Erdogan prepara un’offensiva di terra nel nord della Siria

La Turchia continua a bombardare i curdi con la scusa di combattere l'Isis. Gli americani rimangono nella regione e collaborano con le forze curde-siriane

Continua a crescere la tensione al confine fra la Turchia e i territori settentrionali della Siria amministrati sotto il nome di Rojava dalle Forze democratiche siriane (Fds) a guida curda (attraverso la componente Ypg), e continua a manifestarsi l’opposizione degli Stati Uniti a una nuova operazione militare di terra di vasta portata da parte turca, più volte annunciata dal presidente Erdogan dopo l’attentato del 13 novembre che ha causato 6 morti e 81 feriti a Istanbul, attribuito a un complotto congiunto di Pkk e Ypg. L’ultimo intervento in ordine di tempo è quello del portavoce di Centcom, il Comando militare unificato delle forze armate statunitensi responsabile della regione che comprende Egitto, Medio Oriente e Asia centrale (a nord fino al Kazakistan, a est fino al Pakistan).

Intervistato dall’agenzia di stampa curdo-irachena Rudaw, il colonnello Joe Buccino ha dichiarato che «l’Isis rimane una minaccia regionale e ogni incursione turca mette a rischio la missione di sconfiggere l’Isis». Ha pure precisato che i contatti con la Turchia per evitare un’offensiva su larga scala che andrebbe ad aggiungersi a quelle precedenti (Operazione Scudo sull’Eufrate nel 2016-17, Operazione Ramo d’ulivo nel 2018-19, Operazione Primavera di pace nel 2019 e Operazione Scudo di primavera nel 2020) non sono tenuti da Centcom, ma dal Comando europeo Eucom.

Gli americani sono presenti nel nord-est della Siria dal settembre 2014 a fianco delle forze delle Fds, che hanno finanziato, armato e addestrato al fine di sradicare le attività dell’Isis nella regione, dopo aver riconquistato la città di Raqqa e gli altri territori che erano controllati dallo Stato Islamico su suolo siriano. Il contingente Usa attualmente presente sul terreno conta circa 900 uomini.

Attacchi turchi

Dal 20 novembre scorso la Turchia sta conducendo una campagna aerea con cacciabombardieri e droni contro i territori della Rojava denominata Operazione Artiglio-Spada, che è vista come una preparazione a un’offensiva di terra. Gli attacchi riguardano basi militari delle Ypg/Fds, singole personalità politico-militari curde (che sono bersaglio già da prima di quest’ultima operazione) ma anche infrastrutture civili.

Secondo fonti delle Fds nel solo mese di dicembre fino al giorno 18 sarebbero 16 i civili che hanno perso la vita per bombardamenti da parte di aerei e droni turchi; l’ultimo episodio registrato in ordine cronologico è la morte di tre persone, fra le quali un ragazzo di 12 anni, nel villaggio di al-Raqas nei pressi di Kobane. Gli attacchi stanno colpendo anche basi dell’esercito nazionale siriano nel nord-est del paese con decine di morti; in un caso (22 novembre) i turchi hanno colpito anche una base comune delle Ypg e delle forze americane nei pressi di Hasakeh, uccidendo due curdi e mettendo a rischio la vita dei militari Usa.

Le mosse di Erdogan

Erdogan ha ribadito più volte negli ultimi quaranta giorni la volontà turca di sradicare completamente la struttura delle Ypg e dei loro alleati del Pkk (curdi di Turchia attivi nella lotta armata son dal 1984) presenti in territorio siriano, anche senza il consenso degli Usa e degli altri alleati nella Nato. L’11 dicembre scorso si è detto persino intenzionato a convocare un tavolo tripartito con i governi di Siria e Russia per concordare con loro i termini dell’imminente azione militare turca in territorio siriano: «Attualmente, vogliamo compiere un passo con Siria e Russia per agire come trio. Per questo, in primo luogo, dovrebbero riunirsi le nostre organizzazioni di intelligence, poi i nostri ministri della difesa e infine i nostri ministri degli esteri».

Secondo la tivù qatariota al Jazeera pochi giorni prima le autorità turche avevano inviato un ultimatum a Usa e Russia affinché convincessero le Fds a ritirarsi entro due settimane dalle città di Manbij, Tal Rifaat e Kobane e dai loro dintorni, altrimenti sarebbe iniziata l’operazione di terra turca. Nonostante le dichiarazioni di Erdogan e il presunto ultimatum, le forze americane presenti in Siria hanno ripreso i pattugliamenti congiunti insieme alle Fds, e hanno pubblicizzato la cattura di alti esponenti dell’Isis ancora attivi nella regione, realizzata in collaborazione con le forze curde.

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