Fertility Day. Le polemiche inutili e la nonna del direttore di Repubblica

Dobbiamo per forza scovare un motivo per dire che la campagna fa schifo o vogliamo capire in che situazione siamo? E un consiglio al ministro Lorenzin

Sarà che per carattere non ci piace accodarci all’indignazione che va per la maggiore, ma a noi tutta questa polemica sulla campagna del Fertility Day appare molto pretestuosa. Va bene, le immagini di stock usate negli opuscoli non sono di Cartier-Bresson (le fotografie di stock sono sempre orrende, con quelle loro scenette in posa e protagonisti mummificati in sorrisini plasticosi), ma il tema è: dobbiamo per forza scovare un motivo per dire che la campagna fa schifo o vogliamo capire in che situazione siamo? Perché il tema è questo: dopo che abbiamo espresso tutta la nostra indignazione e fatto gli spiritosi su twitter, abbiamo argomenti solidi per contestare il fatto che, avanti di questo passo e con questa situazione demografica, il nostro paese diventerà un ospizio (se va bene) o un cimitero (se va male)?
È questo il punto. Ed è una questione che ci riguarda tutti, anche chi passa il tempo a dileggiare l’Italia mammona e “familista”. Se non volete credere a Tempi o a ciò che dice il bravissimo Gian Carlo Blangiardo, almeno fate i conti con quanto pensa James Gorman, amministratore delegato di Morgan Stanley: «Italia, per tornare a crescere devi incentivare chi fa figli».

GIOVANI E ANZIANI. Roberto Volpi sul Foglio ha già sistemato a dovere Roberto Saviano e l’ignoranza banalotta degli indignados H24. Almeno capire i termini della questione aiuterebbe a centrare il problema, o no? Gli spunti di riflessione non mancano, per chi non sia troppo impegnato a rovistare nel marginale. Sulla Stampa di oggi, ad esempio, è intervistato Alessandro Rosina, ordinario di Demografia all’Università Cattolica di Milano. Oggi in Italia ci sono 1,3 figli per donna e, dice il professore, «quando il tasso di fecondità scende sotto questo numero (2,1 figli per donna, ndr) si riduce la forza lavoro e quella che si affaccia sul mercato è meno preparata, c’è minor innovazione e competitività. Gli anziani sono più numerosi dei giovani, aumentano le spese sanitarie a cui bisogna far fronte con un minor gettito proveniente dal mondo produttivo. Il welfare scricchiola perché il sistema pensionistico deve far fronte a più pensioni pagate da una base sempre più ristretta di lavoratori».

“LO” SQUILIBRIO. Questo non è uno dei tanti problemi del nostro paese, aggiunge il demografo, ma «è “lo” squilibrio che produce tutti gli altri: sociali, economici, culturali. Perché noi siamo sotto la soglia di sostituzione dal 1976, quarant’anni. Siamo il Paese che è in questa situazione da più tempo». Ciò significa che «la prima generazione dei nati sotto la soglia è oggi arrivata in età riproduttiva. Significa che rispetto ad altri Paesi in cui il fenomeno è più recente, noi abbiamo la base delle donne feconde ulteriormente ridotta. Rischiamo un avvitamento verso il basso al quadrato. Significa che le politiche in favore della crescita demografica che potevamo mettere in campo vent’anni fa oggi costerebbero il doppio. Da noi nel 2015 il tasso di fecondità era di 1,35 figli per donna. In Danimarca, che ha appena lanciato un’imponente campagna in favore della riproduzione, sono a 1,7. Loro ci stanno pensando per tempo».

LA NONNA DI CALABRESI. Infine, un consiglio al ministro Beatrice Lorenzin. Qualche giorno fa, durante un incontro di presentazione del libro La bellezza disarmata di Julian Carron, il direttore di Repubblica, Mario Calabresi, ha detto: «Immaginatevi una riunione di famiglia, una decina d’anni fa. Mia nonna, sette figli e 21 nipoti, ascolta senza essere vista un dialogo tra due delle mie cugine trentenni. “Adesso – diceva una di loro – aspetto che mi modifichino il contratto di lavoro, così poi, con mio marito, riusciamo a cambiare casa e magari, tra un po’, possiamo immaginare di avere un figlio…”. Mia nonna, solitamente mite, si arrabbia moltissimo e le invita, se vogliono continuare con discorsi di quel tenore, a proseguire la conversazione sulle scale. “Ma perché nonna, cosa abbiamo detto?”. Lei le guarda e poi scandisce: “Se io avessi ragionato così, i vostri genitori – nati durante la guerra, nelle condizioni peggiori – non sarebbero mai venuti al mondo e non ci sareste neppure voi. E oggi questa festa non sarebbe così bella…».
Ecco, signor ministro, abbiamo trovato il nuovo responsabile della comunicazione del ministero. Basta farlo uscire dalla sua redazione e Calabresi diventa un perfetto testimonial del Fertility Day.

Foto Ansa

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