Lasciate stare il nome di Lidia Macchi

Il Corriere rimesta nel marginale della doppia vita delle persone pedinate 35 anni fa per il delitto della giovane. Gente poi risultata del tutto estranea. Dov'è la notizia?

La vicenda di Lidia Macchi è una storia dolorosa e irrisolta e davvero non si capisce perché la si debba utilizzare per fare un articolo senza capo né coda. Sul corriere.it è apparso un pezzo che, sin dal titolo, prometteva importanti rivelazioni: “Omicidio Lidia Macchi, gli incontri segreti dei sacerdoti negli hotel di lusso a Milano: le carte inedite”.

Ma l’aspettativa del lettore, dopo i primi paragrafi, andava via via spegnendosi. L’autore dell’articolo, Andrea Galli, raccontava di aver visionato i «verbali di pedinamento e trascrizioni di colloqui intercettati che compongono le “carte segrete”, relative agli ultimi anni, dell’inchiesta sull’omicidio irrisolto di Lidia Macchi». Stiamo parlando di uno dei cold case più celebri della storia italiana che riguarda l’assassinio, rimasto impunito, di una giovane ciellina di 21 anni, straziata con 29 coltellate nel gennaio 1987. Un omicidio brutale di cui si è a lungo discusso, anche di recente dopo il processo e l’assoluzione di Stefano Binda.

La torbida doppia vita

Un caso, quindi, complicato, come rivela anche la storia di Binda che ha appena chiesto 300 mila euro di danni per ingiusta detenzione. Se la famiglia Macchi in questi anni ha sempre mantenuto un contegno esemplare, chiedendo giustizia senza mai travalicare in sentimenti di vendetta cieca, così non si può dire della nostra stampa e della nostra magistratura. Celebri sono certe inchieste e ricostruzioni che hanno sempre puntato il dito sull’ambiente cattolico, accusato secondo varie sfumature di essere omertoso, se non mafioso. Tutte piste poi rivelatesi dei clamorosi buchi nell’acqua.

Le “carte segrete” di cui è venuto a conoscenza il giornalista del Corriere non sono altro che le note prese dagli inquirenti sui sospetti nel corso delle indagini. Sospetti che poi, ci informa lo stesso Galli, sono risultati del tutto estranei all’omicidio. Gente innocente, insomma, persino mai indagata.

Dov’è dunque la notizia? Nelle carte si parla di uomini («a cominciare da figure religiose») che avevano incontri (sessuali) in appartamenti milanesi. Gente dalla «doppia vita», scrive Galli. E quindi? E quindi niente. Ripetiamo: dov’è la notizia? Già 35 anni fa queste stesse persone furono ritenute estranee al delitto. Però il corriere.it ci tiene ad evidenziare che le «carte» ci rivelano «il torbido, o quantomeno il misterioso e denso alone di doppia vita che grava su chi, da allora, è via via entrato nelle indagini, oppure è stato sospettato senza mai divenire indagato, o ancora è stato considerato sicuro depositario di sicuri segreti pur mai scoperti e provati».

«Situazione simile» al «sistema»

C’è della gente un po’ depravata in giro, d’accordo. Quindi, che si fa? Vogliamo arrestarli 35 anni dopo per le loro condotte immorali? E soprattutto: cosa c’entra con Lidia Macchi? Niente, scrive ancora Galli. «Però» – ecco il “però” fondamentale – chi ha trattato questo materiale ha trovato una «situazione simile» a quel «sistema» che ruotava intorno alla giovane. Ergo è importante capire un «sistema articolato che si protegge a vicenda, i favori reciproci, la cortina quasi impenetrabile di sostegni, coperture, disponibilità di luoghi, le ramificate conoscenze, la convinzione di impunità, insomma l’indubbia capacità di un gruppo di persone di curare ogni personale interesse e non fa uscire il minimo spiffero».

Il resto dell’articolo prosegue con tono sibillino rilanciando la vecchia tesi che il delitto sia maturato in ambito cattolico e nella cerchia degli amici. Come sempre, però, per risolvere un caso servono delle “prove”. Così come per scrivere un articolo servono delle notizie, non delle illazioni.

Foto Ansa

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