Il più grande porto petrolifero Usa riconvertito dall’import all’export? Grazie allo shale boom potrebbe succedere

Il Louisiana Offshore Oil Port è stato per più di 30 anni simbolo della dipendenza energetica da Nigeria e Arabia Saudita. Ora, grazie alla rivoluzione dello shale potrebbe diventare trampolino di lancio per esportazioni di greggio a stelle e strisce

Il più grande porto petrolifero offshore degli Stati Uniti d’America, che sorge nel Golfo del Messico in Louisiana, potrebbe essere riconvertito entro l’anno per permettere l’esportazione del greggio anziché l’importazione. Lo riferisce l’agenzia Bloomberg in un articolo apparso sul suo sito. A patto, però, che lo shale boom, ovvero l’esponenziale crescita nelle estrazioni di shale gas e shale oil confermino le previsioni di marcia verso il raggiungimento dell’indipendenza energetica, previsto per il continente nordamericano nel 2020.

INDIPENDENZA ENERGETICA. Il Louisiana Offshore Oil Port (Loop) è stato per più di 30 anni il simbolo della dipendenza energetica degli Stati Uniti, in particolare dal petrolio della Nigeria e dell’Arabia Saudita. Per anni le cosiddette supertankers, ovvero le petroliere più grandi al mondo, hanno raggiunto Loop per depositare milioni e milioni di barili di greggio. Nei fondali delle paludi della Lousiana, infatti, sono presenti maxi-cisterne dove il petrolio importato viene stoccato, grazie a un fitto reticolo di tubature da circa 50 pollici di diametro.

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INVERTIRE IL FLUSSO SI PUÒ. Ora che la produzione domestica degli Stati Uniti d’America ha raggiunto il picco degli ultimi 28 anni, i manager di Loops stanno pensando se e come invertire il flusso in modo da poter rendere il porto una base per le esportazioni di petrolio, anziché per le importazioni. Un progetto, realizzabile nel giro di un anno, prevede la possibilità di rendere bidirezionale l’utilizzo dell’impianto e delle cisterne; un altro, che invece richiederebbe due o tre anni di tempo per la realizzazione, prevede la costruzione da zero di condotti per il processo inverso dello stoccaggio. Ad ogni modo, nulla dovrebbe avvenire prima di un anno, ha assicurato a Bloomberg Barb Hestermann, manager di Loop, spiegando che tutto dipende da quanto le perforazioni nei giacimenti di scisto saranno in grado di produrre.

AUMENTA L’EXPORT. Intanto, però, nel porto, che ha una capacità di stoccaggio pari a 69 milioni di barili, i barili depositati al giorno sono calati a quota 658 mila nel 2013, la più bassa del 1985. Nel 2005 erano 1 milione e 180 mila, pari al 12 per cento del totale delle importazioni Usa, mentre nel 2009 un milione. Oggi gli Stati Uniti importano 6,47 milioni di barili al giorno. Mentre le esportazioni, grazie anche al greggio estratto con il fracking, la tecnica della fratturazione idraulica che permette di estrarre l’idrocarburo dagli scisti, sono salite a 8,5 milioni di barili al giorno, il livello più alto dal 1986.

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