Se il green pass fosse almeno intelligente

Perché l'ipotesi – al vaglio del governo – di condizionare «diritti fondamentali» come la scuola e il lavoro alla vaccinazione sarebbe ingiusta, oltre che acrobatica. Spunti pro vax senza fanatismi

È naturale che l’argomento del momento sia il green pass e soprattutto l’ipotesi presa in considerazione dal governo in questi giorni dal governo di estenderne l’applicazione a scuola, servizi come i trasporti, ambienti di lavoro.

A nessuno può sfuggire la situazione complicata in cui si trova attualmente qualunque esecutivo del mondo, quello italiano compreso, chiamato a dover “fare qualcosa” per forza di fronte a una pandemia di fatto ancora quasi sconosciuta. A questo si aggiunge la difficoltà di fare i conti con la libertà delle persone. Cosa che però non può essere evitata in una democrazia.

Come scriviamo da tempo, per chi non sa cosa fare chiudere tutto è la soluzione più facile. E disastrosa. Minacciare la Dad per chi non si vaccina (questo è, all’osso, il green pass esteso alla scuola) non è proprio la stessa cosa ma ci si avvicina.

Alcuni spunti interessanti apparsi sui giornali nei giorni scorsi possono aiutare ragionare in questo senso.

1) Non è mai inutile ripeterlo: buttare tutte le domande riguardo ai vaccini nel calderone dei pregiudizi no vax, per poi sognare – con l’«ironia» di Roberto Burioni – di vedere tutti i no vax «chiusi in casa come dei sorci» grazie al green pass, così come spararle grossissime per spingere la gente a vaccinarsi per non «morire», beh, sono tutte cose che non fanno sicuramente un buon servizio alla causa – buona – della vaccinazione anti Covid su larga scala. Le bugie sono sospette per definizione.

Come ha detto a Repubblica un politico (vaccinato) di buon senso come Guido Crosetto:

«Non sopporto chi pensa che dietro al vaccino ci sia un complotto ma neanche chi considera Big Pharma un ente benefico».

Sempre su Repubblica, edizione di lunedì 26 luglio, il costituzionalista Michele Ainis, mica un cialtrone no vax, giustamente se l’è presa con i «i legionari del vaccino» che «sguainano il pugnale contro gli infedeli». Qualche esempio fatto da lui:

«Così, la virologa Ilaria Capua vorrebbe far pagare ai non vaccinati le cure ospedaliere. Confindustria propone d’espellerli dai luoghi di lavoro, lasciandoli perciò senza stipendio. Idem l’associazione dei presidi rispetto agli insegnanti. E intanto la Statale di Milano ha già vietato le residenze universitarie agli studenti privi del vaccino»

Riflette Ainis: «Se l’aria che tira è questa» – cioè, aggiungiamo noi, se l’aria che tira è “o il vaccino o la Dad” –, beh, «tanto vale stabilire la vaccinazione obbligatoria, senza troppe ipocrisie».

Ma proprio qui sta il problema. Per dirla con Crosetto:

«Se uno non vuole vaccinarsi come faccio a obbligarlo?».

2) Obbligare al vaccino o al green pass (di fatto sono la stessa cosa, «senza troppe ipocrisie») non è così facile perché, ha scritto ancora Ainis, una legge di questo tipo

«dovrebbe riflettere un criterio di gradualità, d’applicazione progressiva e temperata, senza liste di proscrizione né diktat, giacché ogni misura sanitaria obbligatoria si situa sul crinale fra libertà e doveri».

3) Obbligare al vaccino o al green pass non è così ovvio perché esiste la libertà ed esistono altri diritti, oltre alla salute. Esistono libertà e diritti. Anche questo abbiamo tentato di dirlo in mille salse. Dal punto di vista costituzionale lo lasciamo spiegare ancora a Michele Ainis:

«Dipende dalla situazione di fatto, e dipende dai diritti in gioco. Oggi c’è un allarme, non un’emergenza assoluta (e meno male) come un anno fa, con gli ospedali saturi e centinaia di morti al giorno. Dunque è lecito comprimere un ventaglio di diritti secondari, relativi al tempo libero, come una cena al ristorante o una domenica allo stadio. Non però i diritti che la Costituzione stessa dichiara “fondamentali”».

