«Ma se non siamo creati, non siamo neanche liberi». La sfida alla modernità di Pietro Barcellona

In un libro postumo il filosofo siciliano, marxista e ratzingeriano, analizza «la radice del post-umano», il compimento di quel «progetto illuministico» che eliminando Dio rende la persona schiava della necessità

Arte, politica, educazione, fede. Sono i temi che Pietro Barcellona, scomparso il 6 settembre scorso, affronta in La sfida della modernità, un breve volume a cura di Giuseppe Mari uscito in questi giorni per La Scuola. «Intellettuale, docente illustre, militante del Partito comunista italiano, alla fine era ritornato alla fede cristiana nella quale era stato educato da ragazzo». Così, tre giorni dopo la sua morte, don Francesco Ventorino ha ricordato sull’Osservatore Romano quello che è stato uno dei principali filosofi “avversari” di Emanuele Severino.

In una delle riflessioni riportate in La sfida della modernità, Barcellona scrive: «Gli uomini hanno paura sostanzialmente di una cosa sola – essere liberi –. La libertà sgomenta, perché – quando è vissuta fino in fondo – è un abisso che fa venire le vertigini».

E di fronte a questo terrore cosa fa l’uomo? Delega. «Nel nostro piccolo, credo che il problema si ponga rispetto alla continua delega all’“esperto” che è una malattia della modernità in quanto espropria della competenza sociale il singolo uomo. Ma gli automatismi, da soli, non bastano (…) perché, al di là della nostra capacità predittiva, esiste sempre l’imprevisto nella vita umana ed è su questa componente che si gioca la partita perché è quella che provoca la libertà di decisione».

«(…) Secondo me, la radice del post-umano è sempre la stessa: riuscire a conseguire un dominio totale del processo di creazione che permetta di produrre il clone dell’uomo, dell’essere umano in modo da eliminare la figura del Creatore cioè di negare la creazione stessa perché questa diventa un’autocreazione continua, che è il compimento del progetto illuministico. Il progetto illuministico è che la modernità nasce da se stessa, si auto-legittima, non ha nessun rapporto con l’“altro”. Senza creazione, non siamo creati neppure noi. Questo riconoscimento lo pongo in chiave storica, cioè se io non avessi l’idea che nasco da due persone, non avrei nemmeno l’idea della mia libertà. Il fatto che io sono stato creato, vuol dire che non sono il risultato di una necessità, quindi sono libero anch’io».

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