Dilemma Renzi. Se osa, si brucia. Se aspetta, se lo cucinano a fuoco lento

Le primarie del Partito democratico? «Mi piacerebbe se a vincerle fosse una donna». Il sindaco di Firenze Matteo Renzi sembra mettere così la parola fine a chi lo vorrebbe in pista in un’eventuale corsa alla premiership. Ma, ricorda opportunamente il giornalista del Foglio Claudio Cerasa, l’adagio renziano di una candidatura rosa è un refrain abbastanza consolidato nell’eloquio del leader dei rottamatori. Dopo essersi perso qualche picconata più indietro il sodale Pippo Civati, la pattuglia di Renzi sta riprendendo coraggio dopo un periodo di appannamento mediatico. Sarà stata l’oggettiva difficoltà, o piuttosto un’oculata strategia di centellinamento della propria immagine pubblica. Comunque sia, il principale outsider democratico ha fatto perdere le proprie tracce nel nevoso inverno. Salvo poi palesarsi allo spuntare dei primi boccioli sugli alberi proprio con un’intervista a Cerasa.

Recuperato lo slancio di chi vorrebbe cambiare tutto e subito, l’uomo del centrosinistra più amato dal centrodestra deve sciogliere il nodo gordiano che ne frena lo slancio: sfidare da subito il Leviatano burocratico della macchina delle primarie, o aspettare di rimpolpare le proprie fila in attesa di tempi migliori?

Oggi Renzi può contare su un considerevole numero di amministratori locali che ne condividono lo spirito e ne appoggerebbero la candidatura. Un’ottima base di partenza per riuscire a rientrare nella triade di nomi che i congressi locali sottoporranno – se primarie saranno – al voto popolare. Ma oltre al pimpante Davide Faraone, autore di una brillante quanto sfortunata campagna contro Rita Borsellino in quel di Palermo, e a Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia la cui notorietà è dovuta alla battaglia dell’Anci – di cui è presidente – contro l’Imu, il sindaco gigliato non è riuscito ad attirare tra i suoi alcun nome di peso del partito.

La scelta sarà dunque se provare a misurare le proprie forze in vista di una scoppiettante sconfitta che lo porti alla ribalta dell’opposizione interna al partito, o aspettare qualche (due, tre, cinque?) anno in vista delle prossime elezioni politiche. Nel primo caso rischia di bruciarsi, nel secondo di essere cucinato a fuoco lento dai tanti nemici che ha seminato lungo la strada.

La speranza di Renzi è quella che il Pd decida di percorrere la strada delle primarie di coalizione. Il risultato di un voto “di centrosinistra”, che non sia una faccenda interna alle truppe bersaniane, sulla carta è lo scenario che più gli potrebbe arridere. E quello per cui sta spingendo.

Anche se una donna…

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