La sanità di Formigoni è un “disastro”. Ecco tutti i numeri

Dati, risultati e numeri dell'inefficiente sanità lombarda. Ecco a cosa hanno portato tre lustri di governo Formigoni.

Numeri da record internazionale, bilanci senza buchi, qualità al top. E dire che il sistema lombardo è meno “privatizzato” di quello della rossa Emilia. Ecco di cosa è stata capace la losca lobby formigoniana. 

L’ha detto Bruno Tabacci e l’ha ripetuto Gad Lerner: è inutile che Formigoni meni vanto per l’eccellenza sanitaria lombarda, perché è tale dai tempi di san Carlo Borromeo, se non da prima ancora. Dunque i meriti della sanità lombarda toccano agli antenati, i demeriti per scandali veri e presunti ricadono tutti sulle spalle del governatore. Forse però si potrebbe sommessamente far notare che una lunga serie di iniziative e di numeri sono il prodotto del lavoro di tre legislature e mezzo formigoniane, e non eredità ambrosiane o manzoniane. Vediamo quali nell’asciutto testo che segue.

Rapporto spesa sanitaria/Pil

La spesa per la sanità pubblica italiana corrisponde al 7,2 per cento del Pil. In Lombardia scende al 5,4, un valore estremamente contenuto in senso assoluto. Considerandolo poi in relazione sia agli elevati volumi di prestazioni effettuate sia al loro standard qualitativo, in alcuni casi elevatissimo, si può concludere che in Lombardia è presente oggi un sistema sanitario che garantisce un rapporto costi/benefici in assoluto tra i migliori al mondo.

Finanziamento pro capite

La Lombardia da sempre sconta un sottodimensionamento del finanziamento pro capite da parte dello Stato in confronto alle altre Regioni. Esso è quantificabile in circa 500 milioni di euro in meno all’anno rispetto alla media nazionale. Nel 2009 (ultimo dato ufficiale disponibile) la spesa sanitaria pubblica corrente pro capite risulta in Lombardia corrispondente a 1.758 euro, contro una media nazionale di 1.821 euro.

 

Bilanci e Fondo di solidarietà 

Sommando algebricamente avanzi e disavanzi, il bilancio sanitario regionale è stato chiuso in equilibrio e senza disavanzi per gli ultimi undici anni consecutivi, ovvero da quando tale obbligo è stabilito per legge (2001). Nell’ambito delle disposizioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 56/2000 (“Disposizioni in materia di federalismo fiscale”), che concorrono al finanziamento del Fondo sanitario nazionale (Fsn) anche tramite la redistribuzione di Iva e accise prelevate sui singoli territori regionali, la Regione Lombardia nel 2010 ha contribuito con 4,2 miliardi di euro al Fondo di solidarietà a favore delle altre regioni. Ciò corrisponde a quasi il 50 per cento del valore totale del Fondo di solidarietà (che è di 8,7 miliardi).

 

Mix pubblico/privato

I posti letto accreditati e attivati in Lombardia sono 39 mila. Di questi il 21,7 per cento appartiene a strutture private. Si tratta di un dato sostanzialmente invariato da anni e che colloca la Lombardia all’ottavo posto in Italia, a pari merito con Piemonte e Sicilia, e dopo Calabria, Campania, Lazio, Emilia Romagna e Abruzzo. Il dato risulta altresì perfettamente allineato alla media nazionale (che è del 21,3 per cento).

 

Attrattività del sistema

I dati sull’attrattività dei sistemi regionali confermano da ormai oltre dieci anni (1998-2009) l’indiscusso primato italiano della Lombardia, il cui saldo tra ingressi e uscite è stato nel 2009 (ultimo dato disponibile) di oltre 72 mila unità, cifra superiore del 35 per cento rispetto a quello della seconda regione, l’Emilia Romagna, e di quasi quattro volte rispetto alle terze (Lazio, Toscana e Veneto). In Lombardia la percentuale di ricoveri di pazienti provenienti da fuori regione è ormai costante intorno al 10 per cento del totale. In Lombardia si registra inoltre il dato più basso in assoluto, pari al 4,1 per cento, di mobilità passiva, ovvero di cittadini che scelgono di farsi curare fuori regione. La media nazionale è del 13 per cento con picchi che superano il 30. La capacità di attrarre pazienti da altre regioni e di trattenere i propri cittadini nella propria rete ospedaliera può essere assunta come misura obiettiva della qualità di un sistema sanitario regionale. Se questo dato viene appaiato alla capacità di mantenere i conti in equilibrio, si ottiene un indicatore complessivo di performance molto importante.

 

Ricerca sanitaria 

La Lombardia è la regione europea con la più alta densità di lavoratori specializzati nelle medie e alte tecnologie in generale. In essa sono presenti il 60 per cento delle sperimentazioni cliniche sul totale nazionale e il 60 per cento degli insediamenti farmaceutici produttivi a livello nazionale. Nel 2010 la produzione di pubblicazioni scientifiche degli Irccs italiani pubblici e privati ha visto tra i primi dieci posti sei istituti lombardi (San Raffaele, Policlinico, San Matteo, Tumori, Ieo, Maugeri).

