Giussani, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco: i “cristocentrici”. Lezione australiana

Sorprendente articolo della teologa Tracey Rowland che lega le figure dei tre papi con quella del fondatore di Cl: «Ciò che conta più di tutto è l’incontro personale con Cristo»

In un articolo apparso un paio di giorni fa nel sito della Abc, l’equivalente australiano della Bbc, la teologa Tracey Rowland, tra le altre cose direttore dell’Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia e docente alla University of Notre Dame, Australia, oltre che studiosa del magistero di Benedetto XVI al quale ha dedicato due libri, rivela un legame sorprendente tra il pensiero di don Luigi Giussani e i pontificati di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, individuando nel “cristocentrismo” del fondatore di Cl un elemento essenziale per capire la distanza che Bergoglio ha sempre mantenuto rispetto alla teologia della liberazione.

Dopo un’ampia introduzione sulle vicende e le idee che negli anni Sessanta e Settanta portarono Cl a diventare un «movimento di opposizione cattolica alla lunga marcia» dei marxisti verso l’“egemonia culturale” di gramsciana memoria, Rowland ricorda che nel 2005, durante la celebrazione del funerale di don Giussani, fu proprio l’allora cardinale Ratzinger a riconoscere che il sacerdote brianzolo era stato capace far riscoprire a tanti cattolici la centralità dell’incontro con Cristo rispetto alla tentazione «trasformare il cristianesimo in un moralismo, il moralismo in una politica, di sostituire il credere con il fare».

«Giussani offriva una lettura cristocentrica del Concilio Vaticano Secondo, non una lettura che tentasse di legare gli insegnamenti della Chiesa alla cultura della modernità liberal», sintetizza la teologa australiana. Cristocentrismo che secondo Rowland è appartenuto e appartiene tanto a don Giussani quanto a due suoi storici amici come Giovanni Paolo II e il cardinale Angelo Scola. Quest’ultimo, continua Rowland, proprio «parlando dell’insegnamento di papa Wojtyla secondo cui Cristo è il centro e il fine della storia umana, ha scritto che quando l’energia missionaria di questo messaggio non è la prima preoccupazione delle comunità cristiane, o quando è ridotto a una missione in cui i cristiani sono chiamati a fornire supporto sociale a iniziative approvate dal governo, allora la Chiesa può diventare abbastanza accettabile socialmente. Tuttavia egli descrive questo cristianesimo socialmente accettabile come un “cristianesimo senza Cristo” e sostiene che un “cristianesimo senza Cristo è in realtà un cristianesimo dell’Anticristo”».

Particolarmente significativo, in proposito, per la studiosa australiana è il fatto che «papa Francesco si è riferito allo stesso problema nella sua prima omelia quando ha parlato della Chiesa che si presenta al mondo come una Ong assitenziale – una mera istituzione benefica». Tanto in Europa quanto in America latina, infatti, dove «la tentazione post-conciliare non era tanto la modernità liberal ma il marxismo nella forma della teologia della liberazione», l’esito di questa deriva “mondana” della fede era ed è lo stesso, osserva Rowland: «La Chiesa finisce per presentarsi come una specie di associazione filantropica dedicata all’erogazione di sevizi sociali. Nessun papa, che io sappia, è mai stato favorevole a questo».

L’idea fondamentale dei “cristocentrici” come don Giussani, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, spiega la teologa, è che «la fede cattolica ha una dimensione culturale e non è solo una cornice intellettuale. La bellezza conta, così come conta la verità e la bontà, ma ciò che conta più di tutto è l’incontro personale con Cristo». C’è un corrispettivo marxista per ogni aspetto del cristianesimo, dalla cosmologia alla morale fino all’estetica, l’unica cosa per cui non esiste analogo è proprio questa, l’incontro presonale con Cristo. «La battaglia tra Giussani e Gramsci è tutt’altro che finita – conclude Rowland riprendendo il tema della resistenza cattolica all’“egemonia culturale” marxista – ma il cristocentrismo di Francesco, come quello dei suoi due predecessori, costringerà l’oscurità a battersi ai margini, il posto a cui appartiene».

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