Jihadisti massacrano islamici sunniti vicino a Baghdad. Storia di Abu Ahmed: «Hanno giustiziato anche un neonato di tre mesi»

Membro della tribù sunnita Al Bu Nimr, Abu Ahmed è scampato alla morte per miracolo. Ha raccontato il suo ritorno a casa: «Ogni cinque minuti vedevo almeno 25 cadaveri. Il governo iracheno ci ha traditi»

 

Abu Ahmed si ritiene fortunato. Come centinaia di altri membri della tribù musulmana sunnita di Al Bu Nimr è stato catturato dagli uomini dello Stato islamico nella provincia di Anbar, a ovest della capitale Baghdad. Poiché ha combattuto contro i terroristi per difendere il suo paese, come gli altri è stato accusato di apostasia, messo in fila nel deserto insieme ad altre 100 persone e giustiziato.

LA VITTORIA DELL’ISIL. Ma Abu Ahmed (nome di fantasia per ragioni di sicurezza) non è morto. Colpito a un braccio e una gamba, si è finto cadavere tra i cadaveri e quando gli islamisti se ne sono andati ha fatto ritorno a casa. «Stavamo difendendo una città dai jihadisti», racconta l’uomo alla Bbc in una delle rarissime testimonianze arrivate dalla provincia ormai conquistata dall’Isil. «Sono arrivati con 40 macchine. Hanno iniziato a spararci gridando: “Venite fuori disertori. Avremmo già conquistato Baghdad, se non ci aveste fermato”. Molti di noi si sono rifugiati nei canneti, altri sono fuggiti ma siamo stati raggiunti. Le pallottole sibilavano dovunque. Ho visto tantissimi cadaveri. Chi è sopravvissuto è stato legato e portato via. Non so che fine abbiano fatto gli altri».

«CADAVERI DOVUNQUE». Probabilmente, come lui, sono stati giustiziati in modo sommario. In tutto, almeno 630 membri della tribù sono stati massacrati in pochi giorni nella città di Hit e nei dintorni. Abu Ahmed descrive così il suo terribile ritorno a casa: «Ogni cinque minuti di cammino, vedevo per terra almeno 25 cadaveri. C’erano donne, anziani e bambini dappertutto. Ho visto perfino il corpo di un neonato morto che avrà avuto al massimo tre mesi di vita. L’ho raccolto da terra con le mie mani e l’ho portato via tra le braccia».

SUNNITI CONTRO SUNNITI. In tutti i territori che hanno conquistato, i miliziani dello Stato islamico hanno fatto piazza pulita degli oppositori. Il caso della tribù Al Bu Nimr, però, è particolare visto che ad essere colpiti questa volta non sono musulmani sciiti ma sunniti come gli uomini del califfo Al Baghdadi.

«TRADITI DAL GOVERNO». Perché la tribù sia stata sopraffatta dai terroristi è presto detto: «Siamo stati traditi dal governo», afferma Abu Ahmed. «Ci hanno detto: “Combattete e vi aiuteremo”. Ma non hanno fatto niente. Non ci hanno rifornito di armi. Non ci hanno inviato niente. Dopo 13 giorni di combattimenti, senza appoggio aereo, abbiamo finito le munizioni».
Uno dei responsabili della tribù, Sheikh Naeem al-Gaoud, aggiunge: «Il governo ci ha abbandonati. Non ci ha inviato le armi promesse. Abbiamo dato loro le coordinate per gli attacchi aerei, ma non hanno mantenuto la parola data».

CONSEGUENZE. La tribù è stata tradita dallo stesso governo su cui gli Stati Uniti confidano per sconfiggere lo Stato islamico. Questo elemento, insieme ai massacri perpetrati dall’Isil, potrebbe spingere altre tribù a lasciare campo libero ai terroristi invece che combatterli: «La brutalità dimostrata può essere più importante delle battaglie stesse», afferma l’analista iracheno Hisham Al Hashemi, esperto di sicurezza. «Altre tribù sunnite potrebbero non voler fare la stessa fine degli Al Bu Nimr. La maggior parte rimarrà neutrale e si tirerà fuori dal conflitto».

 

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