Hong Kong è al collasso per la strategia “zero Covid”, non per il Covid

Ospedali al collasso, pazienti ricoverati all'aperto, restrizioni severe. Le ragioni della crisi di Hong Kong sono politiche e non sanitarie: il governo vorrebbe cambiare, ma deve obbedire alla Cina

Ospedali al collasso, pazienti abbandonati sulle barelle in strada o nei parcheggi, nuove restrizioni e panico diffuso: è il risultato della strategia “zero Covid” che Hong Kong segue convintamente al pari del resto della Cina. Le immagini che hanno fatto il giro del mondo sono in realtà fuorvianti: nell’isola non è in corso alcuna ecatombe, difficile anche solo parlare di “emergenza”. Il vero colpevole del caos che si è creato in città è la strategia “scelta” dal governo di Carrie Lam.

Xi Jinping ordina, Hong Kong esegue

La governatrice ha dichiarato che «arrenderci al virus non è un’opzione», ma quello che intendeva dire realmente è che l’idea di convivere con il Covid-19 non è ritenuta accettabile. Soprattutto dopo che il presidente cinese Xi Jinping ha ordinato al governo di Hong Kong di «prendere tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione». Lockdown compreso, anche se Lam continua a rinviare la decisione che avrebbe effetti devastanti su una città dove migliaia di persone vivono in mini-appartamenti di pochi metri quadrati.

E per che cosa poi? Hong Kong sta registrando una media di 2.600 nuovi casi al giorno, la stragrande maggioranza dei quali asintomatici. Nonostante da un anno la media fosse ferma a una decina di nuovi casi al giorno e non ci siano mai stati picchi superiori ai 200 positivi, si tratta di numeri bassissimi per una popolazione di 7,5 milioni di persone. Anche il numero di decessi, 9 nelle ultime 24 ore (227 in tutto dal 2020), non è allarmante se paragonato ai dati europei.

Ospedali al collasso, pochi vaccinati

Ma la strategia “zero Covid” di Hong Kong, modellata su quella cinese, prevede che tutti i pazienti che risultano positivi a un test, sintomatici o meno, debbano essere ricoverati in ospedale e isolati in reparto o in un centro per la quarantena. È questa decisione, politica e non sanitaria, che ha fatto collassare gli ospedali: attualmente 7 ospedali pubblici su 17 hanno esaurito i posti letto. Non è dunque il Covid che «ha sopraffatto la capacità di gestione della città», come dichiarato dalla governatrice Lam, ma la strategia “zero Covid”. Una strategia discutibile in sé, insostenibile soprattutto con la variante Omicron, che è molto più contagiosa delle precedenti, pur essendo meno aggressiva.

Alcuni positivi sono già stati dirottati in alloggi popolari appena costruiti o nei dormitori universitari per la quarantena. Ma la lista d’attesa supera già il migliaio di persone e le file per i tamponi non si esauriscono mai. Intanto il governo ha approvato nuove restrizioni: chiusura di scuole, bar, parrucchieri e palestre, divieto di mangiare fuori dopo le 18, divieto di ritrovarsi in privato tra membri di più di due famiglie, ingresso vietato ai non vaccinati in supermercati e centri commerciali a partire dal 24 febbraio. Quest’ultima misura è stata presa per convincere soprattutto gli anziani a vaccinarsi: soltanto il 20% degli over 80 ha entrambe le dosi e appena il 50% nella fascia 70-79 anni.

Se solo Hong Kong fosse libera

Invece di sterminare 2.500 criceti solo perché un singolo esemplare in un negozio di animali era stato trovato positivo al Covid, il governo avrebbe dovuto lavorare per contrastare la diffidenza dei cittadini verso il vaccino, specie quello cinese che il governo sponsorizza per ragioni di patriottismo.

Nonostante l’evidente fallimento del modello cinese di contenimento della pandemia, Carrie Lam tira dritto con stoicismo: «Al momento pensiamo ancora che la strategia zero Covid sia la migliore per Hong Kong». Si potrebbe pensare che la governatrice abbia le fette di prosciutto sugli occhi ma non è così: la verità è che il governo di Hong Kong non può cambiare strategia, a meno che Pechino non lo autorizzi. E dopo le parole di Xi Jinping, è molto difficile che questo avvenga.

La Cina ha già annunciato che invierà personale medico nell’isola per aiutarla a fronteggiare la quinta ondata. È possibile che nuovi ospedali verranno costruiti, come a Wuhan all’inizio della pandemia, per fronteggiare la crisi. Il paradosso è che, a fronte di un aumento esponenziale di casi positivi, l’aumento di malati gravi è trascurabile. Perché allora Hong Kong, che già ha chiuso le frontiere al mondo nell’ultimo anno, isolandosi completamente e danneggiandosi dal punto di vista economico, si infligge questa ulteriore punizione? Perché non può fare altrimenti. Ora è il Partito comunista a comandare a Hong Kong e Xi ha indicato la strada: a costo di suicidarsi, il governo del territorio “autonomo” la percorrerà. Del resto, è da tempo che la parola “libertà” è stata cancellata dai dizionari in città.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Exit mobile version