con il presidente dell’Angola, Joao Lourenco (foto Ansa)

Parigi. «L’epoca della Françafrique è finita», ha detto giovedì il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, aggiungendo che la Francia d’ora in avanti sarà «un interlocutore neutrale» dei paesi africani. Da Libreville, capitale del Gabon e prima tappa di una tournée (1-5 marzo) che comprende anche Angola, Congo e Repubblica del Congo, l’inquilino dell’Eliseo ha annunciato l’inizio di una nuova politica africana per la Francia, di un nuovo partenariato che vuole essere paritetico, di «una nuova relazione equilibrata, reciproca e responsabile con il continente africano», come aveva già affermato lunedì durante un discorso all’Eliseo alla vigilia della partenza.

Interessi francesi e influenza russa

Ma dopo la fine rovinosa dell’operazione Barkhane, missione attraverso cui Parigi puntava ad arginare il terrorismo islamico nel Sahel, e il ritiro forzato delle truppe dal Mali e dal Burkina Faso sullo sfondo di un forte sentimento anti francese, Macron è volato in Africa soprattutto per difendere gli interessi francesi e contrastare la crescente influenza della Russia, che attraverso i canali ufficiali (i ripetuti viaggi nelle ex colonie francesi del ministro degli Esteri Sergej Lavrov) e il gruppo di mercenari Wagner, sta occupando il vuoto lasciato dalla Francia e dalle sue strategie militari fallimentari.

«Oltre agli ex possedimenti francesi, dove i russi puntano sulla corda anti coloniale e anti francese, la presenza delle forze di Wagner è confermata dal 2016, quantomeno occasionalmente, in Nigeria, in Guinea-Bissau, in Ciad, in Congo, in Botswana e in Mozambico, secondo il pensatoio americano Csis ripreso dall’Afp», ha ricordato il quotidiano La Tribune in un articolo consacrato alla crisi del “soft power” francese in Africa. La Russia, negli ultimi tempi, non si è imposta soltanto sul piano securitario, ma anche su quello economico (assieme alla Cina) e alimentare in seguito alla crisi ucraina. Secondo l’Onu, infatti, 24 dei 54 paesi africani importano più di un terzo del loro fabbisogno di grano dalla Russia e dall’Ucraina e 15 di loro addirittura più della metà.

Le accuse a Macron di fare greenwashing

Come fermare, allora, questo strapotere? Macron ha detto che l’Africa, per la Francia, non deve essere «un terreno di competizione» in termini di propaganda e di presenza militare, e che è necessario un lavoro a medio lungo termine per recuperare la fiducia dei giovani africani. L’annuncio di “Choose Africa 2”, programma economico volto a moltiplicare gli investimenti francesi nelle startup di diversi paesi africani, va in questo senso. Così come la creazione di basi, scuole e accademie che saranno cogestite da personale francese e africano in maniera paritetica.

Tuttavia, l’ostilità nei confronti di Parigi è molto profonda e diffusa. A Libreville, Macron ha partecipato al One Forest Summit, vertice organizzato congiuntamente da Francia e Gabon e consacrato alla preservazione e alla valorizzazione delle foreste del bacino del Congo, il cuore verde dell’Africa. Ma per la maggioranza degli abitanti locali, quella del presidente francese è stata soltanto «un’operazione di greenwashing», accanto a un sostegno mascherato ad Ali Bongo, figlio ed erede del dittatore e pilastro della Françafrique Omar Bongo.

«Questa visita è una grande farsa che avalla il greenwashing del potere. C’è un sentimento di esasperazione da parte della popolazione contro la famiglia Bongo, al potere da 55 anni. Venire a Libreville significa investire Ali Bongo (le elezioni in Gabon si svolgeranno quest’anno, ndr), come aveva fatto Nicolas Sarkozy con suo padre, Omar Bongo. La sua visita rischia di provocare un sentimento anti Francia, in un momento in cui l’immagine è già particolarmente intaccata da anni di collusione con il regime repressivo», ha denunciato il giornalista gabonese Bernard Christian Rekoula, prima di aggiungere: «Ieri, le imprese francesi sfruttavano l’uranio, oggi inquinano i corsi d’acqua. La rabbia è palpabile».

La delicata tappa in Congo di Macron

Martedì, all’indomani del discorso di Macron all’Eliseo, il leader del Burkina Faso, il capitano Ibrahim Traoré, ha denunciato l’accordo militare che lega il paese alla Francia dal 1961: un altro messaggio di rottura diplomatica da parte del leader burkinabé, dopo aver costretto Parigi a ritirare dal Burkina Faso tutte le sue truppe. Per Macron anche l’ultima tappa nella Repubblica democratica del Congo rischia di essere delicata dal punto di vista diplomatico.

Nell’ex colonia belga e più grande paese francofono del mondo, il presidente Félix Tshisekedi, al potere dal gennaio 2019, si sta preparando alle elezioni del prossimo dicembre. Come spiegato dal magazine Jeune Afrique, la Francia, nella Repubblica democratica del Congo, è accusata di stare dalla parte del Ruanda, in un momento in cui Kinshasa accusa il suo vicino ruandese di sostenere l’M23 (Movimento 23 marzo), gruppo di ribelli attivi nell’est congolese. Un sostegno confermato dagli esperti dell’Onu, ma che Kigali nega categoricamente. Tra accuse di greenwashing e di tirare la volata ai dittatori, non sarà facile per Macron voltare la pagina della Françafrique.

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