La stella e la mezzaluna. Il lungo viaggio per tornare a casa

Un libro ripercorre i rapporti tra musulmani ed ebrei nei domini islamici. Una storia di sofferenza, persecuzioni e dhimmitudine



«La storia ebraica è purtroppo spesso compresa e presentata come un fatto occidentale, contribuendo così a inquadrare l’ebraismo in una sfera religiosa e culturale unicamente europea o nordamericana. Si tratta di un grave errore, spesso veicolato dagli stessi ebrei. L’ebraismo invece è stato ed è, in misura almeno pari se non maggiore ancora, anche un fenomeno “orientale”, peraltro antecedente di numerosi secoli l’avvento dell’Islām in Arabia e Persia, Egitto e Libia, Maghrib e Mashriq». È questa osservazione il primo punto di partenza che ha spinto Vittorio Robiati Bendaud, allievo prediletto del rabbino Giuseppe Laras, a scrivere La stella e la mezzaluna. Breve storia degli ebrei nei domini dell’Islam, dal 5 settembre in libreria (Edizione Guerini e associati, prefazione di Antonia Arslan).
Tuttavia esiste anche un secondo stimolo per l’autore ed è questo di carattere più intimo e personale. È lo stesso Bendaud a raccontarlo nella premessa al volume: «Qualche anno fa si presentò al Tribunale Rabbinico presieduto dal rabbino Laras z.l. una famiglia straniera, abbastanza numerosa e assai particolare». Fu in quell’occasione che Laras e Bendaud vennero a conoscenza della vicenda di «una giovane, emigrata da un paese islamico, ove la sua famiglia aveva dimorato per secoli. Circa quattro generazioni prima, nella decade iniziale del XX secolo, l’intera comunità ebraica di una cittadina di quel paese musulmano fu convertita a forza all’Islām; chi vi si oppose fu ucciso». La ragazza aveva documenti islamici, ma, nel nascondimento e per più di un secolo, fra parenti e amici lei e i suoi avi avevano continuato ad appellarsi con nomi e cognomi ebraici. «Mi ricordo che Rav Laras chinò il capo e tacque, visibilmente scosso. Ci fu silenzio. Quando rialzò la testa, chiese con dolcezza eppur con serissima intensità alla giovane donna: “Lei è ebrea, signorina, come ben sa. Come tutta la sua famiglia del resto. Che cosa dunque chiedete a questo Tribunale?”. La risposta fu: “Fare ritorno a casa”».
È un tributo a questa e a milioni di altre storie di dolore il bel libro di Bendaud che con il piglio dello storico, suffragato da una scrittura partecipe e mai asettica, ci conduce a scoprire le vicende del popolo d’Israele, le sue continue peregrinazioni, le persecuzioni subite in territorio musulmano. Senza mai dimenticare, come diverse volte capita nel libro, di segnalare anche quei pochi eppure luminosi esempi in cui una convivenza tra ebrei e musulmani fu possibile.
L’omaggio sulla tomba di Saladino
Il lettore avrà modo di addentrarsi nelle pagine del libro che, per sommi capi ma con precisione e con alcuni brillanti inserti poetici, ripercorre le vicende del popolo d’Israele dalla Genesi ai primi del Novecento; qui si vogliono segnalare tre spunti di notevole interesse.
Il primo è costituito dal fatto che molto dell’antigiudaismo islamico è stato mutuato dall’antigiudaismo cristiano. È constatazione sofferta da fare, ma innegabile, come mostra l’autore. Il secondo spunto è fornito dalle molte pagine in cui Bendaud narra in cosa consisteva la dhimma, il “patto di protezione” contratto tra i non musulmani e l’autorità di governo musulmana. Il lettore più avvertito non potrà non sentire i potenti richiami che la storia indica all’oggi, pensando solo alla situazione di certi cristiani ancora oggi perseguitati in terre islamiche o alla necessità dello Stato israeliano. Il terzo e ultimo spunto che segnaliamo è il robusto rapporto che a inizio Novecento si instaurò fra la Germania (poi nazista) e certe potenze musulmane. «D’altronde il Kaiser Guglielmo, nel suo celebre viaggio nel 1898, dopo i terribili Massacri Hamidiani (1894-1896) perpetrati contro gli armeni e denunciati in Germania per lo più dalla stampa ebraica dell’epoca, si era recato a Damasco a omaggiare la tomba di Saladino, dichiarandosi lui – il re cristiano luterano – “difensore dell’Islām e di tutti i musulmani”».
Foto Ansa
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