I “Care Day” per rilanciare le cure palliative in Italia

Iniziativa di Sui tetti per spingere il nostro Paese ad applicare quelle cure che sarebbero «una possibilità concretissima di aiutare la vita delle persone gravemente malate». Parlano Menorello e Vescovi

Iniziano oggi i “Care Day”, l’iniziativa promossa dal network Sui tetti che si svolgerà in contemporanea presso le sedi di nove consigli regionali (Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Toscana, Sicilia e Veneto). Si tratta di seminari di lavoro, con oltre cento contributi di palliativisti, bioeticisti, giuristi, rappresentanti di associazioni e istituzioni, in cui si vuole mettere al centro della riflessione la libertà e la dignità nella cura della persona.

L’intenzione, come spiega a Tempi il portavoce del network, Domenico Menorello, è quella di «spingere l’Italia e le Regioni ad avere un colpo di reni per quanto riguarda, soprattutto, le cure palliative. Esse possono essere una possibilità concretissima di aiutare la vita delle persone malate e un modo interessante di farle sentire importanti e al centro del nostro amore e interesse». I Care Day saranno anche l’occasione per presentare il volume L’eutanasia non è la soluzione, nato dalla collaborazione di Tempi, Sui tetti e Centro Studi Livatino (cliccando qui si può scaricare l’intero volume).

Cura e abbandono

Il tema è d’attualità non solo per il recente voto nel consiglio regionale Veneto – dove è stata respinta una proposta di legge dei radicali -, ma anche perché proprio in questi giorni è stato pubblicato un parere del Comitato nazionale di Bioetica (Cnb) che tratta, appunto, delle cure palliative. Dice il presidente del Cnb, Angelo Vescovi: «Le cure palliative servono a migliorare la vita del paziente e della sua famiglia. Esse vanno a intervenire non solo sugli aspetti fisici, ma anche su quelli psichici e spirituali». Il nostro paese, prosegue Vescovi, «ha una legislazione avanzata in materia, che però è carente sotto il profilo dell’applicazione. Secondo un’indagine conoscitiva del 2019 solo il 10 per cento dei 30 mila bambini che avrebbero bisogno di cure palliative trova risposta ai propri bisogni. Questo è inaccettabile, è un vulnus che non possiamo permetterci». Purtroppo, sospira Vescovi, «in Italia l’applicazione delle cure palliative è, nei migliore dei casi, a macchia di leopardo».

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Il direttore scientifico dall’Ospedale Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia) e docente dell’Università di Milano-Bicocca è convinto che «in molti casi la richiesta di morire di un paziente, se egli fosse ben assistito, potrebbe essere riformulata come una richiesta di aiuto a non soffrire. Non voglio entrare nel dibattito sull’eutanasia e il suicidio assistito, ma sono convinto che con l’applicazione delle cure palliative noi limiteremmo la drammaticità delle malattia e la richiesta di accesso al suicidio assistito». D’altronde, conclude, «rimango sempre molto sbalordito dall’enfasi che si dà al tema dell’abbandono della vita, anziché insistere sui modi in cui essa potrebbe essere assistita. Perché curare la vita di un paziente dovrebbe essere meno importante che spegnerla?»

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