L’ex ministro cita san Paolo, processata. «In gioco libertà e democrazia»

La finlandese Paivi Rasanen è finita ieri a processo per «incitamento all'odio» a causa di un tweet in cui citava san Paolo e un libretto sul matrimonio tra uomo e donna. Il suo avvocato a Tempi: «Potrebbe accadere a chiunque. Italiani, attenti al ddl Zan»

L’ex ministro dell’Interno finlandese, Paivi Rasanen, accerchiata dai giornalisti fuori dall’aula del tribunale, tiene in mano una Bibbia

«Questo processo è fondamentale per il futuro della democrazia in Europa: in gioco c’è la libertà dei cristiani di poter dire liberamente ciò che pensano e ciò in cui credono». È la libertà di tutti, dunque, che ieri hanno difeso in tribunale a Helsinki l’ex ministro Paivi Rasanen, finita alla sbarra per un tweet, un pamphlet e una dichiarazione televisiva contrari al matrimonio omosessuale, insieme al vescovo luterano che pubblicò quel libretto, Juhana Pohjola. Il presunto «incitamento all’odio» imputato ai due cristiani in Finlandia, se condannato dai giudici, avrebbe enormi ripercussioni in tutta Europa.

Il versetto di san Paolo incriminato

L’imputata principale al processo iniziato ieri è Paivi Rasanen, 62 anni, medico di professione, parlamentare da quasi 20 anni, ministro dell’Interno tra il 2011 e il 2015. La madre di cinque figli, già nonna, ex presidente del Partito dei cristiano-democratici e membro attivo della Chiesa luterana finlandese, è stata rinviata a processo l’anno scorso per un tweet postato il 17 giugno 2019 nel quale criticava la Chiesa luterana per aver sponsorizzato il gay pride, chiedendosi come la scelta potesse essere coerente con il seguente passo della Lettera ai Romani di san Paolo:

«Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, così da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento» (Romani 1,24-27).

Rasanen è accusata di discriminazione e incitamento all’odio verso gli omosessuali anche per un libretto scritto nel 2004, pubblicato dal vescovo Pohjola, intitolato: Maschio e femmina li creò. L’ex ministro è sotto accusa infine per aver partecipato nel 2018 a una trasmissione televisiva dal titolo: «Che cosa penserebbe Gesù degli omosessuali?».

«Il matrimonio è solo tra uomo e donna»

La polizia ha già interrogato in passato Rasanen per oltre dieci ore per i presunti reati, archiviando le indagini nel 2019 con un lungo rapporto ritenendo che «nessun crimine è stato compiuto». Ma il nuovo procuratore generale, Raija Toiviainen, ha riaperto le indagini, sostenendo che la polizia avesse sottovalutato la gravità delle azioni dell’ex ministro. Il rinvio a giudizio con l’accusa di «agitazione etnica», l’equivalente in Finlandia dell’incitamento all’odio nel resto del mondo, è avvenuto in base alla sezione 10 del Codice penale, aggiornato nel 2011 con un “simil ddl Zan”, per includere «l’orientamento sessuale» nell’articolo che proibisce «l’espressione di opinioni e altri messaggi che minaccino, diffamino e insultino certi gruppi».

«In aula Rasanen ha spiegato chiaramente che, in quanto cristiana, ama tutti e che non ha fatto quel tweet perché odia qualcuno ma perché crede fortemente nell’insegnamento cristiano secondo cui il matrimonio è soltanto quello tra uomo e donna, come la Bibbia insegna», spiega a Tempi Lorcan Price, consulente legale di Adf International e membro del team legale di Rasanen. Il procuratore generale ha affermato invece davanti al collegio di tre giudici che «chi critica la condotta omosessuale, genera intenzionalmente odio verso le persone omosessuali».

«Non esiste il diritto a non essere offesi»

Gli argomenti finali delle parti non sono ancora stati ascoltati dai giudici, che hanno aggiornato il processo al 14 febbraio. L’avvocato Price «è convinto che entrambi gli imputati saranno assolti» anche perché la libertà di espressione è iscritta, oltre che nella Costituzione finlandese, anche nella Convenzione europea dei diritti umani. Inoltre, aggiunge, «non esiste alcun diritto a non essere offesi».

In ballo, per Price, come anche per Rasanen, non c’è solo il diritto alla libertà di espressione o quello alla libertà religiosa, c’è anche in gioco l’essenza della democrazia stessa: «Rasanen è una deputata: come le si può impedire di esprimere le sue opinioni? Sarebbe un danno enorme per la democrazia».

La partita iniziata in Finlandia ha suscitato clamore in tutta Europa. In Italia Citizengo ha promosso una raccolta firme in difesa dell’ex ministro, raccogliendone oltre 330 mila. Ieri, in contemporanea con il processo, il gruppo ha organizzato un sit-in davanti all’ambasciata finlandese presso la Santa Sede.

Il processo Rasanen e il “chilling effect”

Purtroppo, a prescindere da come finirà il processo, il fatto stesso che un ex ministro venga portato alla sbarra per un tweet contenente una semplice citazione di san Paolo è un danno enorme alla libertà di espressione. «È quello che chiamiamo “Chilling effect”», continua l’avvocato Price. «Anche se Rasanen e il vescovo saranno assolti, la gente domani avrà più paura di dire in pubblico ciò che pensa per il timore di essere trascinata in tribunale. Un processo, a prescindere dall’esito, può creare problemi in famiglia, con gli amici, sul luogo di lavoro».

Ecco perché è inevitabile constatare che «la libertà di espressione si sta restringendo in Europa e non solo. I colossi di internet – Google, Facebook, Twitter – già censurano i cristiani, cancellando post e messaggi ritenuti “scomodi”. Se però questo potere viene dato allo Stato è spaventoso, perché questo ha il potere di arrestare, interrogare, processare. Rasanen è stata interrogata per oltre dieci ore per un tweet e un libretto scritto 16 anni fa: chi non sarebbe intimidito?».

«Accadrà anche in Italia con il ddl Zan»

Inevitabile chiedere al membro di Adf International se conosca il ddl Zan e che cosa ne pensi: «Io, se fossi italiano, sarei molto preoccupato dall’approvazione di una simile legge. Basterà pubblicare o dire in pubblico verità elementari attinenti alla biologia per essere incriminati e magari arrestati. Ad Harry Miller, nel Regno Unito, è accaduto».

Dopo un tweet riguardante il gender, la polizia andò a prendere al lavoro Miller dicendogli: «Dobbiamo verificare il tuo pensiero». È andato a processo per quello che viene chiamato “incidente d’odio” e ha vinto. «Certo, ha vinto, ma se si può essere incriminati e portati a processo per aver affermato verità biologiche, ad esempio che gli uomini sono uomini e le donne donne, non è forse un danno per la libertà di espressione e la democrazia? A essere in pericolo sono soprattutto i cristiani perché condividere i contenuti della loro fede potrebbe diventare un crimine. A Rasanen è già successo in Finlandia, ma potrebbe accadere a chiunque in tutta Europa. Ecco perché è fondamentale che vinca il processo».

@LeoneGrotti

Foto Adf International

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