 

Investimenti in ricerca indipendente

Per tre anni consecutivi (2009-2011) la Regione Lombardia ha finanziato con 7 milioni di euro all’anno progetti di ricerca indipendente (ovvero quella non finanziata a livello ministeriale e/o da case farmaceutiche). Si tratta di un investimento che non ha eguali nel panorama italiano. Seppure in un contesto di forte contrazione delle risorse e di estrema razionalizzazione, per il 2012 sono stati previsti ben 20 milioni di euro per attività di ricerca indipendente.

 

Le Reti di Patologia

Le Reti di Patologia attivate in questi anni da Regione Lombardia costituiscono un innovativo modello gestionale e di programmazione che coniuga ricerca e assistenza: si tratta di una vera e propria rete costituita dalle istituzioni, dalle organizzazioni e dai professionisti che svolgono la loro attività a favore del paziente in tutte le fasi del processo di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, inclusa l’eventuale fase terminale. Lo scopo è di migliorare la qualità delle cure, mettere in comunicazione tutti i soggetti che si occupano di patologia e migliorare l’efficacia organizzativa, grazie alla condivisione di conoscenze, competenze e informazioni. Il loro obiettivo finale è quello di far sì che l’innovazione si trasformi in nuove modalità di prevenzione, in nuovi e più precoci strumenti diagnostici e nello sviluppo di nuovi farmaci.

 

Edilizia sanitaria

Regione Lombardia da tempo ha voluto investire significativamente nell’ambito dell’edilizia sanitaria, concretizzando un programma d’investimenti che da solo è superiore a quanto è stato fatto in tutto il resto d’Italia. Si tratta di circa 4,5 miliardi di euro investiti in Lombardia in dieci anni per costruire nuovi modernissimi ospedali e avviare circa 600 cantieri o interventi di ampliamento, restauro, ristrutturazione, eccetera. A questa cifra vanno aggiunti 350 milioni di euro stanziati direttamente dalla Regione nel 2011, e circa 450 milioni di euro, già approvati e in arrivo dal governo dopo un’attesa di due anni. Il privato è stato coinvolto in modo assolutamente costruttivo: il mercato ha risposto in modo molto positivo a forme di appalto innovative come concessione e project finance. Grazie a tale scelta si sono ottenuti importanti benefici come la riduzione dei tempi di costruzione (3 anni circa per i nuovi ospedali contro una media nazionale di 12 anni) e la creazione di importanti addizionalità di risorse.

 

Qualità e appropriatezza

In continuità con una tendenza di lunga durata, anche nel 2010 (ultimo dato disponibile) il numero dei ricoveri ospedalieri totali in Lombardia ha conosciuto una riduzione. Si tratta di un eccellente risultato che conferma l’efficacia delle politiche regionali che mirano alla massima appropriatezza e all’eliminazione di sprechi e inefficienze. In particolare, dal 2007 al 2010 abbiamo assistito a un calo del numero totale di ricoveri da 193 mila a 158 mila (-18 per cento). La ricerca costante della massima appropriatezza e la costruzione di percorsi terapeutici integrati tra ospedale e territori ha generato nel tempo prima una stabilizzazione e poi una progressiva riduzione dei tassi di ospedalizzazione. Questo è ciò che è avvenuto in Lombardia, dove il tasso di ospedalizzazione è sceso dal valore di 176,7 per 1.000 residenti nel 1997 al valore di 127 per 1.000 residenti nel 2010 (-30 per cento circa).

 

Medicina territoriale

La cura della cronicità e lo sviluppo delle funzioni territoriali degli ospedali rappresentano due tra le sfide più importanti per il futuro della sanità contemporanea. Richiedono approcci e metodologie all’avanguardia, che sappiano coniugare un servizio efficiente e di qualità con esigenze di controllo di spesa.

Sub-acuti. Sono già state attivate in Lombardia le prime strutture intermedie tra l’ospedale e il territorio per l’erogazione di cure sub-acute. L’obiettivo è assistere adeguatamente quei pazienti che, pur avendo superato la fase di instabilità e di criticità clinica, continuano ad avere bisogno di assistenza per evitare che si ripetano episodi acuti. Il fabbisogno di posti letto ipotizzato è di circa 1.200 in tutta la Lombardia. Si tratta sostanzialmente di ospedali medio-piccoli nei quali saranno presenti solo alcune specialità ospedaliere di base.

Creg. È in corso di sperimentazione su cinque Asl lombarde una modalità di presa in carico innovativa rivolta ai pazienti cronici chiamata Creg (Chronic Related Group) che, dati gli iniziali esiti positivi, verrà gradualmente estesa a tutto il territorio regionale (al momento sono coinvolti circa 126 mila pazienti). L’applicazione di questa modalità di presa in carico rende possibili una serie di miglioramenti. Anzitutto permette di stabilire in anticipo una quota di risorse per ogni categoria di pazienti, garantendo con continuità tutti i servizi extraospedalieri: ambulatoriale, protesica, farmaceutica, cure a domicilio. Quindi permette di conseguire risparmi anche consistenti su una serie di voci (anzitutto quelle sui ricoveri ospedalieri: oggi il 36 per cento dei malati cronici sta nelle aree per acuti), potendo prevenire eventuali fasi acute della patologia derivanti da un’assistenza discontinua. Infine contribuisce a migliorare significativamente le condizioni di salute generale degli assistiti. Questa iniziativa, una volta messa a regime, potrà costituire un modello replicabile ed efficace a livello internazionale per una corretta gestione di tutte le patologie croniche e non solo, all’interno del rispetto di parametri di appropriatezza terapeutica e di economicità.

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