Hong Kong, il regime dichiara guerra anche alla cioccolata

Non è uno scherzo, ma l'ultima conferma sulla paranoia del regime. Il governo vuole impedire agli attivisti democratici incarcerati di ricevere «tavolette» dietro le sbarre: «Potrebbero usarle per far sentire la propria influenza agli altri detenuti»

Il regime comunista in Cina non si darà pace fino a quando esisterà anche un solo cittadino a Hong Kong che ragiona con la sua testa e non con le categorie indicate nei discorsi di Xi Jinping. Ecco perché il governo dell’ex città autonoma non si accontenta più di arrestare, multare e rinchiudere al gabbio per motivi futili attivisti e comuni cittadini con velleità democratiche: vuole rendere loro la vita un inferno anche in carcere.

Perfino vestirsi di nero è rischioso

Da quando la legge sulla sicurezza nazionale è entrata in vigore nel luglio 2020, la lista di attività in grado di minacciare la stabilità di Hong Kong, e quindi punibili con pene che vanno fino all’ergastolo, è aumentata a dismisura: intonare slogan patriottici, partecipare a manifestazioni non autorizzate, criticare a qualunque titolo e in qualunque modo il governo o il Partito comunista, comprare in edicola giornali non allineati, pubblicare sui social o scrivere articoli su temi controversi, indossare capi di colore nero o giallo (che richiamano i movimenti di protesta degli anni scorsi), girare in modo sospetto con un ombrello, partecipare alle primarie del partito democratico, non partecipare alle riunioni del Parlamento, non votare le leggi proposte dal governo, votare leggi che mettono in difficoltà il governo, dichiarare di voler votare scheda bianca alle elezioni, commemorare la strage di Piazza Tienanmen, guardare film o leggere libri “proibiti”, cantare canzoni sconvenienti, sostare di fianco ai pullman che trasportano detenuti in carcere e così via.

«La cioccolata danneggia la sicurezza»

La paranoia del regime sembra non conoscere confini, ma ora lo zar della sicurezza nazionale, Chris Tang, ha aggiunto un nuovo improbabile nemico all’elenco degli elementi controrivoluzionari: la cioccolata. Secondo Tang, alcuni attivisti democratici condannati a svariati anni di carcere stanno ricevendo «molte tavolette di cioccolato e fermacapelli» in prigione, beni il cui possesso è limitato dietro le sbarre. E che male possono fare? Ha spiegato serissimo Tang ai giornalisti:

«Molte persone potrebbero trovarlo strano, hanno solo qualche fermacapelli in più, qualche pezzo di cioccolata in più, dove sta il problema? Il punto è che possedendo queste cose fanno percepire agli altri detenuti la loro influenza e così li spingono a provare ancora più odio per Hong Kong e il governo centrale. Di conseguenza, danneggiano la sicurezza nazionale».

Albert Ho di nuovo condannato

Tang, che ha pronunciato realmente queste parole, non ha fatto i nomi e i cognomi delle persone cui si stava riferendo. Dal luglio 2020, sono già state arrestato più di 120 persone per violazione della legge sulla sicurezza nazionale, tanti hanno subito la carcerazione preventiva in attesa del processo e migliaia sono finiti agli arresti per aver partecipato o sostenuto le marce pacifiche democratiche del 2019. Ieri Albert Ho e altri 11 attivisti hanno ricevuto condanne supplementari di dieci mesi di carcere in media per aver partecipato alla veglia bandita di commemorazione di Piazza Tienanmen nel 2020.

Per aiutare questa marea di nuovi detenuti, sono nati a Hong Kong due associazioni: il 612 Humanitarian Relief Fund, che offre consulenze legali gratuite e concede prestiti per la cauzione a chi viene accusato, e Wallfare, che si occupa di scrivere lettere ai detenuti e inviare generi alimentari di supporto. Dopo che la polizia ha investigato la prima associazione per «potenziali» violazioni della legge sulla sicurezza nazionale, il fondo 612 è stato costretto a chiudere.

«Anche esistere potrebbe essere un crimine»

L’obiettivo del governo di Hong Kong è isolare gli attivisti democratici anche in carcere, perseguitando pure chi scrive loro lettere o fa richiesta per andare a fare loro visita in prigione «disseminando informazioni e incitandoli a continuare la lotta». Dopo aver privato queste persone della libertà fisica, il regime vuole ora spezzare il loro spirito e impedire così che facciano proseliti dietro le sbarre espandendo la loro influenza in modo «subliminale».

Il fondatore di Wallfare, Shiu Ka-chun, ha definito al New York Times le parole di Tang come «incomprensibili: siamo solo un gruppo che fornisce aiuto umanitario». Per evitare però nuovi arresti, l’associazione ha annunciato il proprio scioglimento martedì. Durante una conferenza stampa, Shiu ha dichiarato senza dettagliare troppo: «Domenica è successo qualcosa» che ci ha spinti a prendere questa decisione. «Qualsiasi gruppo della società civile oggi è soggetto a pressioni. Anche esistere potrebbe essere un crimine. Forse essere qui oggi è un crimine». Non ci sono parole migliori per descrivere che cosa è diventata Hong Kong da quando Pechino ne ha ripreso il controllo.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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