L’Europa va a destra?

In Italia il governo Meloni si è istituzionalizzato ed europeizzato, in Germania cresce l'AfD, in Grecia vince la destra popolare e presto la Spagna cambierà maggioranza. E a Bruxelles sul Green deal popolari e conservatori si oppongono insieme

La premier Giorgia Meloni, salutata dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, partecipa a un Consiglio europeo (foto Ansa)

L’Europa va a destra? I fatti direbbero di sì, in una varietà di destre che raramente si è vista. In Italia governa una destra-centro che in meno di un anno di governo si è istituzionalizzata ed europeizzata, lasciando da parte gran parte dei temi sovranisti e che oggi gode di un forte consenso. In Germania c’è una situazione ambivalente: le destre sono all’opposizione, ma sono due destre molto diverse. Quella prevalente, la CDU, è un centrodestra democristiano che ha governato il paese più di ogni altro partito tedesco, mentre la destra in grande ascesa è quella nazionalista di Alternative fur Deutschland considerata “inalleabile” per l’evocazione di temi e retorica che richiamano un passato molto pesante per i tedeschi. Eppure, nonostante questo stigma, Afd è il secondo partito nei sondaggi dopo la Cdu mentre la coalizione di governo è sotto al 50 per cento dei consensi.

In Grecia ha appena vinto in modo netto le elezioni la destra popolare di Mitsotakis che già usciva da una legislatura di governo. In Spagna, dove si è in campagna elettorale, i sondaggi indicano due scenari tra i più probabili: vittoria con maggioranza assoluta del Partito Popolare oppure una maggioranza tra questo e la destra conservatrice di Vox. Quasi certamente anche la Spagna virerà verso destra. La destra popolare, inoltre, è al governo in larga parte degli altri paesi europei, sia in governi di coalizione centristi che di centrodestra. Mentre la Polonia, anch’essa verso il voto, vede sempre in vantaggio i conservatori del PiS.

Quale Europa dopo le elezioni del 2024

Questa situazione ci rimanda alle future elezioni europee, dove qualche forma di alleanza post-elettorale tra Conservatori e Popolari appare inevitabile. Lo ha capito forse Ursula Von der Leyen che dopo anni di centrismo ed entusiasmo per l’alleanza con i socialisti e i liberali ha iniziato una marcia indietro: sul green deal, con il Parlamento europeo in rivolta che boccia le parti più radicali del programma, e nella politica internazionale, qui la destra dà più garanzie atlantiche della sinistra. Dunque uno scenario in cui la destra conquisterà ulteriori seggi a Bruxelles è reale così come la formazione di una federazione o di un gruppo comune tra conservatori e popolari.

Ci saranno morti e feriti sul piano politico, non tutti magari sposeranno il progetto comune, altri come Afd e il Front National saranno lasciati fuori, ma per molti altri partiti di destra l’occasione è ghiotta sia in termini di posti che di programma politico. Dopo di che ci sarà da scegliere un Presidente della Commissione, dove ci sono tanti potenziali nomi. Qui l’accordo dovrà reggere per superare egocentrismi personali e nazionalismi. Tuttavia, se le urne certificheranno il vantaggio delle molte destre e se ci sarà un minimo programma comune, l’UE assumerà una connotazione diversa, anche se probabilmente servirà una alleanza più ampia che includa almeno i liberali. Il risultato politico più rilevante risiederebbe nell’esclusione dei socialisti europei. Di fatto l’obiettivo comune che unisce le pluri-destre.

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