L’Ue conferma: solo auto elettriche dal 2035. Festeggia la Cina

Lo stop alla vendita di auto nuove a benzina e diesel diventa definitivo. Ford annuncia i primi tagli in Europa, mentre Pechino si prepara a sfruttare il suo monopolio del settore

Il Parlamento europeo ha approvato definitivamente lo stop alla vendita di veicoli nuovi a benzina e diesel a partire dal 2035: per quella data dai concessionari potranno uscire solo auto elettriche. Nelle stesse ore la Ford ha annunciato il taglio di 3.800 posti di lavoro in Europa, soprattutto in Germania e Regno Unito. Non è un caso ed è solo l’inizio di un disastro annunciato.

Il mercato delle auto elettriche è in mano alla Cina

È dal 2021 che lo scriviamo in tutte le salse: il passaggio repentino, unilaterale e obbligatorio che l’Europa si autoimpone per ragioni ambientali è un suicidio. Non solo perché, secondo quanto calcolato dalla stessa Commissione europea, la direttiva distruggerà lungo tutta la filiera 600 mila posti di lavoro (stima ottimistica).

La vera ragione che avrebbe dovuto spingere i vertici dell’Ue a riconsiderare la propria posizione è strategica: Bruxelles ha infatti deciso di seppellire un mercato, quello dei motori a scoppio, in cui è leader mondiale per uno che ad oggi è saldamente in mano alla Cina.

Aumenta l’export cinese verso l’Europa

Pechino non ha in mano soltanto il 60 per cento della produzione globale di auto elettriche, almeno il 60 per cento delle batterie in circolazione nel mondo è made in China e oltre il 32 per cento è appannaggio di un solo produttore, il colosso Catl.

Tutti scommettono sul fatto che i cittadini europei non compreranno mai le auto elettriche cinesi. Ma i dati dicono altro: nel 2019 l’export del settore auto europeo verso la Cina era pari a 5 miliardi di euro al mese, il tragitto opposto era praticamente a quota zero. Due anni dopo l’export Ue è salito da 5 a 7 miliardi al mese, mentre l’export cinese verso l’Europa è cresciuto da zero a 4 miliardi, praticamente tutti alla voce “veicoli elettrici”.

Un problema di libertà e di costi

Ci sono altre ottime ragioni per essere preoccupati. L’Ue ha deciso di mettere a rischio il proprio comparto industriale per inquinare di meno. Ma su questo punto non c’è alcuna certezza. Come dichiarava a Tempi Roberto Zucchetti, docente di Economia dei trasporti all’Università Bocconi di Milano, «rispetto ai veicoli con motore endotermico, l’auto elettrica è sicuramente più efficiente e non produce emissioni allo scarico. La vera domanda allora è un’altra: come produciamo e produrremo energia elettrica?».

«Per riconvertire la mobilità all’elettrico servirà il 20 per cento di energia in più a disposizione». proseguiva. «Un 20 per cento che dobbiamo produrre entro il 2035 da fonti rinnovabili». Un obiettivo evidentemente impossibile, per non parlare della cronica mancanza di colonnine di ricarica su tutto il territorio.

Oltre a questo, notava il professore, dato l’elevato costo dei veicoli elettrici milioni di italiani non potranno più permettersi l’auto. E di conseguenza, soprattutto quegli italiani che non abitano in grandi città «non saranno più liberi di spostarsi».

Infine, per ovviare a questo problema, c’è sempre la possibilità che l’Europa vedrà un boom di importazioni dall’estero di automobili a benzina e diesel a “km 1” prodotte all’estero, per aggirare il divieto della Commissione europea. Con la diretta conseguenza che la trovata europea porterà a scarsissimi benefici ambientali.

Addio neutralità tecnologica

La dipendenza dalla Cina non è un destino ineluttabile. Diverse start-up stanno studiando nuove batterie elettriche che utilizzino il sodio e lo zolfo al posto del litio e del cobalto, di cui Pechino detiene il monopolio della raffinazione. Ma nessuno sa quando la tecnologia farà salti in avanti e sarà pronta all’uso.

Ed è proprio questo il peccato originale dell’Unione Europea: invece di far seguire le leggi allo sviluppo scientifico, adottando il sacrosanto principio della neutralità tecnologica, si illude di poter cambiare la realtà con una votazione a maggioranza.

«Ue ideologica, neosovietica e populista»

Non a caso, quando il Parlamento europeo approvò per la prima volta il provvedimento a giugno dell’anno scorso, l’eurodeputato di Fi Massimiliano Salini parlò di «decisione ideologica, neosovietica, populista e staccata dalla realtà». La cultura economica europea, ricordava, «non evolve a suon di target irrealizzabili imposti dall’alto. In Europa le transizioni sono sempre nate dal basso».

Il passaggio del provvedimento suicida dell’Ue in Assemblea plenaria con 340 voti favorevoli e 279 contrari è stato salutato da un grande applauso. Ma l’applauso più grande è arrivato da Pechino, che nel 2022 ha registrato un +54,4% di export di auto elettriche rispetto al 2021. L’associazione cinese di costruttori di auto si attende per quest’anno un ulteriore aumento del 20 per cento, soprattutto in Europa. «Le vendite in Europa sono ancora basse, ma la stessa presenza dei nostri marchi è la prova che siamo competitivi», ha dichiarato Fu Yuwu, presidente onorario della Società cinese degli ingegneri automobilistici.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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