Il diritto alla scuola e al lavoro non sono forse diritti fondamentali? Abbastanza.

«Un’ulteriore stretta è lecita soltanto se s’impennano i contagi, i ricoveri, i decessi. Qui e oggi, è stato perciò giusto lasciare fuori dal decreto i diritti fondamentali: scuola, trasporti, lavoro».

4) Obbligare al vaccino o al green pass non è così automatico perché di conseguenza lo Stato dovrebbe mettere tutti in condizione di vaccinarsi in tempi ragionevoli per ottenere il green pass. Ma anche fingendo che non esista il problema degli italiani che non possono vaccinarsi per motivi medici, una domanda è d’obbligo: le dosi di vaccino ci sarebbero per tutti?

Ainis:

«Può sembrare ovvio, invece non lo è. Quasi la metà degli italiani non ha ancora completato il ciclo vaccinale; e in 20 milioni non hanno ricevuto alcuna dose. Se corressero tutti insieme a vaccinarsi, la loro richiesta non potrebbe venire soddisfatta».

5) Obbligare al vaccino o al green pass non è così banale perché lo Stato, oltre a garantire le dosi di vaccino per tutti, dovrebbe anche farsi carico di tutte le conseguenze della decisione.

Crosetto:

«Nel momento in cui obbligo tutti, anche indirettamente, al vaccino, perché ti faccio firmare un consenso nel quale ti assumi il rischio del vaccino? Tu Stato non puoi scaricarmi la responsabilità. Poi ci sono 2,5 milioni over 60 non vaccinati, la categoria più colpita dalla malattia e più a rischio. […] Vacciniamo prima chi può farlo, avendo in mente però che mancano all’appello 40 milioni di dosi».

Da questo punto di vista, il green pass appare più una scorciatoia pasticciata che una scelta responsabile. Soprattutto se si intende estenderlo davvero ad ambiti essenziali come scuola e luoghi di lavoro.

6) Se tutti ci vaccinassimo, sarebbe risolto il problema Covid? Ni.

Come ha ricordato sabato scorso su Avvenire don Roberto Colombo, ricercatore scientifico e bioeticista,

«l’inoculazione non conferisce una generalizzata “immunità sterilizzante”, bensì una riduzione della “carica virale” nei vaccinati infettati, carica molto superiore nella variante Delta rispetto ai precedenti ceppi virali».

Perciò in un certo senso torniamo al punto 1. Osserva don Colombo:

«L’eccesso di zelo nel mettere in luce la bontà di una scelta può indurre a una falsa sicurezza e far abbassare la guardia. Ma può anche suscitare il sospetto (spesso infondato) che si stia nascondendo la faccia opposta della medaglia. Così pure per le vaccinazioni».

Servono i vaccini? Certo che servono. Secondo l’editorialista di Avvenire «la pur preziosa vaccinazione non può essere disgiunta dalle altre misure», come a suo dire insegna «quanto osserviamo in questi giorni in Inghilterra, Francia e altri paesi alle prese con la variante Delta B.1.617.2». Il riferimento è ovviamente allo spaventoso aumento nel numero di contagi registrato la scorsa settimana in corrispondenza con le riaperture “selvagge”, in particolare nel Regno Unito, dove la campagna vaccinale è tra le più veloci al mondo.

Dopo di che, grazie al cielo, anche nel paese di Boris Johnson le cose sembrano andare meglio: da qualche giorno «i contagi continuano a diminuire», informa la Bbc. E a quanto pare il Covid – questo sì grazie ai vaccini – fa molti meno danni che in passato.

Quindi? Quindi facili risposte non ce sono. I fautori della campagna vaccinale dovrebbero partire da qui invece di dire che chi non si vaccina muore, e se non muore si becca la Dad. In attesa che la scienza trovi davvero una soluzione definitiva al virus (ammesso che la troverà mai), avanti con vaccini, con prudenza, con pazienza, con libertà. Con il Covid bisogna imparare a convivere, nel frattempo si può vivere.

Foto Ansa

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