“I manager indagati a Messa dal Papa” e altre notizie assurde apparse sulla stampa nell’epoca della colonna infame

Non c’è più filtro tra i brogliacci di procura e le tastiere dei cronisti. Il Corriere della Sera e la sua imbarazzante linea "non capisco, ma intanto pubblico"

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Mettetevi nei panni del Correttore di bozze. Se c’è una cosa che sa, quel buono a nulla, è che al cospetto di un uomo perbene come Ferruccio De Bortoli egli può solo abbassare la cresta. Non è degno manco di sciogliergli i legacci dei calzari, figurarsi se si permette di giudicare. Tuttavia. È giovedì 19 marzo, il tourbillon su Lupi infuria già da un paio di giorni, e il Correttore di bozze ha la zucca vuota che gli rimbomba a furia di sfogliare quotidiani nel vano tentativo di capire dove accidenti siano, in questo sputtanamento atomico, le benedette mazzette.

Ebbene, quella testa di rapa apre il Corriere e vi trova il seguente titolo: “I manager indagati alla messa del Papa”. Il quale titolo illustra la seguente notiziola:
«Erano in Vaticano, il 27 marzo dell’anno scorso, quando papa Francesco, alla messa per i politici, tuonò: i peccatori saranno perdonati, per i corrotti sarà molto difficile. Stefano Perotti e Francesco Cavallo, coinvolti nell’inchiesta sulle grandi opere, assistevano alla messa (come gran parte dei ministri, tra cui Lupi). Lo scrivono i pm negli atti dell’inchiesta: “Davvero singolare la loro personalità”».

Dunque, ricapitola il Correttore. Secondo il Corriere la notizia è questa: in Italia ci sono dei manager accusati di corruzione che hanno una «personalità davvero singolare» perché vanno a Messa dal Papa, e per giunta ci vanno proprio quando quegli strapazza i corrotti.

Ma cosa vi siete puffati, oh colleghi? Ve la deve spiegare un cialtrone come il Correttore di bozze la differenza che c’è tra un corrotto e un corrotto presunto, tra un accusato e un condannato, tra un’accusa e un processo? La notizia, semmai, è che in questo paese ci sono magistrati che si permettono di inserire negli atti pensierini sciatti come questi. Vi pare il caso di copiaincollare così? Cari solferini, date retta a questo analfabeta: esiste una Costituzione che sancisce la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva; ergo, se il vostro non è giustizialismo (moto incostituzionale dell’animo), trattasi di indagatofobia. Managerofobia. Chiamatela come vi pare ma fate qualcosa. Curatevi.

Ricordate il caso Bertolaso?
Nell’inchiesta fiorentina non siamo neanche alle richieste di rinvio a giudizio e già per il Corriere della Sera (il Corriere, mica il Fatto) gli «affari della Cricca 2.0» sono diventati un topos letterario simbolo di corruzione al pari di Tangentopoli. Leggere il Goffredo Buccini del 24 marzo per credere. Come può un cittadino democratico riluttante tipo il Correttore non temere per la propria immeritata incolumità? Con quale coraggio si presenterà in chiesa domenica sapendo che in sacrestia c’è l’amico De Bortoli pronto a infilzarlo?

A proposito di Ferruccio e a proposito di cricche. Impossibile per il Correttore non tornare con la memoria a quel giorno di cinque anni fa in cui lo stesso De Bortoli vergò un commentino perfetto a proposito di queste cose. Si trattava all’epoca di giustificare la somministrazione ai lettori delle «ventimila pagine di intercettazioni» di un’altra celebre indagine fiorentina, quella su Bertolaso, la Protezione civile, la ricostruzione dell’Aquila. «La verità – scrisse il Ferruccio – è che non è ancora chiaro il quadro delle accuse rivolte allo stesso Bertolaso, (…) non è chiaro se in cambio di queste presunte prestazioni di favore abbia derogato dai suoi doveri istituzionali».

La verità, insomma, è che nessuno quella volta al Corriere ci aveva capito un piffero (proprio come oggi), ed erano tutti assolutamente consci del fatto che «in un’indagine di questo tipo» ci sono «chiacchiere e fatti» e «c’è il rischio che finiscano coinvolte persone la cui unica colpa è aver parlato al telefono con chi aveva il cellulare sotto controllo». Proprio per questo, ammettevano tutti senza problemi in via Solferino, la Costituzione vuole che non siano i giornali e le piazze, bensì «le sentenze dei giudici a stabilire quali chiacchiere nascondono fatti e quali fatti sono reati».

Epperò sai com’è. «Anche le chiacchiere, in ogni caso, servono per farsi l’idea di un pezzetto d’Italia che si vorrebbe migliore». Perciò vai con la gogna. Era il 17 febbraio 2010. Qualcuno ha più avuto notizie del processo su quella scandalosa «storia di ordinaria corruzione»?

Caro Ferruccio, hai vinto in partenza. Tu aizzi la folla agitando il Rolex regalato da un indagato al figlio di Lupi, mentre il Correttore di bozze è qui a impartire noiose lezioncine deontologiche. Non c’è partita. Però sai, non sei mica Travaglio. È una settimana che Fiorenza Sarzanini scrive sul tuo quotidiano dei «favori di Cavallo a Lupi». Ma di cosa stiamo parlando? Del famigerato «vestito di alta sartoria» da 700 euro? Non lo sai che quel pezzente del Correttore per vestirsi all’ipercoop rischia di spendere di più? Non lo sai che al contrario le «indagini di questo tipo» costano tanti bei soldini, e soldini delle nostre tasche, mica solo di Incalza e di Perotti? Ti rendi conto che Lupi si è dimesso per molto meno?

@Correttoredibox

Foto Ansa

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