L’ignavia della Cgil sui contratti

Rassegna ragionata dal web su: i molti obiettivi (politici) di Landini, il gusto di Sbarra per il mestiere di sindacalista, la battaglia dell'UAW con Stellantis in America

Il segretario della Cgil Maurizio Landini e la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, partecipano alla festa della Cgil a Bologna lo scorso 8 luglio (foto Ansa)

Su Startmag Marco Dell’Aguzzo scrive: «In una lettera ai dipendenti datata 11 agosto e pubblicata da Reuters, il direttore operativo di Stellantis, Mark Stewart, ha scritto che un patto contrattuale dovrebbe basarsi sul “realismo economico”. Il presidente dell’UAW, però, pensa che la dirigenza di Stellantis “abbia scelto di sputarci in faccia” e ha detto che l’azienda vuole tagliare la copertura sanitaria e i contributi ai fondi pensionistici».

Ma allora ci sono ancora sindacati che lottano con la controparte sulla base di piattaforme di categoria e aziendali. Sì. Negli Stati Uniti.

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Su Affari italiani si parla di Maurizio Landini: «Il segretario della Cgil vede “salari e pensioni in calo, profitti in crescita, prezzi e tariffe senza controllo, tagli alla sanità e all’istruzione, nulla sulle pensioni, precarietà e povertà che crescono, sino al taglio degli investimenti del Pnrr. Il governo vuole stravolgere anche la Costituzione con l’autonomia differenziata, il presidenzialismo e l’attacco all’autonomia della magistratura”».

Molta attenzione all’indipendenza della magistratura, un giudizio severo sull’autonomia regionale. Landini ha molti obiettivi e dunque non può occuparsi di quella cosa secondaria che sono i contratti aziendali e di categoria.

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Sul Sussidiario Luigi Sbarra dice: «Il sindacalismo confederale italiano è plurale, e in questa fase esprime sensibilità diverse nel modo di interpretare la propria azione. Ma gli obiettivi sono gli stessi, e tra questi credo ci sia anche la tenuta della coesione nazionale dando un’opportunità a un cambiamento partecipato. Questo per dire che parlare di sciopero oggi è mettere il carro davanti ai buoi. Noi procediamo con la nostra mobilitazione, che da due mesi va avanti sulla raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione, a cui da settembre si aggiungerà il cammino dal basso delle Assemblee organizzative e grandi iniziative nazionali su lavoro, precarietà, politiche attive e democrazia economica. Nel merito, restiamo fermamente convinti che sia il momento di dar spazio e credito ai negoziati in tutti i tavoli aperti, che non sono né pochi né finti. È lì, nel confronto, nell’incalzare il Governo sulle nostre proposte, che si esprime il cuore della nostra funzione sindacale. Stare con un piede nella trattativa e con l’altro in piazza rischia di auto-sabotarci, facendo saltare gli affidamenti e relegando il mondo del lavoro a un ruolo meramente protestatario. Peraltro dare spazio al dialogo non vuol dire rinunciare al conflitto: significa ricorrervi solo in caso il negoziato si rompa o non porti a nulla. Faremo il bilancio a tempo debito, senza sconti, guardando ai contenuti annunciati in Manovra».

Forse anche in Italia c’è ancora qualcuno con il gusto di fare il proprio mestiere di sindacalista.

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Su Firstonline Giuliano Cazzola scrive: «Ma qualche cosa non torna. Dai dati Cnel e Inps – relativi a 434 Ccnl privati e a 12.914.115 lavoratori, (sono esclusi i contratti agricoli e dei lavoratori domestici) emerge che 162 (37,3%) firmati dalle maggiori organizzazioni sindacali confederali coprano 12.517.049 lavoratori (97%) e 272 contratti (62,7%) firmati da organizzazioni sindacali diverse da quelle confederali coprano 387.066 lavoratori (3%). Questi contratti non vanno meccanicamente annoverati come “pirata’’. Secondo stime attendibili, quest’ultima tipologia in regime di dumping riguarda lo 0,3% del complesso dei lavoratori (44mila). Il che significa che la maggior parte 3,5 milioni di lavoratori appartengono a settori (s)coperti dalla contrattazione collettiva. Il fatto è che il 17° Report Cnel di luglio ha certificato che dei 976 Ccnl relativi al settore privato, 553 risultano scaduti (57%). I lavoratori privati con un contratto scaduto sono 7.732.902, il 56% del totale. Tra i settori contrattuali privati caratterizzati dal maggior numero di dipendenti con contratto scaduto domina la classifica quello del “Terziario e Servizi”, con il 96%, seguito dal settore “Credito e Assicurazioni” con l’85%. Ben diversa la situazione relativa al settore dei “Trasporti” con solo il 6% di dipendenti con contratto scaduto, seguito da “Edilizia, legno e arredamento” e “Aziende di servizi”, con una percentuale pari al 15%. È grave che un settore in espansione, anche sul piano occupazionale come il ‘’terziario e servizi’’ versi in questa condizione di debolezza sindacale. Le grandi confederazioni, ad esempio, hanno ‘’regalato’’ il settore cruciale della logistica ai Cobas».

Così Cazzola mette in luce l’ignavia innanzi tutto della Cgil nell’impostare un’iniziativa sul fronte contrattuale.

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