Lettera di Carron al Corriere sul rapporto tra Cl e il cardinale Martini

Lettera del presidente della Fraternità di Comunione e liberazione al Corriere della Sera. L'ecumenismo e la libertà e gli «equivoci» col cardinale. Ne riportiamo ampi stralci

Oggi sul Corriere della Sera è pubblicata una lettera di don Julian Carron, presidente della Fraternità di Cl (“Carron: sono addolorato, potevamo collaborare di più”, il titolo). Carron scrive al direttore: «La morte del cardinale Martini mi consente di riflettere su alcune parole-chiave della sua vita e sul rapporto con don Giussani e col movimento di Comunione e liberazione». «La mia – scrive Carron – vuole essere una semplice testimonianza».

L’erede di don Giussani ragiona a partire da due termini: ecumenismo e carità. A proposito del primo scrive che «la capacità di entrare in rapporto con tutti testimonia la tensione del cardinale a intercettare ogni briciolo di verità che si trova in chiunque incontriamo. Chi ha incontrato Cristo non può non avere questa passione ecumenica». Carron dice di essere rimasto colpito dal fatto che Martini ha detto che il momento culminante della vita di Gesù è la Resurrezione: «È la certezza che introduce la Resurrezione di Cristo che spalanca lo sguardo del cristiano», commenta. Aggiunge poi che tale tensione era propria anche di don Giussani: «Solo una tensione così può generare una vera pace fra gli uomini, anche questa una preoccupazione costante del cardinale Martini».

A proposito di «carità come condivisioe dei bisogni», Carron scrive che «dobbiamo fare tesoro» del desiderio di Martini. Ricordando che la «Chiesa non può essere mai indifferente alle domande degli uomini», Carron scrive che «gli uomini attendono da noi la comunicazione della nostra esperienza, non un discorso astratto, sia pure corretto e pulito». «Sono sicuro – dice Carron – che il cardinale Martini, dal Cielo, ci accompagnerà a condividere i bisogni degli uomini e a trovare strade per risponderne che siano all’altezza delle loro domande».

Nella seconda parte della lettera, Carron ragiona sui rapporti tra Cl e Martini. «Don Giussani ci parlava sempre della paternità del cardinale Martini, che aveva abbracciato e accettato nella diocesi di Milano una realtà come Cl. Nel suo cuore di pastore sempre c’è stato spazio per noi. Ricordo la gratitudine di don Giussani quando l’Arcivescovo gli concesse di aprire una cappella in uno dei locali della sede centrale del movimento a Milano, così da avere il Signore presente sempre».

A proposito delle incomprensioni, Carron ricorda che «come l’arcivescovo Montini, che inizialmente confessava di non capire il metodo di don Giussani ma ne vedeva i frutti, anche il cardinale Martini ci incoraggiava ad andare avanti. Mi commuovono ancora le parole che rivolse a don Giussani nel 1995, durante un incontro di sacerdoti, quando ringraziò “il Signore che ha dato a monsignor Giussani questo dono di riesprimere continuamente il nucleo del cristianesimo. ‘Ecco, tu, ogni volta che parli, ritorni sempre a questo nucleo, che è l’incarnazione, e – con mille modi diversi – lo riproponi’”».

«Per questo – scrive il presidente della fraternità di Cl – ci rincresce e ci addolora se non abbiamo trovato sempre il modo più adeguato di collaborare alla sua ardua missione e se possiamo aver dato pretesto per interpretazioni equivoche del nostro rapporto con lui, a cominciare da me stesso. Un rapporto che non è mai venuto meno all’obbedienza al Vescovo a qualunque costo, come ci ha sempre testimoniato don Giussani».

Nella conclusione, Carron si dice sicuro che «insieme a don Giussani, ci accompagnerà dal cielo a diventare sempre di più quello per cui lo Spirito ha suscitato proprio nella Chiesa ambrosiana un carisma come quello di Cl. La morte del cardinale Martini e di don Giussani costituiscono un richiamo per tutti noi che, nella varietà di sensibilità, abbiamo a cuore la Chiesa ambrosiana. Mi auguro che non ci stanchiamo mai di cercare quella collaborazione che è indispensabile – soprattutto oggi – per la missione della Chiesa».

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