«La carcerazione preventiva non è una misura cautelativa ammissibile»

L'Anm di Roma interviene sul problema del sovraffollamento delle carceri: «Serve un uso più equo e selettivo dalla carcerazione preventiva».

«Se è vero che la prigione è la figlia prediletta della giustizia, il carcere è il tema che ci interroga più di altri. Eppure il paradosso è che la figlia della giustizia, la prigione appunto, è percepita invece come un territorio oscuro, abbandonato, dove nel silenzio si consuma la violazione dei diritti umani dei detenuti». Così Evelina Canale, segretaria romana dell’Associazione nazionale magistrati, ha introdotto lo scorso 19 aprile un interessante incontro a tema sovraffollamento. Un momento in cui ci si è interrogati su quali siano le cause di questo “lato oscuro” della giustizia che è il nostro carcere, perché «ci sentiamo colpiti come cittadini prima ancora che come magistrati, perché è una costante violazione dei diritti umani». Si è parlato anche di possibili soluzioni, tanto che al dibattito è intervenuto anche l’attuale capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) Giovanni Tamburino. Tra i presenti, inoltre, anche Giorgio Santacroce, presidente della Corte di Appello di Roma, che ha esordito ricordando che «le carceri scoppiano da anni, e nelle carceri si muore. Sappiamo bene però che la costruzione di nuove carceri porta consensi elettorali, mentre impegnarsi ad assumere nuovi educatori che lavorino nell’esecuzione della pena verrebbe visto come un inutile spreco, con buona pace dell’articolo 27 della Costituzione che dice che la pena deve tendere alla rieducazione. Non è più possibile voltare la testa altrove, purtroppo però l’opinione pubblica ha un atteggiamento di indifferenza o rassegnazione. Il sovraffollamento delle carceri è entrato nel novero delle emergenze, quasi naturali, a cui ci si abitua, al punto da non reagire più. In Italia siamo abituati a farci scivolare di dosso tutto, anche le cose più umilianti».

Per Santacroce: «il problema delle carceri è specchio di una giustizia che funziona male, e non c’è solo l’alternativa secca tra amnistia, misura impopolare, o costruzioni di nuove carceri, soluzione inutile e impraticabile. Il sovraffollamento è la conseguenza di una visione della pena che ha dimenticato lo scopo di recuperare le persone. La visione attuale fa coincidere la certezza della pena con il carcere. Ma quando si arriverà a capire che la pena del carcere, in quanto più severa, deve rappresentare l’extrema ratio riservata a criminali di altissima pericolosità sociale? Ma davvero si pensa che sbandierare lo slogan “più galera per tutti” risolva il problema della sicurezza?». Queste le soluzioni prospettate dal magistrato: «Dobbiamo domandarci se una soluzione per il decongestionamento delle carceri non arrivi da un uso più equo e selettivo dalla carcerazione preventiva, lontano da pulsioni giustizialiste di bassa lega. Un uso più prudente risponde a principi elementari di civiltà giuridica, come ci hanno ripetutamente insegnato tanto la Corte costituzionale che quella europea per i diritti dell’uomo: il principio del minimo sacrificio della libertà personale prima della condanna, per cui la custodia preventiva non può essere usata in funzione di anticipazione della pena, ma solo per soddisfare precise ragioni cautelari. Per realizzare un carcere più umano è necessario rafforzare il sistema delle misure alternative, introducendo sanzioni sostitutive. Va rivisto il concetto di pena. Va velocizzato il processo e quindi l’esecuzione della pena, che oggi quando arriva è inadatta a svolgere le funzioni che la Costituzione le assegna.

Anche Luigi Ciampoli, procuratore generale della Corte d’appello di Roma, è intervenuto sul tema della custodia cautelare: «Parlare di sovraffollamento significa parlare di un effetto ultimo, constatare che ci sono parecchie persone costrette a vivere la violazione dei diritti umani più basilari e ultimi, ma non significa risalire alle cause. Si parla di edificazioni, di effetti di permessi, ma non si parla del problema a monte, che è quello che porta parecchie persone a stare in carcere e richiama un principio di carattere fondamentale. L’uso di carcerazione preventiva, che non so ancora quanta concordanza trovi con la carta costituzionale, è semplicemente una cautela anticipata, ma non è certo la sanzione prevista dal nostro ordinamento per la constatazione di un reato».

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