A due anni dalla rinuncia di Benedetto XVI, il Papa che ci ha mostrato come si sta «faccia a faccia col Mistero»

Oggi il papa emerito legge, prega, studia. «E la testa funziona benissimo, la sua mente è formidabile». Cosa disse nella sua declaratio e due nostre interviste

Due anni fa, l’11 febbraio, Benedetto XVI annunciava la sua rinuncia al pontificato. Lo faceva nei giorni in cui promulgava i decreti di canonizzazione dei martiri di Otranto (e per molti non fu un caso). Ieri sull’Ansa Giovanna Chirri, la giornalista che diede per prima la notizia, ha ricordato quei momenti concitati e il suo pianto nel momento di rendere nota al mondo la decisione. Oggi sul Corriere della Sera è intervistato l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare di Joseph Ratzinger. Don Georg conferma che il Papa emerito sta bene, talvolta suona Mozart e che «è convinto che la decisione presa e comunicata sia quella giusta. Non ne dubita. È serenissimo e certo di questo: la sua decisione era necessaria, presa “dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio”. La consapevolezza che le forze del corpo e dell’animo venivano meno, di dover guardare non alla propria persona ma al bene della Chiesa. Le ragioni sono nella sua declaratio. La Chiesa ha bisogno di un timoniere forte. Tutte le altre considerazioni e ipotesi sono sbagliate».

MENTE FORMIDABILE. Oggi Benedetto XVI vive come un monaco nel monastero Mater Ecclesiae. Legge, prega, studia. Mantiene un contatto con papa Francesco, col quale si scrive e telefona. Le sue condizioni di salute, per un uomo di 88 anni, sono buone: «E la testa funziona benissimo, la sua mente è formidabile». Fedele alla «regola che ha deciso», esce solo su invito di Bergoglio, col quale, dice Gänswein, esistono certamente delle differenze, sopratutto nei «modi di espressione», ma «li accomuna la sostanza, il contenuto, il depositum fidei da annunciare, da promuovere e da difendere».

LE SUE PAROLE. Prima di ogni possibile commento, è utile riportare le parole esatte con cui quell’11 febbraio, papa Benedetto annunciò la sua rinuncia: «Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio».

VERTIGINOSA PROFONDITA’. Ci permettiamo qui di segnalare due interviste realizzate da Tempi, che ci paiono utili per cogliere il senso dello storico gesto di Ratzinger. La prima è al filosofo francese Fabrice Hadjadj, la seconda allo psicanalista Eugenio Borgna. Nella prima, Hadjadj sottolineava gli «accenti virili» della rinuncia, «un atto che ha il suo fondamento nella preghiera, in un faccia a faccia col Mistero». Nella seconda, Borgna coglieva nel ritiro di Benedetto XVI «la vertiginosa profondità umana e il senso profondo di una rivelazione non comprensibile in prima battuta. Una rivelazione che intende dire che la Chiesa può avere debolezze, ma sa sempre rinascere dalle ceneri di questa apparente debolezza. Un gesto dunque che si inserisce nella storia, ma che continua ancora oggi intensissimo in tutti i cuori». Qui, infine, trovate la cronaca della sua ultima Udienza generale (27 febbraio) e il video col boato della folla all’Udienza generale del 13 febbraio: «Ringrazio tutti per l’amore e per la preghiera con i quali mi avete accompagnato».

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