Iraq. «L’intera minoranza siro-cattolica rischia di scomparire per sempre»

Il patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif iii Younan: «quello che è avvenuto in questi sei anni per mano dell'Isis ci ha devastato il cuore»

Articolo tratto dall’Osservatore romano – «Tutta la popolazione della nostra diocesi è stata cacciata ed è la più perseguitata dai miliziani dello Stato islamico: di 12.000 famiglie più della metà sono in Kurdistan come profughi, altre 5000 famiglie hanno ripiegato in Libano. Qui abbiamo anche 1300 famiglie siriane, altrettante in Giordania e circa 700 famiglie in Turchia. Un po’ più della metà della comunità siro-cattolica si trova nel Kurdistan iracheno».

È una “fotografia” dai toni forti quella che il patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif iii Younan, scatta sulle condizioni in cui versa la propria comunità dopo anni di sofferenze e persecuzioni. E tutto questo nonostante alcuni importanti centri iracheni siano stati recentemente liberati. «Ovunque ho trovato non solo la devastazione che ci aspettavamo ma i segni dell’odio religioso: prima di andarsene hanno bruciato la metà delle case e delle chiese», racconta il patriarca in una intervista rilasciata a Terrasanta.net, il sito in rete della custodia francescana.

Parole in cui si coglie l’immensa amarezza per quello che viene definito un «genocidio» e cioè il tentativo di sradicare il popolo cristiano dalla propria terra. «Il martirio ― ricorda ― è sempre esistito e ha fecondato la Chiesa, certo. Ma oggi c’è una differenza fondamentale rispetto al passato: oggi non sono a rischio solo gli individui, oggi l’intera nostra minoranza siro-cattolica rischia di scomparire per sempre dalla faccia della terra o sopravvivere perdendo la sua identità culturale, ecclesiale e linguistica». Per il patriarca «quello che è avvenuto in questi sei anni ci ha devastato il cuore: dopo infiniti appelli inascoltati, non c’è più molto altro da dire: questi anni sono stati una tragedia senza fine». Nella sola notte fra il 6 e il 7 agosto 2014, circa 140.000 cristiani sono stati sradicati dalla Piana di Ninive, in Iraq. E ancora oggi, afferma, «non sappiamo quando sarà possibile per le varie comunità cristiane tornare in sicurezza nelle loro case. Più di tutto, non sappiamo come convincere la nostra gioventù a farsi coraggio, tornare nelle loro terre e vivere la speranza cristiana».

In sostanza, sottolinea ancora, «in gioco c’è la nostra stessa sopravvivenza nelle nostre terre e anche come comunità siro-cattolica, una comunità antichissima che ancora oggi usa come lingua liturgica l’aramaico, la lingua di Gesù. La gente non vede la possibilità di tornare: se emigreranno in Australia o raggiungeranno le famiglie che già sono in Canada o negli Stati Uniti il Medio oriente resterà privo di una componente fondamentale della sua storia, della sua identità, questi paesi saranno deprivati di comunità che sole possono garantire pluralismo e rispetto delle differenze».

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